Il 27 aprile il Teatro Bellini di Napoli è stato inondato di appassionati di danza e di professionisti del settore, per lo spettacolo di The Edge, una nuova generazione di danzatori. Si tratta dei laureati della London Contemporary Dance School (LCDS), The Place, il primo prestigioso spazio per la danza contemporanea nel cuore della capitale inglese. Negli anni Sessanta lì per la prima volta arrivò dagli Stati Uniti la didattica della modern dance di Martha Graham e da lì sono passati i più rivoluzionari creatori del Novecento. Oggi è un’istituzione, parte di una formazione universitaria che afferisce anche al Trinity Laban Conservatoire of Music and Dance che dà la possibilità a giovani provenienti da tutto il mondo di avere una preparazione completa, professionale e stimolante. The Edge è la formazione che porta in giro, in una tournee che tocca vari paesi europei, e che in Italia è stata in esclusiva solo a Napoli, gli ultimi laureati sotto la giuda e la direzione artistica della coreografa neworkese Jeanne Yasko. La loro presenza fa parte del progetto, voluto da Fortunato Angelini, danzatore e coreografo napoletano da anni docente al Bird College di Londra, dalla coreografa Emma Cianchi e dalla Rete NEO, che comprende le più innovative realtà coreografiche a Napoli, che ha lo scopo di fare conoscere le possibilità di studi universitari sulla danza in tutti i suoi aspetti, presenti al di fuori dell’Italia. Il loro merito è stato di coinvolgere numerose scuole della regione in laboratori e lezioni con alcuni membri del gruppo per rendere ancora più intenso e sentito l’interesse per lo spettacolo. Con e per i tredici danzatori di The Edge hanno lavorato quattro coreografi affermati che hanno proposto tematiche sviluppate essenzialmente in forma di laboratori per stimolare la creatività e la capacità interpretativa dei protagonisti. Ha aperto la serata l’energetico Undergoing di Alexander Whitley, coreografo emergente di formazione classica che ha studiato alla Royal Ballet School e danzato nella compagnia del Birmingham Royal Ballet, prima di dedicarsi alla danza contemporanea e alla creazione. Il brano chiaramente mette in scena momenti di scontro e di conflitto tra singoli e gruppo attraverso una gestualità compulsiva, spezzata, a tratti nevrotica, che valorizza la vivacità e la grande energia degli interpreti. Molto suggestivo il secondo brano, As our bodies tell, del coreografo francese Philippe Blanchard che ha accumulato importanti esperienze tra le principali compagnie contemporanee del momento, dal Netherlands Dans Theater alla Batsheva Dance Company. Il suo lavoro di improvvisazione mette in scena un laboratorio incentrato sul contatto e sul peso dei corpi dei danzatori che lentamente creano un gruppo amalgamato e compatto da cui nuovamente si distaccano per conservare una memoria fisica, un’ immagine plastica del loro toccarsi.
Interessante e rilevante The tide (la marea) diretto da Tom Roden ma, come segnala il programma, concepito, scritto e coreografato dai danzatori del gruppo. La marea, metafora dei cambiamenti di stati d’animo, sono espressi con una danza circolare, fluida, in cui il cerchio, in tutte le sue possibilità coreografiche, prende vita in torsioni, ondulazioni, rotazioni estremamente coinvolgenti. Ha chiuso la serata il brano più naif: Pictures, moments, journeys, di Joseph Toonga, una sorta di miniature contemporanee, sottolineate dal racconto di Andrew Swan di una vita di lavoro, sogni, attese e speranze. Le stesse emozioni che hanno vissuto i tantissimi giovani presenti nel pubblico desiderosi, speranzosi, in attesa che il loro desiderio di danza venga rispettato da chi li educa e dalle istituzioni italiane, ancora decisamente sorde e incapaci di mettersi alla pari con quelle europee.
Roberta Albano