NAPOLI Al Piccolo Bellini di Napoli ha debuttato Memento, coreografia di Nyko Piscopo per la compagnia Cornelia, una giovane realtà campana che ha ormai raggiunto traguardi nazionali e internazionali. Il titolo richiama la celebre espressione latina memento mori, “ricordati che devi morire”, che veniva indirizzata ai soldati romani che ritornavano in città trionfanti, dopo una vittoria, per non eccedere in eccessiva superbia. In questo caso l’evocazione della morte non è esplicita ma, come suggerisce la sinossi del programma, allude ad uno stato di sospensione creata dalle frazioni di cui è composta la coreografia. La morte è sullo sfondo di ogni esistenza vivente e, seppur non nominata, è la presenza silenziosa che accompagna la consapevolezza del vivere.

La struttura drammaturgica

Una voce fuori campo definisce, numerandole,  picture le cinque sezioni: Dreaming of..;  Love struggle;  Playing games;   Waiting in hope; Give up! Si tratta di cinque diversi stati emotivi che nascono da una ostensione, o meglio rappresentazione, di momenti esistenziali individuali o di gruppo per i quattro protagonisti in scena: Nicolas Grimaldi Capitello, Eleonora Greco, Leopoldo Guadagno, Francesco Russo.

Lo spazio scenico è nero, spesso con luci morbide e soffuse.  Nel linguaggio apparentemente astratto, perché non direttamente mimetico, proprio della danza contemporanea, i danzatori creano assoli, duetti e momenti di gruppo che rievocano momenti di vita “invisibile” ma leggibili dalla sensibilità degli spettatori grazie all’immediatezza con cui la danza comunica con un potere che anticipa e trascende la parola. Per rendere chiaro il processo comunicativo impiegato dal coreografo Piscopo, prendiamo ad esempio Dreaming of, l’assolo interpretato da Nicolas Grimaldi Capitello che, nella sua dinamica acrobatica, esplosivamente energetica, con un utilizzo a volte spericolato della piramide tronca -che è l’unico oggetto scenico presente-, richiama inevitabilmente la spericolatezza della gioventù e l’aspirazione verso l’alto, verso sogni, progetti che identificano la parte nascente e sognatrice dell’individuo.

Ognuna delle sezioni ha, quindi, un tema caratterizzante che però non segna una frammentazione tematica del discorso coreografico ma anzi delinea un percorso che, seppur differenziato, costituisce l’insieme dell’esistenza umana. Love struggle  evoca la difficoltà del rapporto di coppia con i suoi non detti, i desideri a volte realizzati ma spesso disillusi. Eleonora Greco e Leopoldo Guadagno sono chiari nell’esporre il bagaglio del vissuto di una relazione attraverso sequenze di movimento che si ripetono, spesso a specchio, con modalità dinamiche differenti.

Arvo Pärt

La musica di Arvo Pärt, che accompagna l’intera coreografia, sottolinea momenti poetici e drammatici, ma anche ironici, come l’inizio del secondo assolo, interpretato da Francesco Russo, che sembra davvero richiamare giochi infantili e nuove sfide. In questo caso la piramide si scompone in quattro parti e si ricompone entrando in continua interazione con il performer e con lo spazio. Non mancano momenti di coesione, di comunione (Waiting in hope ) che creano una sorta di empatia tra gli interpreti proiettati verso un finale struggente (Give up!)  in cui i corpi sembrano annullarsi nel buio della scena per lasciare in evidenza, grazie alle ottime luci di Camilla Piccioni, solo i volti fluttuanti dei protagonisti.

Memento è un lavoro dalla struttura essenziale, quasi rituale, che pone in primo piano la capacità simbolica dei corpi danzanti che non interpretano altro, ma sono sé stessi. Attraverso le indicazioni drammaturgiche del coreografo/regista, i performer mettono in scena un vissuto reale di desideri, sogni, dolori e gioie che appartengono al mondo materiale e vengono poi donati al pubblico in un processo di scambio simbiotico di emozioni che dimostra con grande efficacia quanto la danza sia un’arte immediata e capace di tradurre il corpo in una sensibile  esperienza estetica.  

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