E’ una delle protagoniste indiscusse della danza classica del Novecento. Ballerina talentuosa, artista sensibile, Liliana Cosi ha vissuto un’intensa carriera iniziata al teatro alla Scala, che l’ha nominata étoile, proseguita poi al Bolshoi e dal ‘78 a Reggio Emilia. Qui, insieme a Marinel Stefanescu, ha fondato la Scuola che porta i loro nomi, gestita dall’Associazione Balletto Classico, e in seguito anche la Compagnia di Balletto. Raggiunta a telefono proprio nella sede della sua Associazione, la Signora Cosi si racconta con voce pacata e gentile.

Signora Cosi, come e quando si è avvicinata alla danza?

Per caso. Da piccolina, quando abitavo in una casa popolare, una signora cercava delle bambine per fare uno spettacolino. Avevano preso una maestra di ballo che ci insegnò una “danzetta”, ma senza farci studiare prima balletto. Questa maestra aveva visto che imparavo più in fretta delle altre e mi fece comprare un paio di scarpe da punta. Così mi insegnò una variazione sulle punte, senza aver mai fatto nulla prima, nessun esercizio. Fu un grande successo. Avevo otto anni e mezzo, quasi nove, e nel mese di settembre alla Scala c’erano le audizioni per entrare nella scuola. Avevo l’età giusta per presentarmi e gli amici convinsero la mia famiglia ad iscrivermi. Per fortuna era gratuito perché la mia famiglia non avrebbe potuto pagare una retta. Su trecentocinquanta bambine ne presero una ventina, e tra queste c’ero anch’io.

I suoi anni di studio e di lavoro alla Scala: tutto quello che vuole raccontarci.
Mi sono ritrovata in un mondo pieno di insidie ed invidie, completamente diverso da quello a cui ero abituata vivendo in una famiglia in cui ci si voleva tutti bene ed in cui sentivo l’affetto dei miei fratelli. Ciò che sempre mi ha fatta andare avanti è stata la passione per la danza, perché quando ballavo ero contenta, superavo tutte le difficoltà. Ricordo che fin da piccoline ci facevano ballare tanto, si andava a letto alle due o alle tre di notte. Questo però non è mai stato un problema, mi piaceva fare lezione, mi piaceva ballare, anche se non ho mai pensato alla carriera. Mai. E invece, quando mi sono diplomata, ho iniziato a sentire voci di corridoio che dicevano “Finalmente abbiamo una prima ballerina!” Ma è stato difficile per me vivere in quell’ambiente per via degli antagonismi e delle invidie che sentivo. Oltretutto, quando mi sono diplomata ho ricevuto un premio alla fine dell’anno, e questo mi ha messo contro tutte le mie compagne di scuola. Ciò che “mi ha salvata” è stata l’apertura degli scambi culturali con il Bolshoi. La direttrice, che mi voleva molto bene, mi inserì nel gruppetto di ragazze che andavano a Mosca. Avevo già ventuno anni e lì ho scoperto un mondo professionale ad altissimo livello, mi si sono aperti gli occhi e il cuore. Andavo a teatro tutte le sere, ho capito veramente che la danza poteva essere una vocazione, una professione, un messaggio per la società.

Quali sono stati gli incontri determinanti per la sua carriera?
Alla Scala l’incontro con la signora Bulnes, la direttrice. Al Bolshoi con i miei maestri, che sono stati meravigliosi, mi hanno dato tutto il loro sapere con tantissimo affetto ed altrettanta professionalità. E poi l’incontro con Chiara Lubich, questa grossa personalità che aveva un profondo amore per l’umanità, per le capacità e discipline che l’uomo può avvicinare, compresa l’arte. A volte le persone con grande spiritualità non sono molto vicine al mondo del teatro, dello spettacolo. Infatti, quando mi sono scoperta attratta a seguire la sua spiritualità, pensavo che fosse logico lasciare il mondo del balletto. Invece per lei era tutto sacro, bastava farlo bene, al meglio. Io sono sempre stata una persona abituata a dare il massimo, ma questo obiettivo di fare le cose perché fossero a una grande altezza ha fatto venire fuori il mio talento, che io non sapevo neanche di avere.

Per lei, quindi, esiste un legame tra fede e danza?
Più che un legame è qualcosa che bisogna sentire dal di dentro. Bisogna chiedersi se Dio vuole che tu fai questo o è un tuo attaccamento. Tante volte si è attaccati a una cosa che ti piace però o non hai talento o non hai conferme da parte dei maestri. Nel mio caso i maestri mi hanno sempre incoraggiata. Anche la politica la puoi fare con la fede, dipende da come la fai, con che purezza, con che onestà. La stessa cosa vale per la danza e per qualsiasi mestiere. Tutti i mestieri possono essere mezzo di corruzione, dipende dall’uomo.
C’è un lavoro come ballerina a cui è particolarmente affezionata?
Posso dire che il primo amore non si scorda mai. Il mio debutto al Bolshoi è stato ne “Il lago dei cigni” nel ruolo di Odette/Odile. Avevo ventitré anni, era il mio primo ruolo di prima ballerina in un posto magico. Poi è diventato un balletto che ho danzato tantissime volte sia in Unione Sovietica che in Italia. E’ un ruolo che mi piace moltissimo sia nel ruolo bianco, nel secondo atto, di Odette, sia nel ruolo del terzo atto di Odile, il famoso cigno nero che ha una grinta e una forza conquistatrice che mi piaceva moltissimo.

