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ROMA – Applausi per La Bayadère, andata in scena al Teatro dell’Opera di Roma dal 24 febbraio al 2 marzo. Il titolo del 1877 di Marius Petipa che maggiormente ha vissuto una rivalutazione nella seconda metà del Novecento. Meno celebre dei famosi titoli del trinomio Petipa-Ivanov-Čaikovskij (troppo spesso si sminuisce l’importante apporto di Lev Ivanov per il successo di Schiaccianoci e Il Lago dei cigni) il balletto ambientato in un’India vagheggiata e fantastica apparteneva al repertorio russo/sovietico poco noto in Europa che Rudolf Nureyev ha iniziato ad allestire per le compagnie europee dopo il suo passaggio in Occidente

Il primo allestimento per una compagnia occidentale lo fece Nureyev

Proprio nella tournée del Kirov nel 1961, anno della sua defezione, fu presentato per la prima volta a Parigi La Bayadére, contribuendo a valorizzare la compagnia di San Pietroburgo e il successo personale di Nureyev. Il primo allestimento per una compagnia occidentale, seppur parziale, venne fatto dal giovanissimo Rudy nel novembre del 1963 quando al Royal Ballet debuttò il “Regno delle Ombre”, il III atto del balletto spesso rappresentato come divertissement a sé stante, così come spesso avviene per il Grand Pas di Paquita o quello di Raymonda.

 

Tante le revisioni fatte alla composizione coreografica di Petipa

La struttura a forma chiusa di entrata, adagio, variazioni e coda costituisce la cristallizzazione formale del genere coreografico tardo romantico che tende, negli ultimi anni dell’Ottocento, ad amplificare i momenti di danza pura nella composizione coreografica di Petipa che guarda anche alla tipologia del Ballet de court, come ampiamente esemplificato nella sua Bella Addormentata. D’altra parte tale procedura non si può del tutto attribuire allo stesso Petipa in quanto tutti i suoi balletti hanno subito importanti revisioni da parte dei primi successori alla sua carica di coreografo dei Teatri Imperiali tra cui brilla Alexander Gorsky. Padre spirituale della successiva riforma del balletto operata poi da Fokin, e successivamente da Balanchine, Gorsky aveva idea di ravvivare il ricco repertorio di Petipa con una certa forma di realismo negli allestimenti ma soprattutto nell’espressività della danza.

La stilizzazione dei movimenti angolosi delle braccia ripresi da Nikia, dalle sue ancelle e dall’idolo d’oro, che richiamano i bassorilievi indiani, sono frutto dello studio dell’arte indiana fatta da Gorsky, per il suo riallestimento di La Bayadère del 1917, più che attribuibili allo steasso Petipa. Nella rigorosa scelta di realismo Gorsky arrivò ad inserire nel “Regno delle Ombre” le baiadere con costumi nazionali abolendo l’estetica dell’atto bianco. Scelta che fu restaurata da Vasily Tikhomirov, direttore dopo Gorsky per circa trenta anni del Bolshoi, nella sua versione del balletto nel 1923. Su queste fondamentali modifiche, si aggiungeranno le successive realizzate da Vakhtang Chabukiani a cui hanno poi attinto sia Nureyev che Natalia Makarova per le loro versioni create per le compagnie occidentali dell’Opéra e dell’American Ballet (1980).

  La Bayadère è nel destino di Nuereyev perché è l’ultimo importante allestimento da lui curato per la compagnia parigina, con l’aiuto dell’amica e collega Ninel Kurgapkina, nel 1992, pochi mesi prima della sua scomparsa. Magnifica Nikia di quel debutto parigino fu Isabel Guerin che in queste settimane ha aiutato Benjamin Pech nell’allestimento della sua versione che mantiene un importante riferimento a quella nureyeviana che lui vide al debutto da giovane ballerino dell’Opéra.

Tutti bravi gli interpreti del Teatro dell’Opera

Gli interpreti dello spettacolo romano sono di assoluto livello e Olga Smirnova e Maia Makateli, si alternano con successo nella parte di Nikia. L’étoile della compagnia del Teatro Costanzi, Susanna Salvi ha dato un’interpretazione sicura, brillante e convincente del ruolo di Gamzatti, la promessa sposa di Solor che vive la gelosia e la rabbia per la passione che lui prova per la sacerdotessa del tempio di Visnu, la baiadera Nikia. Piccole sfumature relative all’interpretazione di Solor, danzato in maniera impeccabile da Jacopo Tissi con un’elevazione e perfezione tecnica davvero esemplari, rientrano nelle modifiche scelte da Benjamin Pech che servono a sottolineare maggiormente l’azione drammatica compresa nella semplice trama del soggetto, ispirato a Sakountala di Théophile Gautier. Anche La Bayadère si fonda sul topos del balletto romantico: l’amore impossibile. Tra Solor e Nikia un lieto fine è, infatti, irraggiungibile per il rispetto delle convenzioni sociali che vedono lei destinata alla cura del tempio e lui promesso sposo della figlia del Raja, Gamzatti, in una sorta di riedizione in ambiente esotico dell’infelice amore tra Giselle e Albrecht. La mancanza di spessore dei personaggi del libretto originale che prevede una scarsa, se non addirittura inesistente evoluzione della loro personalità, è un obiettivo che Benjamin Pech, come detto, cerca di superare con coerenti sottolineature delle loro emozioni, grazie anche all’allestimento scenico curato dal poliedrico artista spagnolo Ignasi Monreal. 

