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Mauro Astolfi: “Per ricominciare dobbiamo abbandonare la paura”

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“NOTICE: Dates suspended” è quello che gli appassionati di danza non vorrebbero mai leggere.  Avviso ancora più increscioso se ad essere sospeso è il tour dell’ ensemble di danza  tra i più importanti e apprezzati del nostro paese. La Spellbound  Contemporary Ballet, o semplicemente Spellbound, come,  paternamente la chiama il suo fondatore Mauro Astolfi,  è una delle “art factory” che l’ emergenza Covid-19 ha congelato in uno stato di “surreale sospensione” alla vigilia di una tournée all’ estero a cui sarebbero seguite le attese programmazioni italiane. Con sede a Roma presso gli splendidi spazi del Daf Dance Arts Faculty, Spellbound è vanto di uno degli autori contemporanei maggiormente rappresentativi sulla scena europea. Coreografo e didatta a livello trasversale, Mauro Astolfi  ha costruito uno suo stile e un linguaggio gestuale originali e in costante rinnovamento, frutto di una personale elaborazione di diverse forme espressive del movimento contemporaneo. Nel 1994, dopo la lunga permanenza negli Stati Uniti,  Astolfi  da vita alla sua Spellbound dance Company, oggi Spellbound Contemporary Ballet, canale preferenziale per esprimere la sua personale concezione del linguaggio coreografico. Applauditissima per l’eccellenza degli interpreti e la versatilità del vocabolario coreografico Spellbound conta presenze nei maggiori teatri e Festival convincendo le platee di Serbia, Germania, Francia, Croazia, Cipro, Thailandia, Svizzera, Spagna, Austria, Bielorussia, Stati Uniti, Canada, Israele, Panama, Russia e Corea. Punto di riferimento per molti giovani coreografi, la compagnia coniuga da sempre la personale cifra stilistica del coreografo con l’eccellenza tecnica dei giovani interpreti esportando un brand artistico qualitativamente alto e incentrato sulla qualità delle produzioni. Spellbound, inoltre, sembra non aver accusato nemmeno i colpi che la crisi economica negli ultimi anni ha gravato sulle produzioni artistiche più che su ogni altro settore. Un vero peccato, dunque, che un ensemble di danza contemporanea italiano  tra i più attivi a livello internazionale, stia vivendo questo momento di forzata ma doverosa inattività. Abbiamo raggiunto telefonicamente Mauro Astolfi  per un’ intervista.

Il Covid-19 ha dato uno stop improvviso alle tappe dei tour della Spellbound Contemporary Ballet. Quali erano le date e le produzioni previste per marzo e i mesi a seguire?

Mi è difficile adesso elencare in maniera completa e dettagliata  ma sicuramente si è fermato un tour molto importante. Eravamo in partenza per gli Stati Uniti, il tour sarebbe continuato in Germania e in altre nazioni oltre numerosi appuntamenti in Italia che sono stati completamente cancellati da un giorno a un altro.  In particolare in Italia si sarebbero avvicendati due titoli: “Vivaldiana”  il nuovo lavoro che ha debuttato nel settembre scorso  al Grand Théâtre de Luxembourg e “ Rossini Ouvertures”, lavori programmati in importanti teatri e festival,  ma non è il momento di lamentarsi delle proprie dinamiche personali, il sistema ha coinvolto in maniera trasversale tutti gli artisti, tutti i teatri, tutti coloro che vivono e operano nel mondo della danza.

 

Come nasce la sua ultima produzione “Vivaldiana”?

Vivaldiana è una coproduzione internazionale che coinvolge la Spellbound, Les Théâtres de la Ville de Luxembourg e l’ Orchestre de Chambre de Luxembourg con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali in collaborazione con  l’Ambasciata d’Italia  in Lussemburgo e cultur partner, c/o Norddeutsche Konzertdirektion Melsine Grevesmühl.  Al centro di Vivaldiana c’è stata l’idea di lavorare ad una parziale rielaborazione dell’universo di Vivaldi integrandolo con alcune caratteristiche della sua personalità di ribelle fuori dagli schemi. Sono partito da questa suggestione per tradurre in movimento alcune sue composizioni e raccontarne il genio, la capacità cioè, di reinventare nella sua epoca la musica barocca. Ho voluto rielaborare con il corpo la sua architettura musicale cercando di restituire alla sua opera caratteristiche di unicità. 

