Campadidanza Magazine ha lanciato quest’anno la prima edizione di “DANCE REWRITE – Bando di giornalismo e ricerca per Under 35”. Un bando rivolto a coreografi, danzatori, performer ed insegnanti di danza, così come studenti, ricercatori, operatori sociali, docenti e a chiunque volesse contribuire ad una nuova e diversa visione della danza.

Ai partecipanti abbiamo chiesto di scrivere un articolo scegliendo fra tre ambiti: attualità “Come cambiare la danza con l’emergenza COVID-19; nuove prospettive di Didattica e Metodologia della danza; rilettura critica di un/una artista della danza del ‘900.

In tanti hanno risposto e, alla fine, una giuria di esperti composta da Roberta Albano, Alessandro Toppi, Lorenzo Tozzi e Raffaella Tramontano ha scelto i vincitori i cui articoli sono stati pubblicati sul nostro sito.

La giuria ha poi deciso anche di pubblicare alcuni articoli giunti in finale. Di seguito l’articolo della finalista per la sezione Rilettura critica di un/una artista della danza del ‘900, Simona Chiusolo.

Buona lettura!

Pearl Primus: black dancers matter

Febbraio 1943, New York. Pearl Primus debutta con le coreografie Americam Cerimonial, Strange Fruit, Hard Time Blues e Rock Daniel, quattro movimenti indipendenti sull’orrore della violenza razziale. E’ il debutto della pioniera della danza africana negli Stati Uniti, un’artista la cui opera dall’attivismo politico, già centro dell’indagine del New Dance Group, si sposterà verso una restituzione delle danze e cerimonie dall’Africa, studiate in qualità d’antropologa.

Quale posto occupa oggi Pearl Primus nella conoscenza coreutica?

Maggio 2020, Minneapolis. George Floyd muore. Un ginocchio sul suo collo per otto minuti, un solo movimento, purtroppo non unico, sull’orrore razziale. È anche alla luce delle ultime manifestazioni antirazziste che stanno attraversando il mondo e delle crescenti onde nazionalistiche che fanno da muro a quelle migratorie che viene da chiedersi quale posto Pearl Primus occupi oggi all’interno della nostra conoscenza coreutica e quale ruolo siamo disposti a dare al suo insegnamento.

Quello di una donna la cui poliedria lavorerà interdipendentemente al fine di restituire dignità a quei corpi che per colore e appartenenza sociale erano stati esclusi dal mondo della danza. Ambivalente il suo ruolo, da un lato un corpo che parla d’Africa, dall’altro una formazione nel cuore della Modern Dance americana, da cui nascono le sue prime coreografie.

Strange Fruit, “pistola nella lotta di classe”

Strange Fruit in particolare è danza di un corpo politico, il cui movimento si fa “pistola nella lotta di classe”. Ispirato dalla poesia di Lewis Allan, gli strani frutti sono quei corpi neri e privi di vita troppo spesso esposti alla folla sugli alberi del Sud degli Stati Uniti.

Nell’assolo una donna che, dopo aver assistito al linciaggio, si lascia attraversare emozionalmente dalla vicenda, rintracciando nel movimento il ritmo delle parole e segnando così un primo passo verso il riconoscimento artistico della danza afro americana negli Stati Uniti.

Il tentativo di donare valore artistico alla danza dei neri

Proprio questo, infatti, sembrerebbe essere l’ardore che motiverà la Primus, ovvero il tentativo di donare valore artistico alla creazione e alla danza dei neri d’America e di ritrovare attraverso il movimento quella connessione con l’antica terra d’origine.

Sarà seguendo il richiamo delle radici che l’artista accetterà poi quella borsa di studio che le consentirà di studiare le danze e i riti tradizionali di Paesi tra i quali Nigeria e Ghana.

Una ricerca condotta da Omowale, ovvero “bambino che ritorna a casa”, come fu ribattezzata e che sfocerà nella sua tesi di dottorato in antropologia. Un cammino pionieristico quello della Primus che ha dovuto confrontarsi con pregiudizi non solo sociali ma anche più strettamente coreutici.

Può la danza essere mezzo di protesta pacifica?

Può il suo vissuto aiutarci a ripensare alla danza come mezzo di protesta pacifica? Come atto eloquente e visibile che si faccia carico di diffondersi e raggiungere spazi sociali normalmente esclusi? O forse potrebbe, come la stessa Primus ci ha insegnato, farsi canale di conoscenza e di educazione alla tolleranza affinché l’arte sia quell’ insieme essenziale di valori cui ciascuno possa attingere per contribuire allo sviluppo delle civiltà?

La figura di Pearl Primus non incarna solo un approccio teorico ad una nuova danza, ma riporta l’attenzione su danze altre che si sviluppano su canoni completamente diversi da quelli dell’Occidente. Che accadrebbe se ci si confrontasse in maniera più costante con il corpo poliritmico e polidemocratico delle danze africane? 

La danza come riscatto sociale

Quali opportunità di reciproco rispetto potremmo trarre dall’incorporazione di pratiche altrui? E infine, la danza può ancora essere mezzo di riscatto sociale e canale di conoscenza contro l’odio?

Per la Primus fu soprattutto medicina contro le ingiustizie sociali e perché non immaginarne una, attraverso il suo esempio, per tutti i George Floyd odierni e del passato, che prevenga la violenza futura e accolga coloro che hanno dovuto fare del movimento volontario o forzato la propria vita, se non sopravvivenza.

Simona Chiusolo

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