Il Corsaro
Balletto in due atti
Libretto di Vernoy De Saint Georges e Joseph Mazilier
dal poema The Corsair di George Gordon Byron
Musiche Adolphe-Charles Adam, Cesare Pugni, Léo Delibes, Riccardo Drigo
Coreografia José Carlos Martinez
Scene e costumi Francesco Zito
Luci Vinicio Chelli
Interpreti:
Medora: Olesja Novikova
Conrad: Leonid Safranov
Gulnara: Rebecca Bianchi
Lankedem: Walter Maimone
Birbanto: Michele Satriano
Direttore Alexei Baklan
ROMA – Il Corsaro ha debuttato il 1 marzo al Teatro dell’Opera di Roma in prima assoluta nella nuova versione di José Carlos Martinez con una coppia d’eccezione proveniente dal Teatro Mariinskij di San Pietroburgo: Olesja Novikova e Leonid Sarafanov nei ruoli principali di Medora e di Conrad, e con Rebecca Bianchi, étoile della compagnia, in quello di Gulnara. Il balletto in due atti, su musiche di Adolphe Adam, Cesare Pugni, Léo Delibes e Riccardo Drigo è stato diretto da Alexei Baklan ed arricchito da scene e costumi di Francesco Zito e luci di Vinicio Cheli. La trama, un libero adattamento di Henry Vernoy De Saint Georges, tratta dal poemetto di Lord Byron del 1814, racconta le avventure del pirata Conrad che si innamora di Medora, venduta al mercato come schiava. Il corsaro, nella versione di Martinez, cerca ripetutamente di liberare l’amata dalle mire di Seyd Pascià, fino ad un epilogo con un lieto fine che vede i due protagonisti sopravvivere al naufragio della nave pirata. Nell’originale di Byron, mai veramente rispettato da nessuna messa in scena coreica, invece, il pirata, dibattuto tra l’amore di Gulnara e quello per Medora, dopo essere riuscito a fuggire dal carcere, con l’aiuto della prima, sparisce sconsolato alla scoperta della morte della seconda. Il balletto fu messo in scena con enorme successo a Parigi nel 1856 dal coreografo Joseph Mazilier, con sole musiche di Adam, per valorizzare il talento tecnico e virtuosistico di Carolina Rosati, allora prima ballerina dell’Opéra. Si tratta del periodo in cui, se da un lato si andava rafforzando il lavoro tecnico sulle punte, di cui la Rosati era un’eccellente interprete, così come le numerose allieve di Blasis, dall’altro lato ci si andava allontanando dal periodo d’oro del balletto romantico all’Opéra sia per la danza femminile ma soprattutto per la figura maschile. Le principali stelle della compagnia erano straniere, come la Rosati, e il maestro delle classi maschili, Leopoldo Adice, erede della scuola del San Carlo, pochi anni dopo il successo di Le Corsaire, scriveva che “i denseur noble non avevano più allure, né tantomeno, sapevano presentarsi al pubblico” nel suo Théorie de la gymnastique de la danse théâtrale del 1859. Come mai, invece, nella memoria dell’appassionato di balletto per Il Corsaro è incancellabile un ruolo maschile, quello di Alì, lo schiavo di Conrad? Il personaggio, con tecnica e stile demi caractère, fu inserito agli inizi del Novecento, così come altri brani virtuosistici e solistici, nelle varie riprese proposte negli anni successivi alla prima, sia in Francia che in Russia. Si tratta di revisioni spesso drastiche con numerosi inserimenti musicali tratti da altri quadri coreografici che, di volta in volta, hanno reso sempre più contorta l’azione ma più ricco di danza il balletto. In particolare Alì fu creato nel 1915 da Samuil Andianov perché, anche nella versione di Marius Petipa del 1863, i nuovi inserimenti erano relativi a ruoli femminili quali il pas d’esclaves del primo atto. Il pas de fleur, su musica di Léo Delibes, fu introdotto dallo stesso Mazilier in una ripresa del balletto per l’Opèra del 1867. L’immagine di Alì a torso nudo, che esegue i vorticosi saut de basque e giri alla seconda, si riferisce a Rudolf Nureyev che per primo ha portato in occidente Le Corsarire, e a tutti i ballerini che ne hanno poi seguito le orme, ostentando al pubblico entusiasta un torace ben tornito e palestrato! Martinez, apprezzatissima stella spagnola dell’Opéra di Parigi tra il 1997 e il 2010, in questa sua nuova versione ha esplicitamente eliminato il personaggio di Alì, non necessario per lo svolgimento dell’azione scenica ed ha attribuito la famosa variazione al ruolo del protagonista, Conrad. Il suo lavoro coreografico non è assolutamente un’operazione filologica e ricostruttiva, è, come ha dichiarato nell’intervista rilasciata a Valentina Bonelli, pubblicata nel programma di sala, un tentativo di attualizzare, sveltire e rendere più comprensibile il balletto. Il risultato è riuscito per quanto riguarda una maggiore chiarezza nello sviluppo della trama, grazie al buon risalto dato ai personaggi di Lankedem, il venditore di schiave, ma soprattutto a Birbanto che assume più chiaramente il ruolo del traditore di Conrad e suo antagonista alla decisione di liberare le schiave. La scorrevolezza dell’azione, però, va a scapito della varietà e coloritura coreografica del balletto che perde alcune perle virtuosistiche tra le quali il famoso pas de trois delle odalische, inserito nel primo atto nella versione dell’American Ballet e, nel quadro del Jardin animé, della versione del Mariinskij. Le numerosissime manipolazioni subite dal balletto (in alcune versioni il naufragio avviene all’inizio e segna il prologo in cui nasce l’amore tra Conrad e Medora), dimostra che la trama, in particolare nella seconda metà dell’Ottocento in cui si abbandona sempre più la pantomima, è un pretesto per ambientare vivaci danze, solistiche e di gruppo, in una sorprendente e raffinata cornice orientale per valorizzare, soprattutto in Russia, la grande crescita della compagnia di ballo. Se dunque Martinez ha scelto di eliminare alcuni tra i brani coreografici più celebri, si è assunto una grossa responsabilità nei confronti delle aspettative del pubblico per un balletto amato per la sua danza, più che per il pathos, del tutto assente, della sua trama.
La compagnia di ballo del Teatro dell’Opera di Roma ha ben figurato per vivacità e partecipazione, qualche insieme non perfetto alla prima, però, si è visto. Perfetta la coppia principale, in particolare Olesja Novikova, morbida, sinuosa e sensuale Medora, in coppia, sulla scena e nella vita, con Leonid Sarafanov, ineccepibile tecnicamente e dal notevole salto ma un po’ troppo forzato nell’espressività che si avvicina più a quella di Basilio del Don Chisciotte, ruolo nel quale, oggi, è uno dei migliori interpreti. Forte e decisa nel ruolo di Gulnara, Rebecca Bianchi e molto comunicativo e valido Michele Satriano, nella parte di Birbanto. I solisti della compagnia, persa l’occasione di essere valorizzati da assoli e parti tecnicamente più vivaci, hanno adeguatamente accompagnato i protagonisti. Sempre suggestivi e di effetto le proiezioni della tempesta e del naufragio finale. Le repliche dal 5 al 8 marzo, che avrebbero visti protagonisti Rebecca Bianchi, Federica Maine, Maia Makhateli nel ruolo di Medora, e Simone Agrò e Kimin Kim, in quello di Conrad, sono state purtroppo annullate per i provvedimenti contro la diffusione del coronavirus.
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