TORINO – Sul palco delle Fonderie Limone di Moncalieri le immagini e i suoni paiono quelli che siamo abituati a sentire tutti i giorni dai media. Le urla strazianti e i boati ricordano quelli delle guerre che costellano il mondo contemporaneo. I corpi che cadono in acqua sembrano quelli dei numerosi migranti che dopo aver vissuto odissee in mare non riescono a trovare una terra pronta ad accoglierli.

Ci troviamo nell’ambito di Torinodanza, di fronte a noi c’è Jungle Book Reimagined del coreografo di origini bengalesi Akram Khan. È una riscrittura del classico della letteratura inglese Il libro della giungla di Rudyard Kipling risalente al 1894, ma che in queste vesti non potrebbe apparire più attuale.

Una scenografia imponente nella sua essenzialità

«Voglio immergermi nei miti di oggi e nelle storie dei bambini di domani. Voglio quindi trovare un modo per prendere una storia nota e familiare e osservarla attraverso la lente dei bambini di oggi, i miei figli, i nostri figli, che sono e diventeranno i nostri narratori presenti e futuri.» Così Khan prende una storia per più piccoli e la racconta tramite lo stesso occhio del lettore. Ed ecco che gli spettatori di Torinodanza si trasformano in bambini. Affascinati da quella narrazione come se la sentissero per la prima volta e da quei personaggi “animaleschi”, che non indossano maschere o costumi ma sono soggetti a una metamorfosi che passa solo attraverso il movimento.

A giocare un ruolo determinante nella drammaturgia è la scenografia. Imponente seppur nella sua essenzialità: qualche scatola di cartone pronta per qualsiasi evenienza e due impercettibili teli che permettono la creazione di proiezioni tridimensionali. Una tecnologia che il coreografo ha imparato a conoscere e apprezzare soprattutto durante il periodo pandemico. Un sistema “semplice” ma impregnato di valori politici ed etici: uno spettacolo che sia meno impattante e più ecosostenibile.

Un libro per bambini riscritto per gli uomini che devono imparare ad ascoltare

Le immagini non sono un semplice sfondo, instaurano un rapporto dinamico con il racconto e i danzatori, quando non rappresentano esse stesse dei personaggi. E ancora, il pubblico diventa bambino, sembra trattenere urla di stupore davanti alle apparizioni animate. È così che si presenta in un primo momento Jungle Book Reimagined: una pièce che può essere fatta rientrare nel grande e variegato insieme del teatro per ragazzi. Un lavoro lineare, con una possibilità formativa e di altissimo livello progettuale. Una coreografia che ben coniuga ironia ed emotività, con interpreti attenti alla tecnica e allo stesso tempo forti nell’espressività.

Ma qualcosa cambia al secondo atto. Il racconto per bambini si carica di tensione drammatica e il pubblico “infantile” viene messo di fronte alla più cruda realtà. Akram Khan sviscera tematiche centrali in questi giorni: il rapporto uomo-natura, la comunanza e il rispetto tra le specie, la comunione dei popoli. Mi piacerebbe dire che Jungle Book Reimagined è un buon prodotto del teatro ragazzi adatto a sensibilizzare i più piccoli su certi argomenti. Ma la verità è che le nuovissime generazioni, figlie del cambiamento climatico, di Friday For Future e del pieno accesso all’informazione, sono ben consapevoli del mondo che le circonda. L’opera di Khan è invece un urlo terrificante per gli uomini che devono imparare ad ascoltare.

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