Da anni ci raccontano della morte del cinema, oramai soppiantato dal web che da casa ci permette di essere raggiunti da qualunque video o film lanciato su Internet. Il teatro, poi, è considerato defunto da tempo…. Finchè arriva l’intuizione geniale di due artisti che sono anche marito e moglie, Jaco Van Dormael e Michèle Anne De Mey. Kiss and Cry che ha inaugurato al teatro Politeama la nona edizione del Napoli Teatro Festival Italia, è la sintesi della simbiosi artistica di uno dei registi cinematografici belgi più famosi degli ultimi anni e di sua moglie, danzatrice e coreografa di fama internazionale. Attraverso telecamere di varie dimensioni, super tecnologiche, i realizzatori fanno rivivere il cinema nella sua essenza artigianale creando set e ambienti dal vivo con lo stesso spirito dei pionieri del cinema muto. Così davanti agli spettatori inizialmente increduli prende vita una narrazione che usa essenzialmente il linguaggio della danza attraverso la gestualità delle mani, riuscendo ad esprimere una schiera di sentimenti incredibili. Lo sappiamo da sempre che le mani sono l’organo più complesso del nostro corpo e i danzatori sperimentano su loro stessi che con il viso, sono l’elemento maggiormente espressivo. Ebbene in Kiss and Cry le mani riescono a raccontare di solitudine, attese, speranze, rancori, violenze ed addirittura sensualità ed erotismo con una magia davvero suggestiva che fa rivivere e rende attuali il giochino delle ombre cinesi. Lo spettacolo, creato nel 2011 e prodotto da Charleroi Danses e da Le Manège. Mons, ha girato in molti tour in Europa e Sud America ed in ogni Paese ha evidenziato suggestioni particolari. Il racconto è basato sui cinque amori importanti della vita della protagonista da quello più infantile a quello più duro e maturo, che vengono seppelliti nel buco della memoria che nasconde, deforma e idealizza soprattutto le mani e i contatti con esse avuti. Fino ad un sorprendente finale in cui l’emozione più forte e vera prende corpo in un ricordo indelebile. L’idea e la realizzazione sono veramente fantastiche, i tecnici , il regista e i danzatori si spostano sul palco con abilità e precisione annullando la post produzione cinematografica e creando dissolvenze incrociate dal vivo di rara efficacia. In scena il regista e realizzatore stesso, Van Dormael, i danzatori Michèle Anne de May e Gregory Grosjean, l’ infaticabile cameramen, Julien Lambert e la sua assistente Juliette Van Dormael, i datori di luce Bruno Olivier e Nicolas Olivier, i manipolatori di scena Gabriella Iacono, Stefano Serra e Ivan Fox, applauditissimi a fine serata. Tutto perfetto? Forse un po’ troppo lungo lo spettacolo, accompagnato da una voce narrante talvolta ridondante e che toglie un po’ di magia alla bellezza ed efficacia delle immagini e della nanodanza. E’ uno spettacolo adatto ad un pubblico di tutte le età che abbia voglia, tra l’altro, di tornare anche un po’ bambino e scoprire come nasce il cinema, come può evolvere la danza e ricordare che, anche dei semplici pezzetti Lego e delle miniature di plastica, possono creare mondi fantastici e poetici.
Roberta Albano