La figura del Mâitre de ballet (colui che dà lezione e segue le prove di una Compagnia di balletto) non viene mai presentata al pubblico, è una figura importante ma di solito tenuta “dietro le quinte”. Per il maestro Lienz Chang nuovo Mâitre de ballet del Teatro di San Carlo, è stata fatta una scelta diversa. Il motivo è semplice: nell’organico artistico del Massimo napoletano, da quando è andata via Alessandra Panzavolta, non esiste la figura del Direttore del Corpo di ballo. Il Maestro Chang, quindi, è un Mâitre de ballet con un peso maggiore.
Lo incontriamo nel suo ufficio al San Carlo, gentile, disponibile, sorridente, ma anche deciso e con le idee ben chiare. Nel curriculum che ci viene fornito, nelle prime righe per riassumere la sua carriera, è scritto: primo ballerino Ballet National de Cuba, etoile ed assistente coreografico di Roland Petit, Mâitre de Ballet e professore al Teatro alla Scala di Milano.
Ma Chang è molto di più. Prima di diventare assistente coreografico di Petit, infatti, per sette anni è stato nella compagnia di Alicia Alonso e suo partner. La sua magnifica tecnica gli ha permesso di ballare tutti i ruoli principali del repertorio classico accanto ad alcuni grandissimi, tra i tanti Rudolf Nureyev, Dominique Khalfouni, Marie Claude Pietragalle, Ambra Vallo. Esibendosi nei più grandi teatri e nei principali Festival del mondo. Arriva a Napoli direttamente da Milano dove dal 2010 ha ricoperto il ruolo di Mâitre e Professore.

Com’è stato il suo arrivo al Teatro San Carlo?

Sono stato accolto con grande affetto. Ero già stato qui nel 2012 a rimontare ‘Il Pipistrello’ di Petit e quindi già avevo conosciuto i ballerini del San Carlo, questo, probabilmente, mi ha avvantaggiato. Comunque sono da un mese a Napoli e posso dire di essere olto contento! Di sentirmi a mio agio. E non potrebbe essere altrimenti, visto che Napoli è così simile alla mia Cuba.

Milano e Napoli, Teatro alla Scala e Teatro di San Carlo. Due città molto diverse e anche due teatri molto diversi…

Sicuramente. L’efficienza di Milano e della Scala non si può ritrovare a Napoli e nel San Carlo, ma qui c’è una cosa che a Milano non c’è: il ‘calore’ che significa anche disponibilità, entusiasmo, collaborazione. Una serie di cose che sono più importanti dell’efficienza e rendono il lavoro piacevole e soprattutto produttivo.

Come imposterà la sua attività a Napoli?

A Milano ero il Mâitre de ballet delle guest star. Facevo un lavoro individuale. Qui curo il Corpo di ballo, quindi il mio lavoro è collettivo. Questa è la principale differenza. E chiaramente quando si lavora sul gruppo c’è sempre molto più da fare. Ma in un mese ho già notato dei cambiamenti e di questo sono molto felice. Vuol dire che ho intrapreso la strada giusta. Ma ho capito anche che devo lavorare in maniera differente sulle ballerine donne e per questo ho intenzione di chiedere una assistente.

La sua vita artistica prende il via a Cuba, la sua città d’origine…

Si, sono entrato nel Ballet Nacional di Cuba nel 1986, e nel 1992 sono diventato primo ballerino. Lì mi sono formato e sono cresciuto artisticamente soprattutto grazie alla grande Alicia Alonso, che per me è stata la mia“mamma” artistica. Nel 1989 per la prima volta sono stato suo partner in ‘Dida Abandonata’, una sua coreografia, al Bolshoi di Mosca. Da quel momento in poi ho ballato con lei per ben sette anni. Un periodo importantissimo, nei quali mi ha trasmesso moltissimo. Essere partner di una non vedente significa fare un continuo esercizio di fiducia, qualcosa che ti arricchisce professionalmente, ma anche umanamente. Devo dire che quel che sono diventato lo devo moltissimo a lei.

Tira un sospiro, si guarda le mani e poi aggiunge

Se Alicia è stata la mia ‘mamma’ artistica, sicuramente Rolando Petit è stato il mio ‘papà’. Con lui ho cominciato a lavorare nel ’96 e sono diventato il suo interprete di riferimento per moltissime sue coreografie: ‘Carmen’, ‘Coppelia’, il ‘Gattopardo’, ‘Ma Pavlova’, ‘Pink Floyd Ballet’ e ne cito solo alcune. Il nostro rapporto è stato fortissimo, al punto da spingerlo nel 1998 a creare per me il ruolo dell’Uomo nero ne ‘Le Lac des Cygnes et Ses Málèfices’ per il quale ho avuto il più alto riconoscimento della critica in Francia, Italia, Germania, Spagna. Un grande maestro.

Ci racconta un episodio che la lega alla Alonso e uno che la lega a Petit?

Quando ho cominciato a ballare con Alicia lei era totalmente cieca, e allora tendevo a sussurrarle sempre qualcosa perché credevo in questa maniera di renderle le cose più semplici in scena. Ma lei un giorno mi ha detto: ‘a volte è meglio non parlare, le parole non sono necessarie, anzi a volte fanno sono male. È più importante sentire’. E questo vale nella vita!
Per quanto riguarda Roland, invece, il mio ricordo più dolce è legato ai suoi ultimi giorni di vita. Andai a trovarlo e lui mentre me ne andavo mi richiamò indietro e mi disse ‘sei un gentleman della danza. Grazie di tutto’.

Lei in un periodo della sua vita è stato anche un ottimo organizzatore di eventi?

Si, è vero. Dopo Marsiglia mi sono innamorato di una bellissima donna catalana e con lei ho organizzato moltissimi gala partecipando a ben 11 festival spagnoli e a tante altre importanti manifestazioni in Cina, America, Australia. E’ stato un periodo straordinario anche perché sono riuscito a coinvolgere tante star di livello internazionale come Dominiqie Khalfouni, Lucia Lacarra, Sylvie Guillem, e tante altre. Ed ho scoperto questa mia vena organizzativa…

Se dovesse dare un consiglio a un giovane ballerino che cosa gli direbbe?

Di non dimenticare mai quello che ha imparato nei primi anni. E di non farsi travolgere dall’ambizione.

Ha un sogno nel cassetto che spera prima o poi di realizzare?

Questo che sto vivendo al San Carlo è già un sogno. Poi chissà!

Raffaella Tramontano

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