Il 26 e 27 settembre ore 21.00 presso il Teatro India,va in scena THANKS FOR HURTING ME Kafka. un tributo postumo, regia, coreografia, scene e costumi Enzo Cosimi, interpretazione e collaborazione alla coreografia Paola Lattanzi, Elisabetta Di Terlizzi, Alice Raffaelli, video Stefano Galanti, disegno luci Matteo Crespi , Enzo Cosimi, musica a cura di Enzo Cosimi  Stefano Galanti, testi  Giulia Roncati, organizzazione Anita Bartolini, produzione Compagnia Enzo Cosimi, MIBACT, Regione Lazio, con il sostegno per la residenza di Amat, artedanzae20/DanceHaus e di Festival Quartieri dell’Arte di Viterbo

 

La creazione rappresenta la terza  tappa della trilogia “Sulle passioni dell’anima”.

La terza tappa  del progetto Sulle passione dell’anima é dedicata all’esperienza emozionale e sensoriale del dolore, processo che permette di santificare l’uomo e allontanarlo dalla vita.

L’avvento del nichilismo ha annullato ogni valore metafisico in un sistema dominato dalla tecnologia e dalla scienza. Quindi il dolore viene estirpato dalla vita perché non abita più persone ma strumenti. Dal mutato rapporto con il Dolore sorge una nuova modalità di  pensiero che celebra il mondo virtuale, la velocità e la narcosi, in una sola parola, la fuga.

Visioni e narrazioni in cui vere storie e biografie inventate si mescolano fra loro, in cui si mette in crisi l’idea di una narrazione ufficiale e oggettiva e si inseguono invece rappresentazioni più oblique e complesse. L’idea è di orchestrare una polifonia di sensazioni in cui il senso di drammatizzazione vale molto di più del processo di descrizione, creare una drammaturgia a più livelli, multidimensionale riconducibile all’eliminazione dei confini tra le discipline artistiche, mettendo il corpo protagonista dell’intero processo artistico.

La  drammaturgia del lavoro  si serve come complice dell’universo Kafkiano attraverso dispositivi necessari per imbastire una scrittura del  corpo sincretica dove il dolore insegna ad ascoltare e a trasmettere l’unicità dell’essere umano.

 “Abbiamo imparato a consumare anche il dolore, senza essere in grado di prendercene cura”

 

 

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