L’emergenza Covid-19 ha paralizzato ogni settore nel nostro paese, quali saranno secondo lei le ripercussioni nel prossimo e lontano futuro sul mondo dello spettacolo dal vivo?

Parlare delle ripercussioni è mettere un dito su una piaga che in questi giorni si sta allargando a dismisura. Come già ho avuto occasione di dire, la cosa più importante per ora è arginare la manifestazione di paura e di sfiducia che, se incontrollata, potrebbe andare oltre il crollo delle dinamiche economiche. Sarebbe catastrofico se la nostra capacità di percepire il futuro, immaginare cioè di tornare alla normalità,  si paralizzasse in uno stato psicologico tale da renderci incapaci di rimettere insieme tutto e ricominciare. Non parlo certamente di un’azione individuale, questa quasi sempre non accade nel mondo della danza e in questo senso mi auspico veramente che dopo ci sia, parlo di una coscienza collettiva che possa aiutare a risollevarci quanto prima. Una ripercussione pericolosa potrebbe essere invece quella di pensare che dopo l’ epidemia si debba fare necessariamente qualcosa di incredibile e di straordinario.

Una rivoluzione sofisticata sarebbe invece cominciare a farci domande su ciò che eravamo prima, se eravamo quello che veramente volevamo, chiederci quale sia il modo più autentico di esprimerci, se è la danza o altro.

Che tipo di strategia pensa di mettere in atto per ripartire quando tutto questo sarà finito?

L’unica strategia che vedo come possibile è quella che potrebbe passare attraverso un’integrazione di intenti, confrontarsi realmente in maniera attiva, lontano da qualsiasi demagogia, creare un “festival universale permanente” ad esempio, creare nuovi spazi, nuovi luoghi, con nuove forme per mettere in circolazione le energie e la creatività di tutti gli artisti che hanno qualcosa da dire.

Quest’ anno la compagnia festeggia i 25 anni di lavoro. Potrebbe riassumere brevemente i successi e anche, perché no, gli insuccessi, se ci sono stati ovviamente, della vita della compagnia?

Riassumere i successi per me è sempre una cosa difficile perché in qualche modo abbiamo vissuto insieme a Valentina Marini ogni successo come il raggiungimento di una piattaforma per migliorare, per costruire qualcosa di ancora più importante, di sperabilmente ancora più interessante. Titoli come Carmina Burana, Le quattro Stagioni , Rossini Ouvertures, per citare solo alcuni dei lavori degli ultimi  ultimi 15 anni, hanno dato la possibilità alla compagnia di essere costantemente in tour in tutto il mondo. Molti altri lavori, non legati a titoli classici o alla musica di grandi compositori, ci hanno permesso di poter portare il nome Spellbound nei festival più esclusivi in ambito internazionale. Gli insuccessi sono avvenuti ogni qualvolta un importante critico, ha dato un giudizio personale di un nostro spettacolo generando un po’ di sfiducia da parte di teatri rispetto a quel titolo specifico, per fortuna questo è accaduto solo due sole volte in 25 anni di carriera.

Aggiungerei che in ambito teatrale ed artistico, quantomeno relativamente alla danza, l’insuccesso si sperimenta ogni qualvolta chi programma danza assume il gusto del critico del momento, come indicatore attendibile dell’eventuale probabile gusto del pubblico che difatti non si è ancora seduto per vedere lo spettacolo. Praticamente per come la vedo io un processo di natura aliena.

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Giornalista e critica di danza, danzatrice, coreografa, docente di materie pratiche e teoriche della danza, docente di Lettere e Discipline Audiovisive. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo e specializzata in Saperi e Tecniche dello Spettacolo all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Dal 1990 è direttore artistico e insegnante del Centro Studi Danza Ceccano e curatrice del ”Premio Ceccano Danza". E’ inoltre direttrice e coreografa della CREATIVE Contemporary Dance Company.