TORINO – Interplay aveva promesso di tornare a vivere nel tessuto urbano della città. E così in un sabato come un altro al Parco del Valentino, tra bambini che giocano chi fa sport e chi beve una birra, si fa danza. Senza alcun bisogno di palcoscenico e platea. Sono i performer con le proprie coreografie e il pubblico a delineare lo spazio scenico. Il pomeriggio è dedicato alla Spagna e a iniziare è la compagnia MARCAT DANCE.

La danza tellurica della MARCAT DANCE

L’ambientazione sembra giusta per ADAMA di Mario Bermudez Gil. I tre danzatori (Mario Bermudez Gil, Catherine Coury e Marilisa Gallicchio) si sporcano i vestiti di terriccio ed erba, un po’ come ragazzini che giocano, in una danza tellurica che richiama e ricerca un rapporto antico e profondo con la natura. Sulla musica originale di Pablo Polo si sviluppa un ballo evocativo del libero arbitrio della Natura, che libera parzialmente questi tre corpi ma destinati a rimanere intrappolati nell’essere umani. Il coreografo si è ispirato al paesaggio della sua città natale, Vilches. Terra rossa e natura sì ma anche tradizione, popolo e antenati cresciuti nei dettami tellurici. Un gesto gioioso e dinamico che in poco più di dieci minuti riesce a trasmettere tutto questo.

La brutalità umana secondo la PROYECTO LARRUA

Subito dopo tocca alla compagnia PROYECTO LARRUA diretta da Jordi Vilaseca e Aritz López. L’arrivo dei tre performer (Maddi Ruiz de Loizaga, Miguel Ballabriga e Aritz López) viene accompagnato dal suono di una campana. Una di loro trascina gli altri legati con una corda sollecitandoli con un bastone. IDI-BEGI mette in scena proprio il cosiddetto “arrastre de piedra”, vale a dire il trascinamento delle rocce fatto dai buoi durante i giochi conosciuti come Idi-Probak nei Paesi Baschi. Ancora una volta quindi il movimento è strettamente connesso a un preciso territorio. Ma se prima era gioioso e in cerca di una qualche connessione con lo spirito e la natura, qui sviscera la brutalità umana. Il punto di vista privilegiato è quello dell’animale. La sua sofferenza, la sua sottomissione e la sua dipendenza nei confronti dell’uomo. E quest ultimo viene mostrato nella sua posizione di forza e controllo finchè pare transformarsi anch’esso in una bestia. Una potente denuncia non solo di una pratica locale ma in generale della prepotenza umana.

Insomma Interplay 2022 ha mantenuto al meglio la sua promessa di fare della città di Torino un palcoscenico vivo. La danza esce dagli spazi istituzionali, invade le strade e impone la sua esistenza e essenza. L’entusiasmo e l’interesse arrivano certo dagli spettatori abitudinari ma anche da curiosi e passanti. Un segno che forse non è tanto il pubblico a non avere bisogno della danza contemporanea quanto piuttosto sia quest’ultima a necessitare di maggiore spazio, attenzione e dignità da parte degli operatori.

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