ORESTEA regia LUCA DE FUSCO credit Fabio DonatoHa debuttato martedì 24 novembre al Teatro Nazionale di Napoli – Teatro Mercadante, l’Orestea di Eschilo per la regia di Luca De Fusco.Unica trilogia ad essere sopravvissuta fino ai giorni nostri, l’Orestea di Eschilo racconta una storia suddivisa in tre episodi, le cui radici affondano nella tradizione mitica dell’antica Grecia: l’assassinio di Agamennone da parte della moglie Clitemnestra, la vendetta del loro figlio Oreste che uccide la madre, la persecuzione del matricida da parte delle Erinni e la sua assoluzione finale ad opera del tribunale dell’Areopago.

Con questo allestimento che si divide in due parti – AgamannoneCoefore/Eumenidi, Luca De Fusco si confronta con la tragedia greca come opera d’arte totale rispettando pienamente le caratteristiche del teatro greco che univa parola, canto, danza. Uno spettacolo apparentemente classico, con una messa in scena contemporanea in cui le arti si rinnovano ed amplificano anche con l’uso dei video.

Non ci stupisca quindi che l’Orestea è diventata uno spettacolo “in musica”, la cui partitura, curata dal compositore israeliano Ran Bagno, è cantata o sussurrata da tutti gli artisti tra cui spicca la bellissima voce di Gaia Aprea e l’inconfondibile timbro di Angela Pagano.

Ed alla musica si accompagnano le coreografie di Noa Wertheim, direttrice della Vertigo Dance Company, già nota al pubblico della città per le numerose presenze all’interno del cartellone del Napoli Teatro Festival Italia, e danzate dall’affiatato ensamble femminile della Compagnia Körper Sibilla Celesia, Elena Cocci, Sara Lupoli, Marianna Moccia, Rossella Fusco.

Le coreografie della Wertheim accompagnano tutta la trilogia, integrandosi a tratti con un’opera complessa che lavora su più codici di comunicazione, più livelli temporali. Molti i momenti coreografici di ampio respiro nell’ Agamennone come le intense danze di Rossella Fusco,forte e profonda, e Sara Lupoli, fluida e dinamica, così come il finale in cui tutte le danzatrici, con movimenti sinuosi e ieartici, scendono dal palcoscenico e sfilano lungo la sala del teatro tra il pubblico. Siglando una chiusura della prima parte che certamente è rimasta negli occhi degli spettatori. Meno convincenti e più vicine a movimenti coreografici, le parti danzate nelle Coefore/Eumenidi.

La Wertheim, che ha abituato il pubblico napoletano a coreografie intense, mistiche,forti e poetiche al tempo stesso,appare legarsi quasi ad una drammatizzazione dell’opera stessa, a volte descrittiva. L’azione danzata affidata al coro nella tragedia greca, non sembra seguire nè una ispirazione filologica, nè ispirata alla contemporaneità, e lo stile “Vertigo” è un alito di vento leggero che sarebbe potuto essere più caldo e profondo.

Molti gli applausi, sinceri e conviti, al termine della “maratona” , da parte di una sala gremita anche di un pubblico giovanissimo (evviva). Repliche fino al 20 dicembre.

Mary Martano

 

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