NAPOLI – Lunedì 25 giugno è andato in scena il saggio di fine anno della Scuola di Ballo del Teatro di San Carlo, la più antica in Italia, in quanto in Europa la precede la scuola dell’Opéra di Parigi nel 1713 e l’Accademia Vaganova di San Pietroburgo, fondata come scuola dei teatri imperiali nel 1738. Siamo al terzo anno di gestione di Stéphane Fournial e si possono finalmente trarre delle conclusioni ,accreditate dai fatti, rispetto al lavoro svolto in questi anni e alle scelte metodologiche e artistiche del direttore. Di sicuro direttore e sovrintendente del teatro hanno puntato sulla quantità e sulla produttività economica della scuola, dal momento che il numero di allievi é  andato aumentando in maniera considerevole arrivando ad oltre duecento elementi, selezionati da tutta Italia, dal nord al sud.

Già nello spettacolo autunnale, impropriamente inserito in AutunnoDanza, ci si chiedeva come sarebbe stato possibile curare, con l’ attenzione necessaria per una crescita tecnica ed artistica, un numero di allievi così esteso per un corpo docente limitato a soli quattro insegnanti: Rossella Lo Sapio, Pia Russo, Alberto Montesso e Soimita Lupu. In effetti il saggio, non spettacolo, in quanto non c’è alcun allestimento di scene, costumi e costruzione coreografica, ma pura esibizione tecnica, ha confermato qualche perplessità. Il Défilé iniziale, che da tre anni apre la serata, ha mostrato qualche insicurezza nell’armonia generale in quanto molti allievi non erano sincronizzati nella camminata che dal fondo li porta in proscenio e non ha prodotto quel bell’effetto di insieme che è il suo principale obiettivo. In compenso la parte tecnica, ispirata per il terzo anno consecutivo, al balletto Études, creato da Harald Lander nel 1948 su musiche di Carl Czerny rielaborate dal compositore danese Knudåge Riisager, ha mostrato un netto miglioramento di alcuni corsi inferiori e di alcune classi maschili che, evidentemente, hanno beneficiato dei nuovi docenti arrivati quest’anno, Pia Russo e Alberto Montesso.  Il breve brano Rapsodia, su estratti da Rapsodia su un tema di Paganini per pianoforte ed orchestra Op. 43, danzato dagli allievi delle classi maschili dal III all’ VIII, ha confermato una graduale e coerente crescita nella programmazione didattica per la tecnica maschile. Non  è avvenuto così per la compagine femminile. In questo caso si sono colte troppe differenze tra i corsi inferiori e superiori, sancite anche dalle scelte dei docenti e della direzione: allieve dei corsi intermedi messe ad eseguire ruoli idonei ai corsi avanzati ed allieve dei corsi avanzati messe nel corpo di ballo. Lo studio della danza presuppone una crescita costante e la differenza in anni di studio sottende proprio questa evoluzione. Se dopo tre anni di lavoro, con lo stesso corpo docente, le allieve dei corsi superiori non vengono messe in grado di eseguire variazioni di repertorio e passi a due, pure semplificati, c’è un problema nella didattica. Non si può lavorare solo sui talenti, il lavoro di una buona scuola si riconosce nel risultato complessivo di chi è più forte e di chi ha qualche debolezza, trattandosi comunque di allievi che hanno requisiti di idoneità tecnico- fisica. La scuola di ballo del Teatro San Carlo è una scuola professionale che deve produrre un risultato finale adeguato agli anni e alle ore di studio che gli allievi si impegnano a rispettare. La riproposta parziale dell’atto bianco di Bayadère e del Grand pas classique, solo Adagio e coda, mostra un disagio, da parte della direzione, di mettere in scena brani di repertorio completi ed eseguiti dai corsi avanzati che, in tre anni, avrebbero dovuto avere la scrematura necessaria per portare in scena giovani in grado di eseguire ruoli di solisti e primi ballerini, così come si presuppone nella gerarchia della scuola di danza. Se ciò non è avvenuto si riconosce, implicitamente, una propria inadeguatezza nella programmazione didattica degli ultimi anni di cui insegnanti, direttore e sovrintendente, dovrebbero prendere coscienza assumendosi la responsabilità del proprio operato e continuando, probabilmente, in un rinnovamento del corpo docente per i corsi superiori. Anche l’ultimo brano proposto Rapsodia ungherese su musica di Franz Liszt, vario ed interessante, conferma la contraddittoria scelta di allievi provenienti da tutti i corsi dal III in poi, fatta su una selezione che non rispecchia né il criterio dei corsi di appartenenza, né delle doti fisiche o tecniche.

Mentre scriviamo sono usciti i risultati della commissione esaminatrice composta, oltre che dai docenti interni e dal direttore, anche da Gheorghe Jancu, Rudy Bryans e Tamas Solymosi che pare abbiano falcidiato soprattutto i corsi superiori senza rilasciare il diploma a quasi tutte le allieve dell’ottavo anno. Trattandosi di elementi che sono stati tutti selezionati più volte ed esaminati nel corso degli anni con almeno tre esami interni, tale decisione, eticamente discutibile, non si può attribuire solo alla loro scarsa crescita tecnico-artistica, ma è la bocciatura di un triennio di studio e di direzione.

 

Roberta Albano

Ph. in copertina Francesco Sgueglia

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Docente di Storia della danza all’Accademia Nazionale di Danza di Roma è laureata al DAMS dell’Università di Bologna in “Semiologia dello Spettacolo”. Docente di danza classica abilitata all'AND, è critico di danza, studiosa e autrice di saggi e monografie sulla danza. Dal 1990 al 2014 è vicedirettrice dell’associazione Movimento Danza di Gabriella Stazio. E’ inoltre socio fondatore di AIRDanza - Associazione Italiana per la Ricerca sulla Danza.