NAPOLI – Erre punto osa, questa è la corretta lettura del titolo del lavoro di Silvia Gribaudi, portato in scena il 10 e 11 dicembre da Claudia Marsicano, premio UBU 2017 nuova attrice under 35, nella Sala Assoli. Il titolo completo è “R.osa, 10 esercizi per un nuovo virtuosismo” ed è stato finalista al Premio UBU 2017 come Miglior spettacolo di danza e finalista al Premio Rete Critica. È uno spettacolo che, evidentemente, vuole osare. Claudia Marsicano si presenta in scena proponendosi come una trainer del pubblico in sala: mostra degli esercizi. Non solo, chiede al pubblico di seguirla, bisogna alzarsi in piedi e ripetere i movimenti che esegue. Il coinvolgimento degli spettatori è continuo, attraverso la danza, le parole, la mimica e di continuo si alterna e si mescola ad azioni sceniche da guardare. Coreografa e performer giocano senza sosta con il passaggio da un piano all’altro, con il ribaltamento della “finzione” in “realtà” e viceversa (se ancora ha senso fare questa distinzione). Il corpo di Claudia Marsicano esce dai cliché, sorprende e tradisce ogni aspettativa. Non è lì per dimostrare qualcosa (che grasso è bello, che tutti possono danzare o altro), è lì e basta. “R.osa” mette in scena l’umanità così com’è. Marsicano danza la sua fisicità e se seguirla nei movimenti può assomigliare a una classe popolare di danza per tutti, a una spiaggia d’agosto in cui una folla di sedentari tenta il riscatto, quello che accade durante la sua performance è che si riflette. Non sui massimi sistemi (o forse anche), ma sul proprio corpo, con un ininterrotto passaggio dal giocoso al serio, dalla parola al gesto, dal gesto semplice e quotidiano alla danza. Partecipando a “R.osa” non si può provare imbarazzo, o sentirsi impacciati, cosa che può accadere quando in scena i virtuosismi dei performer sono possibili solo per corpi fisicamente “adatti”. Qui, invece, i virtuosismi sono il frutto di una lunga ricerca e di uno studio che ha spaziato dal cabaret alla tecnica Graham a Pina Bausch, alla scoperta di quali fossero i movimenti che meglio funzionavano con il corpo della performer. E senza dubbio il corpo di Marsicano ricorda Botero e si inscrive in una tradizione di forme classiche, tonde e armoniose.  Per cui c’è il movimento classico, ma anche elementi di altre tecniche, dalla break dance alla strepitosa mimica del viso.

Come nella migliore tradizione del teatro danza il movimento pescato dalla quotidianità si trasfigura, diventa altro e fa vedere il corpo sotto un’altra luce. In uno straordinario esercizio Marsicano sceglie tre parole e le trasforma in gesto, le “dice” con tutto il corpo. Del resto la performer con le parole nuota nel suo mare, infatti nasce come attrice. Anzi, gli spettatori escono convinti si tratti di un’artista americana, perché è quella la lingua che usa per tutto il tempo: un inglese con un forte accento americano. Invece Claudia Marsicano è di Napoli.  Perché questa scelta? Ancora per giocare sui piani, sulla finzione che non lo è e sulla realtà che inganna: quando si rivolge al pubblico sforzandosi di pronunciare correttamente una parola italiana, il pubblico, volenteroso, l’aiuta, ma la difficoltà fa solo parte del gioco scenico.

Mara Fortuna

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