TORINO – Ci troviamo alla Cascina Roccafranca, centro socio-culturale polivalente situato nel quartiere Mirafiori Nord di Torino. Ancora una volta, tra chi studia o lavora o chi semplicemente fa un aperitivo e una chiacchiera, Interplay mette su qualche sedia e trova lo spazio per fare danza. Sono tre le performance, estremamente differenti eppure in qualche modo accomunate.

Dal Bolero alla Spagna fino alla danza integrata

Si comincia con HOW TO_just another bolero di Emanuele Rosa e Maria Focaraccio. Due corpi vestiti unicamente di uno slip rosa fluo si muovono sulle note del Bolero di Maurice Ravel andando a creare diciotto immagini, come diciotto sono le ripetizioni del tema. Interessante il modo in cui la composizione perda il suo carattere erotico, anche di fronte ad una quasi totale nudità. Le diciotto immagini infatti si plasmano l’una nell’ altra, i due corpi si cuciono fra loro. I performer paiono animali in cattività: cercano il proprio spazio vitale, sono costretti in una gabbia, priva di sbarre ma allo stesso tempo divenuta familiare e casalinga. Sembrano aver dimenticato la propria natura e le norme di comportamento. Ne viene fuori un gesto che oscilla tra toni drammatici e ironici; un movimento disperato e goffo. Un lavoro profondamente attuale in un momento in cui l’uomo contemporaneo sembra aver smarrito la propria identità.

Continua poi il focus sulla Spagna con FIGHT della compagnia LASALA diretta dalla coreografa Judith Argomaniz. E ancora un compositore vissuto tra otto e novecento, Camile Saint Saëns. Ma le performer, Garazi Etxaburu e Miren Lizeaga, ricordano due atlete di lotta libera e si addicono maggiormente allo stile di MIA, cantante britannica che fonde elementi di hip hop, reggae, dancehall, elettronica e funk. E ancora viene sviscerata una componente umana: la lotta, presente nelle dinamiche relazionali fin dall’inizio dei tempi. Da movimenti primordiali a gesti che richiamano il puro esibizionismo, le danzatrici, espressive e tecnicamente impeccabili al contempo, lottano fra loro, contro se stesse e contro il pubblico. Finché non si spogliano del superficiale e sembrano mostrare il loro lato più vulnerabile e autentico.

L’importanza di far trovare insieme danzatrici con e senza disabilità

Il trittico si è concluso con la RE-ACTION Integrated Dance Company diretta da Elena Bollati. Dieci minuti per conoscere una realtà importante. In questa compagnia, nata come evoluzione del “Gruppo Performer” dell’ Associazione Ballo Anch’io, danzatrici con e senza disabilità fisico-motoria lavorano insieme. Attraverso la danza moderna e contemporanea combattono gli stereotipi e promuovuono l’integrazione di persone diversamente abili nel contesto artistico e culturale. Le quattro performer (Giovannella Porzio, Aurora Richiero, Giulia Bonomo e Ilaria Spagnolini) si sfiorano, si attivano vicendevolmente e si incastrano tra loro. Così la carrozzina non simboleggia mai un limite, bensì si fa strumento di ricerca espressiva e coreografica.

Interplay sta ormai volgendo al suo termine. E si può dire che dopo due anni di precarietà sia tornato più forte e agguerrito di prima. Ogni territorio meriterebbe una realtà di questo tipo che si impegni nella valorizzazione del locale, nel dialogo e nello scambio a livello internazionale, nella visibilità di arte sperimentale e nall’integrazione sociale. Insomma il Festival non ha di certo deluso e sembra aver mantenuto le sue promesse. Questa edizione, intraprendente, sfacciata e viva, ben si pone in quel processo di ricostruzione identitaria che il mondo artistico, culturale e sociale deve affrontare.



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