NAPOLI – Applausi per Hands do not touch your precous Me firmato da Wim Vandekeybus e presentato al Teatro Bellini di Napoli (con repliche fino all’8 maggio). Con questo nuovo spettacolo l’artista fiammingo crea un racconto mitico di confronto e trasformazione, luce e oscurità, morte e rinascita. E per far questo collabora con il compositore Charo Calvo, otto danzatori e – per la prima volta – con il performer, pittore e scultore francese Olivier de Sagazan, uno dei protagonisti della Biennale di Venezia 2021 dove si è fatto conoscere componendo e scomponendo maschere di argilla sul proprio volto.

Ed è quello che abbiamo visto anche al Bellini. Corpi che si trasformano in sculture viventi a volte raccapriccianti, un confronto continuo tra potente e fragile.

Lo spettacolo è ispirato a due racconti mitologici

Lo spettacolo è basato su due racconti mitologici incentrati sulla figura della dea sumera Inanna. I Me sono “mattoni” astratti alla base della cultura e della civilizzazione. Grazie al loro furto, Inanna diventa una governante ricca, potente e saggia. Tuttavia durate la sua discesa negli inferi, è costretta a rinunciare a tutti i suoi averi. L’incontro con la sorella – che rappresenta l’alter ego oscuro di Inanna – è un confrontarsi con la morte crudele che la dea deve affrontare per poter rinascere. Inanna incarna i concetti di coraggio, forza, saggezza, purezza e fertilità esattamente come i loro opposti, ognuno portato all’estremo.

L’incontro del coreografo fiammingo con de Sagazan

Che cosa diventa questo racconto nell’incontro tra Vandekeybus e de Sagazan? Entrambi lavorano su ciò che significa essere “corporeo” ed essere “umano”. Vandekeybus ha sviluppato il suo linguaggio del movimento basato su reazioni impulsive di fronte a situazioni di pericolo. Al centro del lavoro di de Sagazan c’è la trasfigurazione del corpo e del viso con argilla e pittura (con scene che evocano la pittura di Francis Bacon, gli interventi di body art di Günter Brus). Lo spettacolo vero e intrigante sta proprio in questa trasformazione in diretta dei corpi in statue di argilla. La vera protagonista della scena è l’argilla. Senza questo elemento la coreografia perderebbe sicuramente fascino. L’esplorazione dei limiti umani di Vandekeybus e de Sagazan trova un’eco musicale nella trama della musica elettroacustica di Charo Calvo, a volte apparsa un po’ ripetitiva. Una musica diversa avrebbe dato forse maggiore enfasi ad alcune scene di grande impatto come quella in cui Inanna incontra la sorella e i loro corpi si fondono in un abbraccio di morte. I loro visi si trasformano in un unicum statuario inquietante e orrido. Un abbraccio mortale indimenticabile.

Interessante anche se già visto l’uso della telecamera in scena. I volti trasformati dall’argilla vengono proiettati ingigantiti su un video andando a riempire il palcoscenico e a catalizzare lo sguardo del pubblico. Un modo quasi di sottolineare la tragicità di un momento che ricorda la macchina da presa della guerra quando ruba l’immagine di un corpo straziato.

Uno spettacolo sicuramente da vedere anche se da Vandekeybus ci si aspetta sempre di più.

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Giornalista professionista dal 1987, è direttore responsabile di Campadidanza Dance Magazine, fondato nel 2015 con Gabriella Stazio. Dopo aver lavorato per quasi venti anni nelle redazione di quotidiani, ha scelto la libera professione. E’ stata responsabile Ufficio Stampa e pubbliche relazione del Teatro di San Carlo, del Napoli Teatro Festival Italia, dell'Accademia Nazionale di Danza, responsabile Promozione, e marketing del Teatro Stabile di Napoli/Teatro Nazionale. Ha curato numerosi eventi a carattere nazionale e internazionale. Con Alfredo d'Agnese, nel 2015 ha fondato R.A.R.E Comunicazioni società press & communication.