Teatro San Carlo - Immagini Stagione 2017 /2018 Dame Camelias

NAPOLI – Successo, applausi, entusiasmo. Non sono parole consunte o luoghi comuni per definire l’accoglienza dell’ultima produzione, in prima nazionale, che ha chiuso la stagione di balletto al teatro di San Carlo diretta dal brillante Giuseppe Picone: La Dame aux Camélias di Derek Deane con musiche originali del compositore americano Carl Davis. Il merito del risultato positivo è da attribuire a varie componenti dello spettacolo che si possono individuare prima di tutto nel soggetto ma anche nella regia, nell’allestimento e, soprattutto, negli interpreti. La storia di Marguerite Gautier, escort di lusso, che sacrifica il suo amore spontaneo e inaspettato, per salvare la reputazione e la vita del giovane Armand Duval, è un successo garantito, in qualunque forma espressiva venga declinata, fin dalla prima apparizione del romanzo di Alexandre Dumas figlio, nel 1848. In una Parigi che vive una rivoluzione, quella del giungo di quello stesso anno, in cui il potere del denaro, e la corruzione che ne consegue, è il principale antagonista delle rivendicazioni dei diritti civili, la vita mercificata della giovane e bella Marguerite, è un simbolo del degrado dell’alta società che vive in un abbagliante luccichìo di gioielli e brillanti. La scelta registica di Derek Deane sottolinea, nel primo atto, la presenza ossessiva del denaro che è la chiave d’accesso per la conquista della bella cortigiana. Ma Merguerite è malata, e teme con angoscia e disperazione la fine della sua bellezza e del suo potere seduttivo, l’unica vera ricchezza che possiede. È efficace la scelta di aprire il sipario con la scena che rappresenta il delirio di Marguerite che si vede già abbandonata da tutti, sofferente e sul letto di morte. La storia, per Deane, che rispecchia il romanzo di Dumas abbastanza fedelmente, prosegue per quadri narrativi che raccontano i momenti clou della vicenda amorosa tra Marguerite ed Armand. L’espediente meta-teatrale del loro incontro durante la rappresentazione del balletto Giselle, che racconta del potere salvifico di un amore puro ed innocente, è un perfetto bilanciamento del sacrificio d’amore di cui sarà protagonista Marguerite, che pura ed innocente non è. Risulta, invece, un po’ debole la seconda parte del primo atto dove l’incontro tra la ragazza e il padre di Armand è un po’ superficiale sia dal punto di vista coreografico che drammaturgico, nonostante gli interpreti, Anna Chiara Amirante e Edmondo Tucci, si sforzino di rendere credibili i loro personaggi. Forse il dare per scontato il fatto che la trama sia nota a tutti, ha tradito in questo punto la vena creativa del coreografo. Nel secondo atto, invece, l’epilogo della vicenda diventa incalzante e drammatico. L’incontro al ballo tra Armand e Marguerite, dopo che lei ha abbandonato la vita familiare che lui le aveva proposto, risulta vivace e intenso. Molto efficace è l’utilizzo di un grande specchio che amplifica la sala da ballo e moltiplica  gli interpreti e che, capovolgendosi, fa entrare il pubblico nello spazio in cui si attualizza la fasulla morale di una società ipocrita che condanna Marguerite proprio nel momento del disvelamento dei suoi veri sentimenti. Per gli appassionati di danza, la tensione della scena del ballo ricorda, a parti invertite, il pathos di un altro ballo, quello della festa di Tatiana, nell’Onegin di John Cranko, in cui la ragazza spera di incontrare lo sguardo e il consenso del distaccato dandy, a cui, con una lettera, ha confessato il suo amore. All’intensità espressiva e potente forza narrativa di Cranko, sicuramente si ispira anche Derek Deane che ne condivide il linguaggio coreografico classico ed elegante fino a risultare, qualche volta, un po’ troppo formale. Per fortuna nel passo a due che racconta dell’ultimo disperato incontro tra Marguerite e Armand, il coreografo perde il suo rigore stilistico e si lascia andare alla struggente passione del momento, usando la gestualità e la danza dei protagonisti in maniera finalmente vera e drammatica e coinvolgendo sia gli interpreti che il pubblico nel tragico finale. Abbiamo assistito alla serata in cui i personaggi principali erano interpretati dalla brava Anna Chiara Amirante e dal brillante e intenso István Simon. Siamo certi che il successo ottenuto dall’altra coppia composta da Maria Yakovleva e Alessandro Staiano, non sia stato da meno, nella dimostrazione che i talenti espressi dalla compagnia di ballo diretta da Giuseppe Picone, si amalgamano e si confrontano, senza timore, con gli ospiti internazionali che di volta in volta vengono accolti in teatro. L’intera compagnia napoletana si è mostrata all’altezza dello spettacolo mostrando l’ottimo livello dei danzatori tra cui spiccano Carlo De Martino, nel ruolo di Gaston e Luisa Ieluzzi, nel ruolo di Olympe. La musica, eseguita in maniera impeccabile dall’ Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, diretta dal Maestro Nicola Giuliani, accompagna e sottolinea perfettamente l’azione e la danza in scena e si capisce che è stata creata in simbiosi con il coreografo, seguendo una scrittura musicale che, talvolta, evoca il miglior Prokofiev della modernissima Cenerentola.

Roberta Albano

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Docente di Storia della danza all’Accademia Nazionale di Danza di Roma è laureata al DAMS dell’Università di Bologna in “Semiologia dello Spettacolo”. Docente di danza classica abilitata all'AND, è critico di danza, studiosa e autrice di saggi e monografie sulla danza. Dal 1990 al 2014 è vicedirettrice dell’associazione Movimento Danza di Gabriella Stazio. E’ inoltre socio fondatore di AIRDanza - Associazione Italiana per la Ricerca sulla Danza.