POMPEI (NA) – Quando al termine di Oedipus, tratto da Oedipus Tyrannos di Sofocle, si spengono le luci nel bellissimo anfiteatro del Teatro Grande di Pompei, non ci sono dubbi, Bob Wilson è sempre Bob Wilson. Anzi no, forse lo è ancora di più. Si, perchè dopo decenni di innovazione e le tante regie fatte, ci si poteva anche aspettare una certa autorefenzialità, compiacimento oppure il renderci conto che è “storia vecchia”. Ed invece no. Eccolo ancora una volta avanti e con naturalezza, senza forzature. Perchè avanti lui ci è nato e non deve far altro che mettere in scena il suo essere sè stesso.

Lo spettacolo scorre davanti ai nostri occhi grazie a piano sequenza che si succedono dalla sinistra alla destra di un palco, spoglio, essenziale. Senza frizioni, senza interruzioni, con gli accenti giusti. I segni che la regia porta in scena, la scrittura dell’insieme dei linguaggi , è chiara, nitida, senza sbavature. Tanto da sembrare irreale. Siamo lì a respirare la stessa aria, ci sentiamo dentro, eppure siamo fuori, perchè per Bob Wilson rimaniamo sempre degli spettatori. Ha bisogno di noi affinchè guardiamo, affinchè usiamo il nostro sguardo per accogliere tutta la scena. Non ci propina fruizioni alternative, partecipative, eppure tutti i nostri sensi sono tutti egualmente allertati.

E’ l’incontro dei linguaggi teatrali orientali ed occidentali quello che avviene davanti ai nostri occhi. Si fondono? Si uniscono? Si sovrappongono? si confondono? No, questo lo fanno gli altri. Quella a cui assistiamo è una nuova, diversa capacità di scrittura scenica in una totale assenza di barriere che sgombra lo sguardo e la mente. Unica. La sua. Eppure ogni artista dovrebbe avere la capacitò di creare la propria. Ma pochi ci riescono. Perchè? Forse perchè vogliamo prefabbricare, precostituire il senso di quello che vorremmo comunicare? Senza stringerci in un angolo dove siamo costretti a capire lo spettacolo, Robert Wilson ci lascia liberi nella vastità del sentire, del percepire, del guardare, ascoltare. Liberi. Eppure riesce allo stesso tempo a farci vedere con i suoi stessi occhi.

Parlare separatamente di luci, ombre, movimento, parola, suono, silenzio, rumori è improprio, è fuorviante, perchè sarebbe come dire che questi linguaggi sono separati, sono diversi all’ origine e che li stiamo mettendo insieme, li stiamo incollando l’uno all’altro o li stiamo incastrando in modo impacciato. Perchè sarebbe parlare di una ricomposizione che in scena non esiste. Per Robert Wilson la cosidetta multidisciplinarietà non è una forzatura registica a cui oggi in molti si sottomettono in nome dell’avanguardia, non è una commistione/ sovrapposizione/assemblaggio, non è un modo di essere  à la page, è un modo di vedere, un modo di essere che rendono ogni suo lavoro unico. In fondo per Wilson la multidisciplinarietà non esiste perchè infatti può esistere solo per chi sente la frattura, solo per coloro che ragionano verticalmente. Il pensiero di Bob Wilson è orizzontale e ce lo mostra ancora una volta. Un pensiero in cui il teatro è teatro nella sua accezione più “antica” quando tutte le Muse si tenevano per mano. Quindi chi più di lui al Pompeii Theatrum Mundi ?

Tutti gli artisti in scena sono impeccabili, sono dove dovrebbero essere, sono chi dovrebbero essere. Il significato di ciascuno non sovrabbonda la regia e riescono a portarci il segno dell’intero spettacolo integro, chiaro, definito. Ce ne vorrebbe di più? No. Ce ne vorrebbe di meno? Neanche. Cosicchè quando lo spettacolo finisce, non abbiamo dubbi, non siamo confusi o pensiamo di “non aver capito”. La stessa chiarezza ora la abbiamo anche noi.

Quindi grazie a Pompeii Theatrum Mundi diretto da Luca De Fusco che dopo il primo titolo in cartellone Salomè  di Oscar Wilde firmata dallo stesso Luca De Fusco con una regia bella, compatta e coerente, ci regala questo Oedipus dall’impensabile lettura tanto da lasciarci stupiti. Da oggi forse un altro modo di mettere in scena Oedipus, non c’è.

E così mentre esco dai suggestivi Scavi di Pompei penso che in fondo è semplice essere sè stessi. Ed è bellissimo per chi ha la fortuna di essere presente. Possiamo tornare a casa sereni, soddisfatti, felici. Il teatro è ancora, è sempre il luogo dove ci si spinge in avanti.

Magia del teatro. Magia di Robert Wilson.

Gabriella Stazio

 

OEDIPUS 

tratto da Oedipus Tyrannos di Sofocle
ideazione, spazio, disegno luci e regiaRobert Wilson

co – regiaAnn Christin Rommen
musiche originali Dickie Landry, Kinan Azmeh
costumi Carlos Soto
collaboratore alla scenografia Annick Lavallee – Benny
collaboratore al disegno luci Solomon Weisbard
drammaturgia Konrad Kuhn
coreografia della danza nuziale Whesley Enoch
conMariano Rigillo, Angela Winkler, Dickie Landry, Michalis Theophanous,Meg Harper, Casilda Madrazo,  Kayije Kagame, Alexis Fousekis, Alessandro Anglani, Marcello di Giacomo, Laila Gozzi
e con Emanuele D’Errico, Francesca Fedeli, Annabella Marotta, Gaetano Migliaccio, Dario Rea,Francesco Roccasecca, Beatrice Vento (Scuola del Teatro Stabile di Napoli)
voci di Robert Wilson, Lydia Koniordou, Carlos Soto

commissionato e coprodotto da Conversazioni | Teatro Olimpico Vicenza, Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale

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Direttore artistico, manager ed insegnante del centro internazionale "Movimento Danza”, fondato a Napoli nel 1979 ed accreditato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali come "Organismo di Promozione Nazionale della Danza”. Coreografa e direttore artistico della pluripremiata "Compagnia Movimento Danza" e del "Performing Arts Group". Direttore artistico ed event manager di rassegne, festival, eventi e bandi di danza contemporanea. Promotrice italiana e direttore artistico della "Giornata Mondiale della Danza". Editore di "Campadidanza Dance Magazine". Presidente di "Sistema MeD - Musica e Danza Campania", associazione aderente all’Unione Regionale Agis Campania.