La compagnia Mòra porta in scena
Ph. Credits: Andrea Macchia

CESENA – Il 17 febbraio al Teatro Bonci di Cesena, Claudia Castellucci presenta “La nuova abitudine”, la nuova danza della Compagnia Mòra, ispirata ai canti liturgici della tradizione ortodossa e all’atmosfera rurale della musica russa.

Sei corpi danzanti incedono a passi sicuri e misurati, forti del sostegno reciproco, in un terreno in cui non hanno radici. Si lasciano traghettare da un ritmo che non gli appartiene per stravolgere lo scorrere inesorabilmente lineare del tempo e vivere a modo loro memorie lontane di gente di campagna, liturgie perdute di popoli stranieri. La Compagnia Mòra è un gruppo che cospira e respira insieme, muove e commuove, misura vicinanze e separazioni, a passi lenti e gesti antichi, densi di energia in potenza, mai improvvisi. Propizia e cura lo spazio come per accingersi a un rituale che fa della ripetizione il suo sostegno e nutrimento.

Un’ispirazione che viene dal canto


Nella sua ultima coreografia, Claudia Castellucci pesca da tradizioni remote nel tempo e nello spazio e ispira i movimenti dei/delle danzatori/trici della compagnia Mora ai canti Znamenny, nella cui regolarità ciclica e modesta monofonìa risuonano l’impronta greca e la tradizione rurale russa. I corpi in scena si fanno testimoni di abitudini prese in prestito con estremo rigore e massima delicatezza, si vestono di un nuovo modo di essere, appunto di una “nuova abitudine”, e instaurano un dialogo serrato col ritmo e la reiterazione, una meditazione che li vincola e allo stesso tempo li rende liberi.


Le presenze danzanti si caricano di memorie fatte di terra e d’incenso, la loro gestualità richiama il lavoro dei campi, schiene curve e mani levate a coprire gli occhi dal bagliore del sole, mentre continui sono i riferimenti all’iconografia sacra con braccia aperte in croce e genuflessioni. È il canto a informare i passi, a dettarne i rigorosissimi schemi, a schiudere come un mantra la successione delle movenze: la testa ruota, le braccia si alzano trasportando il corpo verso sinistra, un passo dopo un salto; ricomincia il ritornello e la testa torna a voltarsi, le braccia si sollevano, corpi inclinati, passo, salto e ancora di nuovo da capo finché un nuovo canto non ordinerà un’altra formazione spaziale e una diversa sequenza temporale.

Il rito ha bisogno di ritmo. Il ritmo richiede complicità. La complicità innesca una danza, un meccanismo precisissimo di cambi di posto in cui la geometria delle linee regola l’anatomia dei corpi e dello spazio.

“Sprecato è il giorno in cui non avrai danzato almeno una volta”


Nel 2021 la genesi dello spettacolo ha visto la compagnia lavorare per un mese a stretto contatto con quattro cantori del coro MusicaAeterna di San Pietroburgo. Tutto era pensato perché anche loro fossero in scena e le loro voci dal vivo imprimessero i movimenti nei corpi danzanti. Quelli presenti sul palco del Teatro Bonci a Cesena per la terza presentazione italiana de “La nuova abitudine” sono invece attori che ne incarnano il ricordo: un’assenza significativa, un vuoto in cui riecheggia il peso di eventi geo-politici che causano isolamento e modificano la natura delle situazioni.


Ma “sprecato è il giorno in cui non avrai danzato almeno una volta”, ama ricordare Claudia Castellucci ripetendo il monito ritrovato tra le pagine di “Così parlò Zarathustra”, testo fonte di grande ispirazione per la coreografa cesenate. E allora lasciamo che il canto risuoni sopra la guerra e che la danza travalichi barriere insormontabili unendo, nel nome del ritmo e del gesto, popoli lontani e culture dimenticate.

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Laureata in Letterature comparate e postcoloniali all'Università di Bologna, combina la passione per la lingua e l'interesse per la danza scrivendo e conducendo ricerche nell'ambito della scena performativa contemporanea. Parallelamente all'impegno accademico e a quello giornalistico, porta avanti collaborazioni come dramaturg della danza e percorsi di ricerca personali come performer. Si occupa inoltre di organizzazione e promozione culturale collaborando con enti del terzo settore che si muovono tra danza e comunità.