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Adele Bevilacqua: “Ci dobbiamo preparare ad una fase post-bellica”

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Adele Bevilacqua

L’Italia del teatro è una mappa densa e piena di persone diverse, di storie, di abitudini socioculturali che meritano attenzione e interesse da parte degli addetti ai lavori e dei pubblici, qualsiasi essi siano. Il Teatro Stabile dell’Umbria è il teatro stabile pubblico della regione Umbria, dal 2015 divenuto Teatro di Rilevante Interesse Culturale, con 17 città in cui si progetta, produce e distribuisce teatro e danza.

A occuparsi in maniera capillare di quest’ultima è Adele Bevilacqua in qualità di responsabile, seguendo nello specifico le attività del circuito danza e delle iniziative da esso create e organizzate, dalle coproduzioni alla formazione del pubblico, dalle programmazioni per le scuole del territorio ai progetti internazionali. L’abbiamo chiamata a rispondere all’inchiesta Codiv-19/si cambia danza promossa da Campadidanza.

La diffusione dell’epidemia causata dal Covid-19 ha messo in stand-by tutto il mondo. Che ripercussioni ci saranno nel mondo dello spettacolo dal vivo e in particolare nella danza?

Le ripercussioni economiche sono già e saranno pesantissime a tutti i livelli e per tutti i settori che hanno dovuto interrompere del tutto le loro attività. Turismo, commercio (tranne quello alimentare, ovviamente), artigianato, liberi professionisti, e tante diverse categorie. In questo senso penso che un po’ tutti si debbano preparare ad una fase post bellica, dove ci sarà tanto da ricostruire.

Per quanto riguarda la sua attività del Teatro Stabile dell’Umbria, cosa pensa di mettere in atto nel dopo emergenza?

Cercheremo di far ripartire tutti i teatri dell’Umbria, per le ospitalità penso che possa essere relativamente più semplice che per le produzioni, che dovranno slittare a non si sa quando. Occorre certamente riorganizzare i tempi, rivedere un po’ tutto quello che è saltato. Per ciò che concerne la danza noi facciamo solo una programmazione di ospitalità che verrà promossa con le solite modalità.

Come sta vivendo questo lockdown?

Lo vivo tranquillamente, cercando di prendere tutto il positivo possibile da questa quantità di tempo a disposizione. Per il momento l’unico pensiero che accompagna le mie giornate è: questa epidemia finirà e tutti ci rimboccheremo le maniche.

Quindi c’è comunque qualcosa che può venire a nostro favore in questa pausa? Possiamo prevedere dei cambiamenti all’orizzonte…

Questa può essere una pausa o può essere l’inizio di un cambiamento importante, non si sa ancora. L’insieme degli artisti e del mondo culturale dovranno cercare di orientare gli effetti di questa rottura in una direzione di cambiamento positivo. Per quanto riguarda la nostra vita questo periodo di isolamento ci fa sentire quanto è importante la comunità, è un valore immenso che mi fa riflettere sul senso del lavoro e della quotidianità.

Sia nella realtà italiana che in quella internazionale c’è una grande eterogeneità di lavoro produttivo e distributivo della danza. Secondo lei, ci saranno più differenze di prima?

Certo, le differenze saranno ancora più evidenti: i deboli ne usciranno ancora più deboli. Dovremo capire collettivamente cosa fare per salvaguardare la danza italiana. Io mi auguro che il pubblico senta un gran desiderio di ritrovarsi insieme e questo bisogno sarà, come sempre, la nostra forza.

Il decreto Cura Italia – mentre scriviamo sappiamo che sono in lavorazione altre misure di emergenza anche della situazione economica consequenziale a quella sanitaria – ha stabilito delle misure di sostegno anche in parte per il mondo dello spettacolo. Cosa ne pensa?

Credo che tali misure rappresentino uno sforzo per tutelare chi si ritrova senza lavoro. Ritengo importante che gli artisti vengano riconosciuti e un po’ protetti nelle modalità di impiego precario che per lo più caratterizzano questo settore.

Quanto tempo ci vorrà per ripartire?

Sinceramente… spero il meno possibile.

Caterina Giangrasso

Inchiesta Covid-19-si cambia danza

Umbria

Teatro Stabile dell’Umbria

Circuiti/Promozione – Perugia

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