NAPOLI – Il 13 e il 14 aprile ha debuttato al Piccolo Bellini l’ultima creazione della coreografa Emma Cianchi Boxing Valentine per la produzione di Artgarage. Nella presentazione il brano si dice ispirato al film del 1993, Boxing Helena, diretto da Jennifer Chambers Lynch, figlia del più celebre David. A suo tempo il film fece molto discutere per la truce storia di un medico che amputa una donna pur di possederla e farla sua. Ne scaturì anche una causa giudiziaria tra la casa di produzione Main Line e Kim Basinger che si rifiutò di interpretare il film dopo aver dato un assenso solo verbale alla sua partecipazione.

Spettacolo ispirato al discusso film “Boxing Helena”

La coreografia di Emma Cianchi, per fortuna, trae solo l’ispirazione dal film per mettere in scena un amore malato, ossessivo, “tossico” come diremmo nel gergo dei nostri giorni. La protagonista è la bella e brava Valentina Schisa che è prevalentemente sola in scena. Antonio Nicastro, la figura maschile, appare inizialmente come un’ombra nera che si confonde sullo sfondo e che, con l’aiuto di Lukas Lizama, anche lui completamente in nero, produce effetti di perdita di peso e di orientamento del corpo dinamico e fluido di Valentina.  La scena teatrale è usata in maniera valida ed efficace da Emma Cianchi che, con l’aiuto dalla realizzazione del gruppo Imparato e Figli, riesce a creare l’ambiente chiuso, soffocante, claustrofobico in cui la giovane donna Valentina è rinchiusa forse per sua stessa volontà.

Di impatto l’idea di far ascoltare il suono con effetto surround

L’ambiente sonoro creato da Dario Casillo accompagna con la giusta carica emozionale l’azione scenica, anzi il pubblico, dalla terza fila in poi, ha potuto usufruire di cuffie per essere completamente immersi nel suono con effetto surround. Finestre, specchi, letti e costumi, realizzati da Dario Biancullo, appaiono e scompaiono con l’abile utilizzo anche di importanti effetti di luce realizzati dall’ottimo Enrico Giordano.

 La donna è persa, intimorita, alle volte eccitata e l’uomo che la tiene segregata, che appare inizialmente solo come un’ombra, potrebbe anche essere una sua proiezione. Invece si manifesta e, senza mai veramente interagire con lei in un duetto dove si potrebbe ipotizzare un rapporto paritario e di scambio, dopo averla manipolata e quasi plastificata con una sorta di gesso liquido, la chiude in una scatola.

Finale inquietante che induce a riflettere

Il lavoro di Emma Cianchi affronta il problema della violenza di genere, purtroppo sempre attuale, in maniera diretta, cruda ed efficace ma senza sfuggire a possibili interpretazioni metaforiche sulla psiche femminile e le aspettative che il desiderio maschile e i luoghi comuni sulla sessualità possono generare. È certamente interessante il finale che, sebbene inquietante, propone la negazione dell’amore che invece di salvare e accudire, schiavizza e uccide. Sembra di individuare una sorta di mito di Pigmalione al contrario. La passione dell’artista che, attraverso l’intercessione di Venere,  rende vita alla statua di Galatea, qui è un desiderio di possesso che rende l’obiettivo del proprio amore un’oggetto privo di volontà e dall’identità annullata.

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Docente di Storia della danza all’Accademia Nazionale di Danza di Roma è laureata al DAMS dell’Università di Bologna in “Semiologia dello Spettacolo”. Docente di danza classica abilitata all'AND, è critico di danza, studiosa e autrice di saggi e monografie sulla danza. Dal 1990 al 2014 è vicedirettrice dell’associazione Movimento Danza di Gabriella Stazio. E’ inoltre socio fondatore di AIRDanza - Associazione Italiana per la Ricerca sulla Danza.