Joan Turner Jara
Da sinistra: Elisa Guzzo Vaccarino, Roberta Albano, Maria Virginia Marchesano.

NAPOLI – Giovedì 28 ottobre si è svolta una produttiva giornata di studi dedicata a Joan Turner Jara. L’incontro, avvenuto in modalità mista in presenza e online, è stato organizzato da AIRDANZA e dal CeSAL. Illuminanti contributi degli ospiti hanno movimentato il dibattito presso il Palazzo Corigliano dell’Università “L’Orientale”.

Una giornata di studi ricca e vivace ha avuto luogo, lo scorso giovedì 28 ottobre, nel Cinquecentesco Palazzo Corigliano, sede dell’Università “L’Orientale” di Napoli.
Prestigiosi ospiti sono intervenuti per delineare il profilo poliedrico di Joan Turner Jara, danzatrice, insegnante e attivista a cui la giornata è stata dedicata.
L’evento, infatti, è organizzato e promosso da ARIDanza – Associazione Italiana per la Ricerca sulla Danza, in collaborazione col CeSAL – Centro di Studi sull’America Latina.

La danza e la diversità culturale come ricchezza

Ha moderato il dibattito Roberta Albano, docente di Storia della Danza presso l’Accademia Nazionale di Roma e vicepresidente di AIRDanza. Nel ringraziare l’Università, ha passato la parola al prorettore Augusto Guarino.

Il professore, a nome dell’Orientale, si è dichiarato contento e onorato di accogliere nella sontuosa Sala Conferenze di Palazzo Corigliano una giornata di studi sulla danza. Ha precisato poi che l’università non si occupa solo delle lingue ma si interessa soprattutto alla diversità culturale in tutte le sue forme, anche quella dello spettacolo. Stimolo di ricerca per L’Orientale è inoltre la didattica non verbale, di cui la danza è un esempio.
Ha ricordato, infine, che proprio l’arte tersicorea ha svolto un ruolo fondamentale nel governo di Salvador Allende, nel Cile dei primi anni Settanta. Un’importante esperienza culturale, oltre che politica, troppo spesso ignorata.

Il professore Vincenzo Arsillo, presidente del CeSAL, ha sottolineato poi che il mondo dell’America Latina ha una ricchezza culturale stratificata. Un mondo che è ancora postcoloniale ma che non ha perso lo spirito precoloniale. Infatti, proprio in Brasile è nato uno dei massimi coreografi contemporanei, Ismael Ivo, direttore della Biennale Danza di Venezia dal 2005 al 2012.

Ha concluso questa prima sezione di saluti istituzionali la professoressa Enrica Palmieri, direttore dell’Accademia Nazionale di Danza. Attingendo alla propria esperienza, la Palmieri ha rievocato quando, studentessa a New York, ha incontrato una danzatrice cilena. Era la seconda metà degli anni Settanta e molti fuggivano dal Cile, un paese instabile dopo il golpe ai danni di Allende.

Le migrazioni sono la linfa della nostra cultura. A prescindere dalla causa scatenante, il transito delle persone lascia semi importanti che, germogliando, danno vita a forme culturali preziose. Senza questi trasferimenti, la cultura sarebbe sterile. Respirare influenze culturali che provengono da altrove ci rende esseri umani contemporanei.

Ha augurato, infine, che questa giornata sia solo la prima di numerose dedicate a danzatori, poiché gli artisti sono figure indispensabili per “impollinare” il nostro pianeta.

Joan Turner Jara

È intervenuta, in seguito, Elisa Guzzo Vaccarino: giornalista, critico e storico di danza, autore di numerosi volumi sull’arte tersicorea. Col suo sapiente intervento, ha quindi ripercorso la vita professionale e personale di Joan Turner Jara.
La Vaccarino ha definito se stessa «un’europea travolta dall’Amerca Latina» proprio come Joan Turner. La danzatrice proviene infatti dalla società inglese, che è classista e coloniale. Turner, dunque, guarda all’America Latina come una terra dove è possibile cambiare il mondo e la propria vita.

Joan Turner nasce in Inghilterra il 20 luglio 1927 ed è allieva di Kurt Jooss, da cui apprende la danza d’espressione tedesca. Jooss le trasmette anche la concezione della danza quale arte impegnata, che veicola un messaggio sociale.
La politica e la danza, ha infatti sostenuto la Vaccarino, sono sempre legate. Nel 1933 appunto Kurt Jooss è costretto a lasciare la Germania, a causa delle pressioni naziste, e a rifugiarsi in Inghilterra. Qui fonda la scuola Jooss-Leeder la cui sede è stata di recente restaurata dal tersicoreo Wayne McGregor, attuale direttore della Biennale Danza di Venezia.

