Ogni anno gli allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala devono
affrontare un appuntamento difficile e complesso: esibirsi sul palcoscenico della
prestigiosa istituzione artistica in uno spettacolo inserito nel cartellone della Stagione
di Balletti. Lo studio della danza a livello professionale richiede massimo impegno ed
assoluta dedizione, soprattutto quando si deve onorare il nome di una realtà ,come
il Teatro alla Scala, che rappresenta uno dei fiori all’occhiello della cultura italiana.
Fondata nel 1813 dall’impresario Benedetto Ricci ,la Scuola è diretta dal 2006 dal maestro
Frédéric Olivieri ,personalità di molteplice e consolidata esperienza artistica, che in questi
anni ha impresso alla didattica scaligera un impostazione tecnico-stilistica di ampio
respiro internazionale. Nel corso degli otto anni di studio i giovani allievi partecipano a
numerosi incontri e stages tenuti da maestri di chiara fama e si esibiscono in
alcune produzioni del Teatro. Agli studenti dei corsi superiori, inoltre, è data l’opportu
nità di cimentarsi con il repertorio di alcuni tra i più significativi coreografi del XX secolo.
L’innovativa cifra stilistica che ha caratterizzato la produzione dl balletto classico del
Novecento è stato il filo conduttore dello spettacolo andato in scena il 26 marzo.
In apertura una brillante “Présentation” firmata dallo stesso Olivieri sul concerto per
due violini di J.S. Bach ,ha offerto una piacevole carrellata del rigore tecnico degli allievi
della Scuola: dai più piccoli, ma già dotati di interessante presenza scenica del 1° corso
ai più esperti ,impegnati in veloci virtuosismi, dell’8° anno di studio.
Poi “ La Luna”, un prezioso esempio della vasta e poliedrica produzione di Maurice Béjart,
visto per la prima volta in Italia ,alla Scala, nel 1976 come parte dello spettacolo
“Héliogabale” ispirato all’ attore ,scrittore e regista francese Antonin Artaud.
Per la sua compiutezza coreografica l’assolo, su musica di Bach, è diventato, in seguito, un pezzo a sé stante
reso famoso dalla puntuale interpretazione di due eccezionali interpreti quali Luciana
Savignano ,che lo arricchì del suo personale carisma, e Sylvie Guillem che, con questa
coreografia, vinse l’International Ballet Competition di Varna. La giovane interprete della
Scuola di Ballo che lo ha danzato ha saputo raccogliere con successo la preziosa eredità
di chi l’ha preceduta, offrendo un’interpretazione convincente e molto apprezzata dal
pubblico. Diafana e sinuosa nei movimenti delle mani e delle braccia è apparsa
espressivamente misteriosa e sensuale.
Il balletto “Les Sylphides” debuttò al Théatre du Chatelet di Parigi nel1909 in occasione
della prima stagione dei Balletts Russes di Diaghilev. Due anni prima Michail Fokin aveva
firmato “Chopiniana” , una coreografia su musiche del compositore francese ispirata
all’estetica del romanticismo ottocentesco nel cui sviluppo, seppure in maniera essenziale,
rimanevano ancora tracce di elementi drammaturgici. Con “Les Sylphides” Fokin va oltre
creando quello che può essere considerato il primo esempio di balletto concertante della
storia. Lo spirito del Romanticismo rimane nell’ispirazione che rimanda a “La Sylphide”
creata nel 1832 da Filippo Taglioni per la figlia Maria,ma è interpretato dal coreografo
in maniera personale e moderna. Sulle note di F. Chopin si sviluppa un raffinato “ballet
blanc” nel quale il corpo di ballo ,impegnato in un continuo intreccio di pose che si
sciolgono e riformano in maniera sempre diversa e originale, fa da cornice alle variazioni e
al passo a due del poeta e delle sue eteree muse . Di questo balletto ,che mette in luce
soprattutto le doti femminili, le allieve della Scuola di Ballo hanno dato un’interpretazione
stilisticamente corretta e molto curata nella morbidezza delle braccia e nel espressività
degli atteggiamenti.
“Who Cares” ,ultimo titolo in programma nello spettacolo, nacque dal fortunato incontro,
negli anni Trenta, fra Balanchine e Gershwin. Il compositore americano chiese al
coreografo russo di creare alcune danze per il film “The Goldwin Follies”. Dopo molti anni,
nel 1970, Balanchine riprese la raccolta di canzoni trasformandola, attraverso la sua
straordinaria ricchezza creativa, in una piacevole carrellata di eleganti passi a due e briosi
assolo. Un aspetto importante da sottolineare è che questo balletto ,di solito danzato da
ballerini professionisti già molto esperti, sia stato concesso dalla Fondazione Balanchine
alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala. I calorosi applausi del pubblico a fine serata
hanno sottolineato il successo della serata.

Marina Magurno

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