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MONDAY DANCE presenta: Last, quando i ricordi diventano danza

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NAPOLI – Il 25 novembre al Teatro Nuovo, per la quarta edizione della rassegna “MONDAY DANCE, i lunedì della danza”, la Frantics Dance Company ha presentato Last, coreografia di Marco di Nardo.

La compagnia, fondata nel 2013, nasce dall’incontro a Berlino di quattro danzatori: Carlos Aller, Diego De La Rosa, Marco Di Nardo, Juan Tirado. “Frantic” deriva dall’inglese e si può tradurre con “inquieto”, “frenetico”, “convulso”; il loro stile, infatti, fonde hip hop, break dance, danza contemporanea e sperimentazione, dando origine ad un modo di esprimersi nervoso ed esuberante.

Last è il primo episodio di una trilogia di cui Last space è il secondo, mentre il terzo è in fase di ideazione. Il processo di creazione coreografica – rivela Marco di Nardo in un momento conclusivo che il Teatro Nuovo dedica al dialogo fra artisti e pubblico –  è in realtà frutto della sinergia fra i quattro fondatori della compagnia: Last è un viaggio nell’inconscio degli interpreti stessi, nei loro ricordi e nelle storie del loro passato. «It’s about that moment when you look at the picture» ripete una voce registrata, dunque la fotografia come immagine della memoria: gli interpreti arrestano i loro movimenti in pose sorridenti e con le dita a V come ragazzini di fronte una macchina fotografica, o meglio quasi fossero essi stessi frammenti di foto, di ricordi. Last è infatti anche un’indagine su come la percezione del tempo differisce da persona a persona: affiorando dalle profondità della psiche, i ricordi subiscono processi di distruzione e ricreazione, dilatamento e compressione, sospensione ed accelerazione. Tali processi si tramutano, nella coreografia, in sequenze frenetiche ed acrobatiche che si interrompono in improvvise pause e riprendono poi con passi tanto lenti da essere impercettibili; il tutto da vita ad un ritmo ipnotico che lo spettatore vorrebbe non finisse mai. La fusione fra differenti stili fa sì che le arti marziali rendano più leggera, aerea, la break dance e consente, inoltre, di esprimere sentimenti fortemente diversi fra loro: rabbia, felicità, imbarazzo, tristezza affiorano e poi scompaiono sul volto e nelle movenze dei danzatori come un racconto fluido. Quasi fosse la traduzione in danza del flusso di coscienza della Molly di James Joyce, anzi flusso di coscienze: i quattro interpreti esprimono ognuno la propria interiorità, agendo spesso singolarmente; certe volte invece i ricordi coincidono per cui due o tre danzatori eseguono gli stessi passi in sincrono o con un lieve canone, certe altre il passato che riemerge dal profondo inconscio è comune a tutti e quattro che danzano dunque all’unisono. La luce, anche, gioca un ruolo importante: variando da penombra, a controluce, a luce piena segnala quanto il ricordo sia più o meno vivido nella memoria.

Mariavittoria Veneruso

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