La danza come forma di lotta sociale

Diplomata nel 1947, Turner ricopre presto ruoli di spicco nella compagnia di Jooss. Sposa poi Patricio Buster, danzatore cileno, precedentemente solista presso il Balletto Cileno. 
I due si recano quindi in Cile, nel 1954, dove insegnano danza divulgando gli insegnamenti di Jooss.
Patricio Buster realizza balletti incentrati sulla lotta per l’identità, visione condivisa in pieno da Turner tanto che le si attribuiscono coreografie ideate in realtà dal marito. 
La danza di Buster in effetti riflette il debito, mal digerito, che l’America Latina ha nei confronti della cultura europea e di quella autoctona. Per il marito, Turner interpreta personaggi impegnati come “la madre” e “la partigiana”. 

Guardatevi allo specchio e guardate fuori dalla finestra, diceva Patricio Buster ai propri allievi. Nel senso che è importante guardare a sé, alle proprie radici, ma senza mai dimenticare di osservare anche ciò che ci circonda, l’altro da sé.

Patricio collabora spesso con il cantautore, compatriota, Victor Jara.
Si crea dunque una nuova combinazione di affetti e nel 1960 Joan Turner sposa Victor, da cui prende il secondo cognome. Joan e Patricio restano comunque in buoni rapporti tanto che fondano il Centro de Danza Espiral, oggi sede del Balletto Nazionale Cileno.

Il golpe che depone Allende, nel 1973, e la scomparsa di Victor Jara costringono Joan Turner e le sue figlie a lasciare il Cile. La danzatrice vi fa ritorno negli anni Ottanta in cerca della verità sulla morte del secondo marito, e la otterrà dopo quarant’anni di lotta. 
In seguito, Turner erige una fondazione in onore di Victor Turner e mantiene attivo il gruppo Espiral.

Elisa Guzzo Vaccarino ha concluso il proprio intervento sottolineando che la figura di Joan Turner Jara è rara ma non unica. Nella storia della danza ci sono altri esempi di donne europee, intelligenti, progressiste che decidono di cambiare paese, e vita, e legano la propria arte alla lotta sociale. La Vaccarino ha invitato quindi gli storici ad approfondire lo studio di queste danzatrici.

La rivoluzione pacifica del Cile

È stato poi il turno di Raffaele Nocera, professore di Storia dell’America Latina presso l’Università “L’Orientale”. Questi ha evidenziato che nell’immaginario comune, europeo e non, il Cile è percepito come un piccolo Stato. Un paese stabile, dove non avvengono rivoluzioni “gloriose” pari a quelle di altri paesi dell’America Latina. 

Cuba, nel contesto sud-americano in particolare, aveva mostrato che era possibile prendere il potere con la lotta armata. In questo panorama il Cile si instaura come una novità, rappresentata dalla via pacifica di Salvador Allende. 

Gli anni Cinquanta e Sessanta sono fondamentali per l’America Latina, caratterizzati da profondi mutamenti socio-culturali. Il fermento artistico è tale in Cile da dare origine a fenomeni culturali quali la Nuova Canzone Cilena di cui Victor Jara fa parte. In questo fertile clima, i partiti di sinistra cileni pongono le basi del loro progetto politico e culturale.

I risultati di questo lungo cammino si hanno nel 1970 con l’elezione di Salvador Allende. In Cile scoppia una rivoluzione culturale caratterizzata da gioia e allegria, da manifestazioni pacifiche a favore delle classi operaie e contadine. Si realizza così il paradosso della dittatura che riesce a creare un paese civile attraverso la cultura. 

Non è un caso che la colonna sonora delle recenti manifestazioni in Cile, nel 2019, sia la canzone di Victor Jara: Il diritto di vivere in pace.

Insegnare danza: formare nuove generazioni di cittadini

Ha quindi preso parola Maria Virginia Marchesano, docente di Tecnica classica e Storia della Danza presso il Liceo Coreutico “E. Pascal” di Pompei.

La Marchesano ha esordito sostenendo che i tre protagonisti di queste vicende, Joan Turner, Patricio Buster e Victor Jara rappresentano un esempio di arte come esercizio di amore.
Turner in quanto danzatrice, insegnante, e soprattutto attivista ha indicato la strada per dare senso alla vita attraverso la danza. 
Buster è il simbolo della danza in Cile, intesa quale forma di impegno sociale.
Jara, con la sua musica, ha dato voce agli emarginati e ai diversi.

Infine, attingendo alla propria esperienza professionale, la Marchesano ha ribadito che ogni insegnante di danza non dovrebbe limitare a trasmettere solo la disciplina ai propri allievi. Non trasmettere solo nozioni, passi e tecnica: gli insegnanti di danza sono responsabili della creazione di nuove generazioni di cittadini e danzatori.

È questa una delle più alte lezioni che abbiamo appreso dalla vita e dal lavoro di Joan Turner Jara grazie alla giornata di studi a lei dedicata.

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