liliana cosi
Il partner che ha amato di più?
Di partner ne ho avuti tantissimi, centinaia, tutti professionalmente eccellenti. Certamente con Marinel Stefanescu c’è stata una maggiore intesa. Con lui ho condiviso anche gli ideali extra balletto. Il balletto non era soltanto una performance ma una creazione con cui portare al pubblico i valori del balletto, la bellezza della musica, delle partiture, delle coreografie. Era una missione ma non nel senso ristretto, una vocazione completa. Per Stefanescu dedicarsi alla danza non era carriera, era soddisfare una chiamata interiore. E allora, avendo una stessa visione, ci siamo trovati bene. Lui si è sposato con la sua fidanzata inglese e siamo venuti a Reggio Emilia, dove abbiamo trovato un posto dove poter avviare una compagnia ed aprire una scuola di balletto.
Che ricordo ha, invece, di Nureyev, con cui ha condiviso spesso il palco?
Era un grandissimo professionista, mi sono trovata benissimo ed ho un ricordo molto bello. Era un artista generoso, mi ha dato dei consigli disinteressati che non dimenticherò mai. Con lui si lavorava sempre appieno non c’erano mai compromessi, si dava sempre il massimo e su questo andavamo molto d’accordo perché io ero abituata a fare così, non c’era mai stanchezza.
Il mondo della danza ieri ed oggi: quali differenze riscontra?
Faccio un po’ fatica a vedere il mondo della danza, è la società che è cambiata. Il mondo della danza è talmente difficile e richiede talmente tanto lavoro, allora come adesso. Diventare bravi ballerini era difficile prima ed è difficile ora. E’ la tecnica che è difficile, il lavoro sul proprio corpo. Magari i gusti attuali sono diversi e allora sembra che sia cambiato qualcosa nella danza. Ma vedo anche che il pubblico quando riproponi un balletto, un’arte a un alto livello, rimane conquistato, ieri come oggi.
A suo avviso come sono le nuove generazioni di danzatori? E c’è qualcuno che le piace particolarmente?
L’unica differenza è che adesso durano meno i primi ballerini, a parte pochissime eccezioni. E’ difficile che una prima ballerina faccia una carriera lunghissima, mentre è facile che nel pieno della sua potenzialità non abbia più la costanza di continuare perché è durissimo, e allora si dedica ad altre discipline o ad altre cose. Brave ballerine ce ne sono alla Scala, in Italia, all’estero. In Russia non ne parliamo, c’è una scuola così buona che sforna bravissime ballerine. Il problema è la società che brucia le persone che fanno carriera, e allora è più difficile resistere e arrivare a una lunga carriera com’è capitato ad esempio a me.
Cosa ne pensa dei talent show come vetrina per i giovani danzatori?
Non servono a nulla perché il ballerino si forma sul palcoscenico. Si forma a contatto col pubblico perché è quello che ti mette alla prova ogni giorno. E importante fare spettacoli più spesso possibile e renderti conto che ogni giorno devi cominciare daccapo. Puoi avere avuto successo la sera prima ma il giorno dopo devi riconquistare un altro pubblico. Perciò è fondamentale ballare dal vivo, la televisione è completamente un’altra situazione.
Lei è stata un punto di riferimento, un simbolo per intere generazioni di aspiranti ballerine. Come ha vissuto questo successo?
Io ho sempre cercato di vivere la mia vita meglio che potevo e quando vedevo giovani che mi prendevano come esempio ero ben contenta perché mi sembrava che potessero imparare qualcosa. E allora non ho mai lesinato i consigli. E’ per quello che ho aperto una scuola insieme anche a Stefanescu, perché tutt’e due volevamo donare tutte le nostre conoscenze ai giovani affinché facessero più presto di noi. Certe cose io le ho imparate a venticinque anni, a ventisette anni: ecco, se si poteva impararle a venti era meglio. Non abbiamo mai tenuto per noi i nostri saperi, al contrario li abbiamo regalati. Non è stato un atto di generosità, lo abbiamo fatto con amore, con dedizione, perché è un piacere poter vedere un ragazzo che fa dei progressi e riesce a diventare più bravo, è una cosa bellissima.
Molte compagnie di danza stanno chiudendo. Lei che è attiva dal 1978 con l’Associazione Balletto Classico come vive questa situazione?
Noi facciamo molta fatica ad andare avanti. Non abbiamo una vita facile da nessun punto di vista, soprattutto finanziario. Ma abbiamo sempre puntato sulla qualità, non siamo mai andati dietro alle mode. I maestri russi dicevano che l’arte eleva lo spirito dell’uomo. Se l’arte punta lì non è possibile che il pubblico non venga conquistato perché abbiamo bisogno di elevarci. Quando c’è una bella giornata, un cielo azzurro di giorno o stellato di notte, rimaniamo affascinati. E così è per uno spettacolo. Dobbiamo mirare ai valori comuni a tutti gli uomini, non alle mode.
Quale consiglio vuole dare ad un giovane che desidera intraprendere una carriera nella danza?
Studiare, trovare bravi maestri e non credere mai di essere arrivato. Ad un giovane dico anche di fare ed ascoltare quello che i maestri dicono, di non accontentarsi e non stancarsi mai.
Cosa si augura per il futuro della sua compagnia?
Io spero di poter continuare, anche se ci sono momenti molto difficili. Ma credo ce la faremo poiché abbiamo ballerini che condividono la nostra idealità e che sono apprezzati anche all’estero, dove vengono spesso invitati. Ho fiducia nel messaggio che noi portiamo. Per il futuro vorrei fare tournée all’estero, mi piacerebbe tanto tornare a Mosca, dove ho lavorato e so che apprezzano la vera danza.

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