Autobiography: una coreografia come scrittura della vita

RAVENNA – Con Autobiography, Wayne McGregor porta in scena una coreografia come scrittura della vita e apre la stagione danza 2024 al Teatro Dante Alighieri di Ravenna.

Dal corpo come archivio, la scrittura del movimento diventa scrittura della vita

Se la scrittura coreografica fosse una traduzione della scrittura della vita? Se i movimenti di 10 danzatori fossero una trasposizione fisica e visibile, tanto casuale quanto reale, delle infinite possibilità in cui il materiale genetico di un essere umano potrebbe combinarsi?

Wayne McGregor, pluripremiato coreografo e regista britannico, residente al Royal Ballet di Londra e direttore della Biennale Danza di Venezia, ha provato a mettere tutto ciò in pratica con l’aiuto dell’intelligenza artificiale e 10 tra danzatori e danzatrici della sua compagnia. L’ha fatto nel 2017 con Autobiography, riproposta nel pomeriggio di domenica 11 febbraio a riempire il palco del Teatro Dante Alighieri di Ravenna e vivere di nuova vita nel qui e ora del 2024.

Nuova vita nel vero senso della parola perché la piece viene riscritta a ogni replica grazie all’algoritmo che ne detta coordinate e ordine di esecuzione. Partendo dalla ferma concezione del corpo come archivio, 23 sezioni di movimento fatte di memorie e sensibilità personali del coreografo riflettono le 23 coppie di cromosomi del genoma umano, in particolare del suo codice genetico. L’algoritmo, sviluppato insieme a Nick Rothwell, conosce il codice genetico di McGregor, vi sovrascrive le 23 danze, mescola e seleziona in modo totalmente casuale – come infondo fa anche la natura – parti di codice genetico per determinare la selezione di materiale coreografico che il pubblico vedrà.

La vita che si scrive da sola, ogni volta nuova, ogni volta diversa

La vita si srotola davanti a noi senza che noi stessi ne abbiamo il controllo. Perché per una volta non seguire la stessa logica anche nell’ambito di qualcosa di così lineare e prestabilito come la creazione e l’esecuzione di una coreografia?
Ecco allora che i quadri che ci si aprono davanti non sono altro che la scrittura di una vita. La scenografia minimale è fatta di prismi triangolari che pendono dal soffitto ora altissimi ora scesi a interagire con i danzatori e fari in fila sui tre lati del palco. Soli, duetti, gruppi si susseguono e si alternano a tracciare una storia unica e irripetibile. Le luci curate da Lucy Carter bagnano di toni freddi e caldi le atmosfere portandoci sulla soglia di un’alba nella natura aperta, nel blu sospeso dell’etere dove tutto è preso da una strana lentezza, nel giallo dei tamburi africani.

Le musiche originali composte da Jlin plasmano altrettanto volubilmente l’atmosfera trascinandoci in un rave elettronico, in un tango collettivo, portando accenti orientaleggianti e poi ritornando all’elettronica. L’eclettismo e la combinazione sono le cifre stilistiche anche dello stile coreografico di McGregor che combina una solidissima base classica a prestiti dal contemporaneo, dall’hip hop, dal weaving amalgamati con sapienza e abitati da corpi plasmati alla perfezione dall’esercizio.

Unisoni e soli, duetti, poi un trio sui toni del verde e sulle note dei violini. Un passo a due dolcissimo e forte mentre il resto del gruppo è rapito dalla lentezza, un altro leggerissimo fatto di onde e abbracci turbinosi. Un respiro pesante diventa pulsazione, pennellate di suono corrispondono a segni gestuali. L’ultima scena: un sogno di penombre e riflessi. Le tracce di un ricordo e la visione di un desiderio futuro. La vita che si scrive da sola, ogni volta nuova, ogni volta diversa.

Credits

Autobiography
ideazione e direzione Wayne McGregor
coreografia realizzata in collaborazione con i danzatori
musiche originali Jlin
scene e proiezioni Ben Cullen Williams
design luci Lucy Carter
design costumi Altor Throup
drammaturgia Uzma Hameed
algoritmo Autobiography Nick Rothwell
danzatori Winnie Asawakanjanakit, Rebecca Bassett-Graham, Naia Bautista, Jordan James Bridge, Chia-Yu Hsu, Hannah Joseph, Jasiah Marshall, Salomé Pressac, Salvatore De Simone, Mariano Zamora Gonzalez

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Laureata in Letterature comparate e postcoloniali all'Università di Bologna, combina la passione per la lingua e l'interesse per la danza scrivendo e conducendo ricerche nell'ambito della scena performativa contemporanea. Parallelamente all'impegno accademico e a quello giornalistico, porta avanti collaborazioni come dramaturg della danza e percorsi di ricerca personali come performer. Si occupa inoltre di organizzazione e promozione culturale collaborando con enti del terzo settore che si muovono tra danza e comunità.