NAPOLI – La platea è piena nel Salone delle Feste di Villa Campolieto a Ercolano, a dispetto del caldo della domenica sera 10 settembre. Non trovando più posto a sedere, il pubblico si dispone anche in piedi lungo le pareti affrescate. Sul pavimento sono già presenti alcuni oggetti di scena – una spada, icone sacre – della performance che inizierà di lì a poco. Il Canto delle Mani, storica coreografia di Gabriella Stazio per Movimento Danza, torna per il secondo anno di seguito al Festival Ethnos.

“Benvenuti al quarto giorno della XXVIII edizione del Festival Ethnos”, ha esordito il direttore artistico Gigi Di Luca. “Anche quest’anno, il Festival si propone di promuovere il territorio, portandovi ogni sera in un luogo differente, e favorire l’incontro con altre culture, con una programmazione di successo. Dopo una serata dedicata all’Asia, il tema di questa sera è proprio Napoli. Assisterete quindi al Canto delle Mani di Movimento Danza, già ospite l’anno scorso, cui seguirà una esibizione della Banda del Sud. Le arti contemporanee devono abbracciare l’antico, questo è l’unico modo per mantenere in vita e studiare la nostra storia”

Due danzatrici – Sonia Di Gennaro e Francesca Gifuni – entrano in scena attraverso la porta sul fondo della sala. Indossano abiti bianchi, pantaloni, la vita stretta da un nastro rosso come rosso è il foulard che circonda le spalle. Ha inizio così una danza che mescola sacro e profano, serio e scherzoso, balli popolari e danza contemporanea.

Una danza che si svolge in cerchio – come un rito – che sfrutta differenti piani di altezza. Si avvicendano momenti di lotta tra le due donne, processioni religiose, feste gioiose, possessione sacra. E poi: un duello con spada e archetto – sì, quello del violino impugnato come una sciabola; il lancio dei petali di rose per la festa della Madonna; l’esorcismo dell’invasata, una folle che fugge davanti lo specchio rotto. Numerosi sono infatti gli oggetti di scena: le icone sacre sparse sul pavimento, gli ombrelli, i fazzoletti grandi e piccoli. Tutto in soli due colori: bianco e rosso, archetipi femminili.

Ma le vere protagoniste della danza sono le mani: mani che parlano attraverso gesti secolari, raccontano storie di inclusione, contaminazione, connessione di Napoli con il resto del mondo, tra passato e presente. Un confronto generazionale che si manifesta in scena anche attraverso l’intesa perfetta tra Sonia Di Gennaro e Francesca Gifuni. Nel Canto delle Mani, la relazione tra le due danzatrici cambia di volta in volta, asseconda la musica – originale di Luigi Stazio, popolare di E’ Zezi Gruppo Operaio di Pomigliano d’Arco e della tradizione campana. Gli sguardi tra le due artiste si fanno ora di sfida nei momenti di duello, ora giocosi nei balli di festa, ora persi all’orizzonte durante i rituali sacri.

Il pubblico, immerso totalmente nella suggestione della performance, ha perso anche la cognizione del caldo. Per quanto Villa Campolieto abbia offerto una cornice interessante al Canto delle Mani – l’architettura in trompe-l’œil ha instaurato un gioco di contrasti nobile/popolare con la coreografia – il Salone delle Feste non è forse la location più adatta ad ospitare performance. La disposizione delle sedute in platea, in particolare, limita la visione di ciò che accade in scena. Ciononostante, soddisfatto è stato l’applauso del pubblico che ha esitato ancora un po’ prima di andare via.

Ripreso dopo quasi 20 anni, Il Canto delle Mani ha già affascinato il pubblico del Festival Ethnos per due anni di seguito e della Municipalità VIII di Napoli, lo scorso dicembre. L’appuntamento con questa storica coreografia di Gabriella Stazio per Movimento Danza è quindi previsto per il 22 ottobre al Ra.I.D. Festivals di Solofra.

Iscriviti alla Newsletter