Home Attualità Gelsomina Dreams, spettacolo intimo e raffinato della blucinQue

Gelsomina Dreams, spettacolo intimo e raffinato della blucinQue

566

TORINO – Le luci in sala sono ancora accese e gli ultimi arrivati stanno entrando quando Paolo Stratta sale sul palco. Annuncia l’inizio dello spettacolo da lì a breve, si rivolge al pubblico, qualcuno viene salutato per nome, qualcun altro viene preso bonariamente in giro. Al Teatro Colosseo sembra una serata intima, quasi un ritrovo fra vecchi amici. Poi chiama la mezza sala. Infine «Azione!».

Gelsomina (interpretata da Elisa Mutto) è una ragazza che forse molti definirebbero “originale”. Malinconica e entusiasta allo stesso tempo. Porta il nome di uno dei personaggi che diede notorietà al grande maestro Federico Fellini. La ricorda nelle vesti, nel sentimento dolce e a tratti ingenuo che infonde, e chiaramente nella realtà d’appartenenza, il circo. Così lo spettatore viene portato nel mondo dei ricordi e dei sogni della protagonista.

La poetica attiva dei prismi di Borges

Gelsomina Dreams è proprio un omaggio al genio di Fellini della regista e coreografa Caterina Mochi Sismondi. Ecco quindi scene corali che ricordano i paparazzi e i divi de La dolce vita o immagini oniriche che richiamano l’atmosfera di 8½. La stessa scenografia appare come un set, piuttosto cupo e dismesso, ma pronto in qualsiasi momento a trasformarsi in una piazza viva, palcoscenico di arti circensi. Come pure la musica live trasporta facilmente nel mood felliniano. Ma attenzione. Se i testi si ispirano alle poesie di Luis Borges, anche l’estetica dello stesso autore si diffonde all’interno della messa in scena. Borges dichiara la supremazia della “poetica attiva dei prismi”, capace di forgiare una visione personale, sull’ “estetica passiva degli specchi”, che tende a trasformare l’arte in copia.

Così si sviluppano una serie di quadri. In ciascuno dei quali spicca una certa personalità, con la propria esperienza e specificità. Ognuno porta la propria idea di sogno, di circo e di cinema felliniano. Gli interpreti della blucinQue si distinguono per impeccabilità della tecnica e originalità. I virtuosismi si inseriscono perfettamente all’interno della linea drammaturgica. Dalla danza al tessuto fino a eccezionali pratiche acrobatiche. E Gelsomina, inizialmente intrappolata in abiti pesanti e più grandi del necessario, alla fine trova la libertà nel librarsi in aria con il suo cerchio aereo.

Un’efficace riflessione sull’arte

Il lavoro della Sismondi appare raffinato, profondo, sensibile e non manca un tocco di ironia. Se 8½ viene considerato un film autoreferenziale in cui la componente meta-cinematografica è centrale, Gelsomina Dreams non solo propone un’efficace riflessione teatrale sul cinema, ma anche sul circo stesso e più in generale sull’arte. E come il sogno rappresenta un tema universale nel mondo felliniano, così Gelsomina non è altro che portatrice dei sogni di tutti noi attraverso un percorso difficile ma fatto anche di bellezza e speranza.

Un’ultima considerazione va posta su un’altra componente fondamentale dell’esperienza creata dalla compagnia blucinQue, ovvero il pubblico. Non costretto immobile nella sua gabbia-poltrona, non sembra passivo ma dinamico. Costituito tanto da bambini, famiglie e curiosi quanto da giovani e professionisti, non si preoccupa di abbandonarsi a un plauso fuori tempo o un commento sottovoce. Si tratta del pubblico che la Compagnia e la Cirko Vertigo rincorrono e sensibilizzano con lavoro costante. D’altronde, lo stesso Fellini era affascinato dalla realtà del circo, dei “diversi” e degli emarginati. E non è difficile immaginarlo tra quella platea ammaliato di fronte alle scene di Gelsomina Dreams.

Direzione Caterina Mochi Sismondi

Creazione e Performance Elisa Mutto, Alexandre Duarte, Federico Ceragioli, Vladimir Ježić, Michelangelo Merlanti e Ivan Ieri

Con la partecipazione di Nina Carola Stratta e Paolo Stratta

Light design Massimo Vesco

Musica originale Beatrice Zanin e Nicolo Bottasso

Fonica Davide Boido e Andrea Ruta

Costumi Federico Bregolato e Carla Carucci

Foto Andrea Macchia

Iscriviti alla Newsletter