La storia del balletto

Cerchiamo di spiegare con ordine: Nikia è una devadasi che si innamora dell’eroe Solor e questo sentimento già contravviene al suo obbligo di castità. L’interazione con il Capo dei Fachiri, l’ottimo Michele Satriano, serve a sottolineare con maggiore intensità il contrasto tra il suo dovere e il suo amore. Nella seconda scena nel palazzo del Raja Gamzatti appare come una giovane e inconsapevole fanciulla che incontra il suo promesso sposo e subito se ne innamora sviluppando una passione e un senso di possesso che la rendono la vera agente della tragica morte di Nikia. In questo quadro il maggior spazio assegnato alla danza è servito a configurare meglio i personaggi e a dare più sviluppo drammatico al crescendo del pathos tra la presa di consapevolezza di Gamzatti e la disperazione di Nikia che la conduce ad un tentativo di ucciderla, follia che la condannerà.

Il Palazzo del Raja è caratterizzato da drappeggi dal prevalente colore giallo che sembrano sottolineare il valore espressivo e simbolico del colore, così come molto spesso è avvenuto nel balletto ed anche nella danza moderna. Si pensi, infatti, ai colori fortemente simbolici dei costumi dei quattro personaggi in The Moor’s Pavane di José Limòn dove, ugualmente, il giallo rappresenta l’odio e l’invidia provata da Jago.

Nel secondo atto, in cui si celebra il fidanzamento ufficiale tra Gamzatti e Solor, simbolicamente esemplificato da un nodo tra drappeggi in rosso e arancio, si mette in scena il valzer che Benjamin Pech dedica alle coppie, invece che al solito corpo di ballo solo femminile. Il successivo celebre Pas d’action, che comprende il passo a due dei promessi sposi, è qui arricchito, diversamente dal solito, da un’inquietudine nella personalità del guerriero che esprime il disagio della sua condizione che lo porterà a preferire il dovere piuttosto che l’amore per Nikia.  

Le novità del Regno delle Ombre

La novità maggiore dell’allestimento del Teatro dell’Opera è nel terzo atto, Il Regno delle Ombre, che è inserito in uno scenario surreale di Monreal con papaveri giganti che evocano una visione psichedelica di Solor che, nel sogno provocato dal narghilè, incontra Nikia nel meraviglioso quadro d’insieme delle baiadere.  

Diversamente dalle riproposizioni più tradizionali che si riferiscono all’estetica romantica del bosco notturno che incornicia l’atto bianco, da La Sylphide in poi, qui Benjamin Pech aderisce ad una proposizione moderna, quasi allucinatoria e surreale, del sogno di Solor che si conclude con un ritorno in scena di Gamzatti in un enorme mantello rosso che, implacabile, lo richiama al suo destino.   Tra gli allestimenti degli ultimi anni del Teatro dell’Opera, Bayadère ci sembra la più riuscita sia per la coerente lettura drammaturgica di Pech e dei suoi collaboratori, tra cui non va dimenticata Anna Biagiotti per i costumi, sia per l’ottima interpretazione tecnica e artistica dei protagonisti e dell’intera compagnia che riescono a rendere più coinvolgente ed emozionante la flebile trama originale. Ottima la direzione musicale di Kevin Rhodes e l’esecuzione dell’orchestra del Teatro.

Musica di Ludwig Minkus

Balletto in tre atti

DIRETTORE

 Kevin Rhodes

COREOGRAFIA

 Benjamin Pech

DA Marius Petipa

SCENE Ignasi Monreal

COSTUMI Anna Biagiotti

LUCI Vinicio Cheli

PERSONAGGI E INTERPRETI

Nikija
Olga Smirnova 25, 28 (20.00) /
Rebecca Bianchi 26, 28 (11.00), 2 (11.00) /
Marianna Suriano 24 /
Maia Makhateli 1, 2 (20.00

Solor
Jacopo Tissi 25, 28 (20.00) /
Alessio Rezza 26,28 (11.00,  2 (11.00)
Mattia Tortora 24 /
Victor Caixeta 1, 2 (20.00)

Gamzatti
Susanna Salvi 25, 28 (20.00), 1, 2 (20.00)/
Alessandra Amato 24 /
Federica Maine 26, 28 (11.00), 2 (11.00)

ORCHESTRA, ÉTOILES, PRIMI BALLERINI, SOLISTI E CORPO DI BALLO DEL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA

con la partecipazione degli Allievi della Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Roma

Nuovo allestimento Teatro dell’Opera di Roma

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Docente di Storia della danza all’Accademia Nazionale di Danza di Roma è laureata al DAMS dell’Università di Bologna in “Semiologia dello Spettacolo”. Docente di danza classica abilitata all'AND, è critico di danza, studiosa e autrice di saggi e monografie sulla danza. Dal 1990 al 2014 è vicedirettrice dell’associazione Movimento Danza di Gabriella Stazio. E’ inoltre socio fondatore di AIRDanza - Associazione Italiana per la Ricerca sulla Danza.