TORINO – Torniamo al nostro caro Café Müller, teatro polivalente in pieno centro di Torino. Spazio ideale per ospitare Franca Pagliassotto e il suo lavoro Evocative Triptych.

La coreografa e regista ha collaborato per anni con il coreografo brasiliano Ismael Ivo. È proprio con lui che, nell’ambito del Festival International Impuls Tanz, ha definito la creazione di un progetto di contaminazione tra arti differenti, con l’intento di abbattere quei confini invisibili. Ed è questa l’idea che da vita anche a Evocative Triptych in un percorso che passa attraverso la danza, il cinema e la letteratura.

Un ambiente claustrofobico

La Pagliassotto vuole raccontare un punto di vista difficile, quello femminile. Quello che spesso ritroviamo nelle pagine di cronaca. Lo sguardo di donne costrette ad esperienze traumatiche, ad una violenza e una soggezione terribili. Non le chiameremo vittime, o almeno non solo. Costrette anche a rialzarsi, a ricucire le ferite per quanto sia possibile.

Così l’ambiente si fa claustrofobico, evocando tutta la frustrazione e l’angoscia: luci calde e fioche, nebbia e ritmo incalzante. C’è una sorta di brandina al centro della scena, perché le interpreti partono da posizioni supine per poi trovare la propria posizione eretta.

La citazione a Pina Baush e il Tanz Theater

A legare ulteriormente il Café Müller alla creazione della coreografa torinese è la citazione a Pina Baush. La chiave interpretativa di Evocative Triptych è infatti il concetto di Tanz Theater. Siamo di fronte a vere e proprie narrazioni, seppur non sempre lineari, che raccontano storie diverse ma legate da quel fil rouge che è la lotta femminile. In questo trittico coreografico i danzatori (Elisa Mutto, Elisa Viola, Claudia Eugenia Morello, Irene Rivella, Luca Tomasoni) appaiono di alto livello tecnico, ma soprattutto espressivamente coinvolti e coinvolgenti. Il movimento si fa a volte convulsivo e fremente, a volte flebile come se stesse combattendo per la sopravvivenza, a tratti anche tenero.

Uno sguardo doloroso e forte

Particolarmente interessante il singolo centrale, interpretato da una bravissima Claudia Eugenia Morello. Sembra ricordare quel momento in cui ogni donna può rispecchiarsi: tornate a casa, ci spogliamo di vestiti, trucco e fatica, lasciandoci andare a gesti quasi innaturali, strambi forse per liberarci degli “abiti pesanti” che spesso ci tocca indossare.

La Pagliassotto utilizza ingredienti differenti (discipline, influenze, epoche ed esperienze diverse) e li mescola in un unico sguardo, doloroso e forte. Il Taetro Café Müller sembra trasformarsi in una vecchia sala d’essai, mentre il pubblico guarda un toccante film surrealista.

Iscriviti alla Newsletter