È morto Lindsay Kemp, mimo, coreografo, attore, ballerino, e regista britannico. Aveva 80 anni, ed aveva scelto di abitare in Italia, a Livorno, fuggendo dai lustrini di Brodway.
Nel porto toscano teneva corsi ed era una delle menti del Teatro Goldoni.
A Napoli Lindsay Kemp arrivó la prima volta nel 1978 con “Pulcinella”, ma io l’ho conosciuto qualche anno dopo quando ha portato in scena al Teatro Bellini (rilanciato in quel periodo da Tato Russo), “Flowers” il suo spettacolo capolavoro. Un pastiche teatrale che coniugava musica e danza ed al centro aveva il personaggio di Divine, un travestito che si prostituiva sulla scena dei bassifondi parigini Negli Anni Trenta, che Kemp, maestro di cross dressing, vestito di veli bianchi, capo rasato, viso truccato di bianco, occhi bistrati e rossetto vistoso, trasformò in una lunare principessa Salomè, un Onnagata del teatro giapponese, una presenza onirica in mezzo a marinai, delinquenti e travestiti. Per me, giovane critica di danza, fu una folgorazione. E ancor di piú lo amai quando con Vittoria Ottolenghi ebbi l’opportunità di conoscerlo meglio partecipando a dei dopo spettacolo. Cene indimenticabili in cui Lindsay amava regalare dei disegni che improvvisava su tovaglioli di carta, fogli di block notes, programmi di sala. E solo ora ci si rende conto di quale privegio sia possederne uno.
A Livorno aveva firmato due anni fa una magistrale versione del “Flauto Magico” di Mozart, autore che Kemp sentiva molto vicino. Epigono della cultura underground, ispiratore di David Bowie (ma anche di Peter Gabriel e Kate Bush) che è stato suo allievo (e che aveva diretto nello «Ziggy Stardust Show», con il Duca Bianco in versione spaziale), Kemp é sempre stato considerato un gigante del teatro di danza contemporanea.
Raffaella Tramontano
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