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Quando parla è un fiume in piena. Solare, eclettica, determinata, Alessandra Panzavolta – nata a Udine e cresciuta a Milano – travolge l’interlocutore con la sua esuberanza. Grande competenza professionale, frutto di anni di lavoro al fianco di nomi importanti della danza (uno fra tanti, Mario Pistoni), ha firmato la ripresa coreografica de Lo Schiaccianoci in scena al Teatro San Carlo.

Com’è nata la sua passione per la danza?

Nel modo migliore, guardando Giselle in televisione con Carla Fracci ed Eric Bruhn! Avevo due anni e mezzo, posso dire di aver imparato prima a ballare e poi a camminare.

Quali sono state le difficoltà nel suo percorso artistico?

Quelle di associare la danza allo studio, non volevo rinunciare al liceo e all’università per diventare una ballerina. La cultura è fondamentale, mi interessa capire fino in fondo e andare oltre.

Ballerina, coreografa, regista, come vive la sua esperienza?

Credo di essere stata molto fortunata, non capita a tutti di poter sperimentare ruoli diversi, è successo grazie alla mia affidabilità, sono sempre stata all’altezza delle aspettative. Quando Mario Pistoni mi ha chiesto di fargli da assistente al Teatro dell’Opera di Roma, avevo ventiquattro anni e diventare vice direttrice del ballo è stata forse la mia esperienza più bella.

E poi è diventata anche direttrice di compagnia, un’esperienza che ha vissuto al Teatro San Carlo…

E’ stata la prima volta che ho diretto una compagnia ma ho sommato tutte le mie esperienze, oltre a ballare ho creato delle coreografie, ho lavorato in qualità di maître de ballet e mi sono occupata anche dell’organizzazione della compagnia. Ho fatto una lunga gavetta ma sono consapevole di avere avuto una buona base di partenza, dal lato artistico a quello manageriale, dal meccanismo di produzione alla gestione amministrativa.

Qual è stato l’obiettivo principale della sua direzione al Teatro San Carlo?

Quello di dare una precisa identità alla danza in generale, da anni relegata ad un ruolo marginale. E’ un patrimonio culturale, è nata in Italia – in particolare a Napoli – dove c’è la Scuola di Ballo più antica d’Italia (1812). Dal Teatro San Carlo sono partiti alcuni ballerini, insegnanti, coreografi, grandi nomi della danza, il problema è che siamo troppo abituati alla bellezza, ci lasciamo andare quando invece ci vorrebbe una forte volontà per difendere l’arte. Senza essere autoreferenziali, bisogna mettersi in collaborazione per salvare il patrimonio della danza, unendo le forze. Al San Carlo ho trovato un corpo di ballo molto motivato, capace di spaziare in vari stili coreografici. Proprio questa apertura ha rappresentato il mio obiettivo principale: un ente lirico, oggi fondazione, deve dare un’informazione totale sul mondo della danza, sui diversi stili coreografici, non si può portare avanti solo la tradizione o presentare spettacoli troppo contemporanei. La compagnia non deve essere una realtà ad immagine e somiglianza del suo direttore ma entrambi devono mettersi a disposizione del pubblico, che deve venire a teatro consapevole della grande qualità di lavoro, legata anche al prestigio dell’offerta, in un ventaglio di possibilità.

Che cosa la colpisce di più in un danzatore?

La perseveranza, la tenacia, la disciplina. La danza forgia talmente tanto il carattere e il modo di affrontare la vita che un danzatore che voglia andare oltre può farlo grazie alla formazione completa acquisita.

Che cos’è l’umiltà secondo lei?

Saper riconoscere i propri limiti. La finta umiltà non mi piace, ognuno di noi deve sapere quanto vale e godere delle proprie virtù.

Ha mai avuto paura?

Si, sempre. Più che paura, l’incertezza di non aver previsto tutti i dettagli. Credo che sia parte del nostro lavoro, la variabile che fa migliorare. Chi fa il nostro mestiere lo fa per passione, è naturale voler dare il cento per cento.

Qual è stata la sua emozione legata al Teatro San Carlo?

Quella di essere in un tempio assoluto dell’arte. E’ un teatro stupendo, ristrutturato in maniera eccellente. Ci sono quattro sale da ballo ed uno staff tecnico ed artistico molto competente; l’organizzazione a volte ha tempi più lunghi ma basta anticiparsi un po’.

Che cos’è la danza per lei?

Il mio modo di parlare. Il romanziere Hofmannsthal, librettista di Strauss, diceva :” Quando la parola non sa più esprimere subentra la danza”.

Elisabetta Testa

 

 

 

 

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