Foto di Ciccio Merolla

Damaru significa tamburo indiano ed è un oggetto caro al dio Shiva, dio della vita e della morte o meglio della rigenerazione e ne rappresenta proprio il significato, quello della costante rinascita della vita di tutti i fenomeni.

Il tamburo è, quindi, l’icona del ritmo, del ritmo ancestrale, primordiale che muove il corpo alla danza, ritmo come successione di suoni di tutti i tipi. Lo spettacolo di Maria Grazia Sarandrea e Ciccio Merolla è proprio uno studio ed un viaggio attraverso i ritmi dell’Oriente. Il percussionista Ciccio Merolla, ideatore ed esecutore della performance, ha una fortissima maestria nel creare suoni molto variabili, potenti, ritmati, più lirici, con l’aiuto di una vasta gamma di strumenti percussori. Lui ed il suo suono si stagliano in una buona metà del palco del Teatro San Carluccio ed egli passa da uno strumento ad un altro creando sempre improvvise variazioni e trascinando il pubblico attraverso il suo viscerale entusiasmo. Nell’altra metà del palco, c’è lo spazio destinato alla danzatrice (anch’essa ideatrice ed esecutrice), che esordisce con una lenta camminata coperta da un cappello nero nella danza della vita e della morte. Proprio a due passi da lei: il tamburo, il vero protagonista.

Le danze si alternano con il giusto tempo, viaggiando dall’India, al Giappone ed oltre, i costumi variano e danno inizio alla danza dei mudras, alla danza del pavone, a quella dei ventagli e della maschera. La trasformazione, il trasformismo, la continuità dominano e direzionano queste danze, varie, di pagine di storie differenti, ma tutte accomunate dal ritmo del tamburo e da un movimento sempre costante, quello dello svelamento, dell’inizio, della fine, della durata.

Tutti i cambi avvengono in scena e sono preludi alle danze: la danzatrice sprigiona lo sguardo verso il pubblico con dolcezza e concentrazione e non si perde neanche un minimo suono che proviene dalle percussioni del musicista. Si percepisce una forte continuità ritmica, narrativa, una storia del ritmo, un’illustrazione dell’entità e della diversità di esso.

Rosso, nero, bianco sono i colori che guidano la donna nel suo percorso etno-storico ed attraverso le metamorfosi con le vesti che utilizzano solo il corpo come mezzo espressivo. Le braccia sono un grande tramite in queste danze, hanno il ruolo di essere trasmettitrici di forza energica. Ogni quadro, solo poche volte segnato da un’uscita di scena della danzatrice, si anima di sapori, profumi, ritmi, culture e messaggi diversi e vari.

Il percorso è quello di una donna che, pian piano, rivela la sua purezza, si purifica dunque, in un viaggio a ritroso che finisce e ricomincia, proprio come la vita e la morte. Le ultime danze, infatti, sono molto giocose, ironiche, infantili, mirano a decostruire lo spazio per crearne un altro in cui poter ricominciare da capo. La donna si sta trasformando, sta rinascendo dentro il ritmo e con il ritmo, fuoco ed alimento del cambiamento.

Nell’ultimo quadro la donna diventerà un serpente che dispensa offerte dal suo ventre, si sarà rigenerata in altro corpo, in un processo di trasformazione di energia.

Il cambio dei vestiti e la presenza degli oggetti e dei vari strumenti rende tutto molto dinamico e narrativo e tiene l’attenzione sempre viva. Entusiasmante ed eccezionale l’energia positiva e pura dei due performers che sono riusciti a rapire il pubblico in un viaggio etnico, collettivo e dell’anima.

Maria Grazia Sarandrea è danzatrice, coreografa, ideatrice del Tribal Jazz, una danza che nasce dall’incontro di ritmi e movenze tribali con il nostro mondo espressivo, la nostra cultura. Studiosa di danze etniche, la Sarandrea, ha svolto ricerche sul campo in India e Indonesia, incontrando e studiando con maestri di fama internazionale. Ha lavorato come coreografa in televisione (RAI3) ed è stata ospite in diverse trasmissioni quali ‘Uno mattina’, ‘Alle Falde del Kilimangiaro’. Tra le sue produzioni teatrali, gli spettacoli: ‘Funi, 2 ma non 2’, ‘Uzumè che danza’, ‘Trib Hop!’, ‘Syrene’, ‘Yoga Tales’. Ha curato le Rassegne ‘Estasi e Possessione nella Musica e nella Danza’ e ‘La Danza e la Preghiera’ presso il Teatro Vascello di Roma; curatrice del festival ‘A piedi nudi nel parco’ a Napoli. www.tribaljazz.it

Ciccio Merolla è un musicista napoletano di gran carisma e talento indiscutibile, è oggi uno dei percussionisti-rapper più accreditati del panorama musicale italiano attivo da ormai vent’anni, dopo l’esordio con i Panoramics nel 1989 è diventato il percussionista di fiducia per buona parte della scena musicale partenopea. Nel 2004 arriva il primo album solista “Nun Pressa’ O Sole” (Taranta Power/Rai Trade); un disco di sole percussioni, dove i ritmi etnici si sposano con ritmi funky, hip hop e techno. Nel 2008 pubblica il suo secondo album KOKORO e stavolta Merolla si lascia andare anche al canto rap. L’album raccoglie consensi di critica e pubblico, consensi che gli valgono il premio Lunezia nella sezione etno – music. Nel 2009 il brano “Femmena boss” contenuto nell’album Kokoro diviene un videoclip con la regia di Toni D’Angelo premiato alla VI edizione di Roma video clip ed entrato nella playlist di MTV. Nel 2011 pubblica l’album “Fratammè”, accolto con entusiasmo dalla critica e dal pubblico, risultando uno dei più interessanti dischi dialettali dell’anno. Il singolo omonimo si posiziona per diverse settimane nella top 20 della indie music like, entrando in rotazione in oltre 500 radio italiane, ottenendo successo anche in Germania e in Svizzera. http://www.youtube.com/cicciomerolla

 

 

 

Damarù

di e con Maria Grazia Sarandrea e Ciccio Merolla

produzione compagnia Balletto ‘90

durata 50’

Napoli, Teatro San Carluccio, lunedì 22 dicembre ore 19 e 21.

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