ROVERETO – Torna, nella città di Rovereto, con la sua 42esima edizione l’Oriente Occidente Dance Festival, ideato e organizzato dall’associazione omonima. Dal 3 al 10 settembre diciotto compagnie e trentaquattro eventi tra spettacoli, performance, workshop e incontri.

Mediterraneo significa “in mezzo alle terre”. Precisamente tra quelle dell’Europa meridionale, dell’Asia nord-occidentale e dell’Africa settentrionale, abitate da una moltitudine di popoli, usanze e culture. Così Oriente Occidente decide di dare un nuovo nome al nostro mare, Mediterranei. Un nome plurale che restituisca la sua frammentarietà e diversità. I temi di quest’anno sono proprio appartenenza, identità, comunità e relazioni, affrontati attraverso la danza e la musica che riescono a superare confini e barriere linguistiche. Questa varietà mediterranea è tradotta nella programmazione tramite spettacoli che abbracciano provenienze culturali e geografiche differenti, che introducono contaminazioni di stili e discipline artistiche, che rappresentano esiti di sperimentazioni innovative. Sono tre i filoni narrativi che hanno guidato il cartellone: Raccontare miti, Ascoltare voci e Tracciare nuove rotte.

Tra mito e contemporaneità

Ecco quindi che arriva Mourad Merzouki con il suo lavoro Zéphyr, nel quale dieci performer interpretano il corpo a corpo di Ulisse contro il vento. Il mito di Ulisse torna anche nel duetto firmato da Roberto Zappalà, Naufragio con spettatore che vuole mettere in relazione l’Odissea di Omero con le odissee contemporanee di cui il Mediterraneo è troppo spesso teatro. Il mito femminile di Arianna invece è affidato al flamenco di Rafaela Carrasco e al suo Ariadna. Poi Encantado di Lia Rodrigues, coreografa brasiliana radicale e militante. Una prima nazionale coprodotta da Oriente Occidente che è stata definita come “un rituale contro la dominazione razziale e sessuale”. Mentre da Singapore arriva la compagnia T.H.E Dance Company con Pan che intende confrontarsi con il concetto di transculturazione.

La musica e il progetto dedicato all’Armenia

Appartengono al filone Ascoltare voci esperienze come quelle della danza di Cie Siamese, accompagnata dai miroloi, canti tradizionali greci intonati per gli addii alle persone care, e del lavoro di Fouad Boussouf, un inno alla musica e alla poesia. Invece il primo dei concerti in programma è A Touma di Ballaké Sissoko, che con la sua kora, arpa liuto caratteristica dell’Africa Occidentale, celebra la natura, la vita e le relazioni. Mentre la festa di chiusura del Festival sarà consacrata alla taranta con il Canzoniere Grecanico Salentino. Poi Oriente Occidente dedica uno speciale progetto all’Armenia. Proprio da lì arriva Gevorg Dabaghyan, considerato il massimo esperto al mondo di duduk, uno strumento tipico patrimonio dell’Unesco. Ma il concerto rappresenta solo una delle tappe rivolte alla cultura armena. Anche la mostra Le guerre degli altri del fotoreporter Roberto Travan e un incontro dedicato al Nagorno Karabakh con Emanuele Giordana a seguito dell’importante appuntamento istituzionale durante il quale l’Armenia aderirà ufficialmente al memorandum di pace di Maria Dolens.

Tutto ciò che esce dalle più tradizionali traiettorie

Il Festival appare da sempre attento alle nuove istanze della danza nazionale e internazionale. Così un’intera sezione guarda al panorama più innovativo della scena contemporanea. Tracciare nuove rotte si apre a installazioni museali, videoperformance, spettacoli di strada, a tutto ciò che esce dalle più tradizionali traiettorie dell’arte performativa. Il pubblico avrà occasione di incontrare realtà come la compagnia libanese-spagnola di Guy Nader e Maria Campos; la Panzetti/Ticconi; Carlo Massari; Irene Russolillo insieme a Luca Brinchi e Karima DueG; Pablo Girolami; Pietro Marullo. Ma anche la stessa Rovereto diventa palcoscenico. Con Proyecto X la compagnia cileno-catalana Silere Arts attraverserà la città utilizzando cubi gonfiabili giganti e Colokolo, colllettivo di circo contemporaneo marocchino occuperà le strade tra giocoleria, acrobazie aeree e hip hop su musiche tradizionali.

Un punto di riferimento

Oltre al già ricco programma si sommano conferenze e incontri per la sezione Linguaggi. Inoltre prosegue con sempre maggior convinzione il percorso sui valori di sostenibilità e accessibilità. “Un mondo che ci permetta di esaudire i nostri desideri senza lasciare debiti a chi verrà, in cui le disparità diminuiscono per rendere il benessere di tutti e tutte possibile è ciò che le nuove generazioni chiedono a gran voce e che sempre più si è evidenziato come l’unica strada possibile da intraprendere.” Il Festival ha quindi messo in campo una serie di azioni di controllo e abbattimento dell’impatto sull’ambiente. Ma essere sostenibili per Oriente Occidente significa anche superare barriere, fisiche e culturali, per essere una manifestazione aperta a più pubblici. Su questa scia continua il progetto con ENS di Trento per l’accessibilità a spettatori sordi grazie all’utilizzo dei Subpac, dispositivi che si indossano come zaini e che vibrano al ritmo della musica. E quest anno si aggiunge la collaborazione con la cooperativa Abilnova: saranno disponibili audiointroduzioni, utili per vedenti o ipovedenti.

Insomma le premesse sembrano più che valide. L’attenzione verso le nuove generazioni, la ricerca, la sostenibilità, la democratizzazione dell’arte e della cultura, la valorizzazione delle diversità e lo scambio fanno di Oriente Occidente un punto di riferimento. Mai più di adesso il pubblico necessita di realtà forti e determinate come questa.

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