Si è da poco concluso un festival dal titolo Sovrapposizioni, la danza trova Asilo, dedicato alla danza ed alla ricerca sui linguaggi contemporanei all’ex-asilo Filangieri di Napoli, una realtà che da tre anni opera per proporre incontri artistici di grande livello e con ottima accessibilità economica, che si danno l’obiettivo di dare uno spazio al pubblico per formarsi ed agli artisti per esprimersi.

La vita dell’ex-asilo si è strutturata negli anni come un’organizzazione che tende all’inclusione ed all’apertura di orizzonti e possibilità che possano venire da chiunque ed essere altrettanto aperte a chiunque, dove l’unico requisito è la creazione di uno spazio condiviso.

Le realtà “danzerecce” interne all’ex-asilo hanno, dunque, voluto creare uno spazio di un mese per proporre seminari con maestri quali Claude Coldy (Danza Sensibile), Silvia Rampelli (Compagnia Habillé d’eau) e giovani proposte come Glen Caçi e conferenze su filosofia della danza (Maurizio Zanardi), presentazioni di libri, come quello curato da Ada D’Adamo sul lavoro di Silvia Rampelli (“Il corpo insorto”), proiezioni video di coreografie dei grandi maestri della danza contemporanea e spettacoli di coreografi del nostro territorio, come Giulia Ferrato (“This Place”) e Gabriella Riccio (“Noli me tangere”).

Mi è capitato, dunque, di assistere ad alcune di queste iniziative, tra cui lo spettacolo della Riccio, danzatrice e coreografa napoletana che tra Napoli e l’Europa si è formata con maestri internazionali come Dominique Dupuy, Masaki Iwana, Frey Faust ed ha lavorato in tour con la compagnia berlinese di Felix Ruckert; ha collaborato in vari festival come Il Coreografo Elettronico e Roameuropa, e vari suoi lavori sono stati selezionati per le vetrine di danza d’autore più importanti d’Italia.

Gabriella ha deciso, nelle sue creazioni coreografiche, di lavorare sul rapporto tra performer e spettatore fino a giungere alla sperimentazione dell’incontro tra la danza e le nuove tecnologie che permettono al corpo di “risuonare” ancora di più, creando, quindi, un rapporto visivo-sonoro con il pubblico.

Noli me tangere è una pièce nata in forma di studio (20’) nel 2008 e selezionata per Transitidanza 2 progetto Mibac-Eti, Nuovo Teatro Nuovo Napoli, messa in scena (50’) nel 2009 al T.I.N Teatro Instabile Napoli, selezionata, poi, da Mauro Petruzziello per Deus Ex Machina e da Dock11 di Berlino.

Quello all’ex-asilo è stato un secondo debutto, in quanto lo spettacolo è stato re-visionato e ri-creato, grazie al preziosissimo spazio della struttura, che è stato messo a disposizione per una lunga residenza per lavorare insieme ad Alessandro Pintus, danzatore della Non company in scena con la Riccio, e Massimo Scamarcio, che si è occupato del suono.

La drammaturgia ha molto di filosofico, di “pensato”, parte, infatti, dall’analisi di due testi del filosofo Jean-Luc Nancy, “Corpus” e “Noli me tangere” e dalla lettura tradotta in danza delle parole di Nietzsche, Nijinsky ed altri in riflessioni personali ed universali sull’arte del movimento.

La partitura coreografica indaga un campo di lontananza in cui avvengono le prime azioni dei due performers in cui ognuno delinea il suo spazio all’interno di un ambiente sonoro circolare, all’interno del quale ogni movimento del corpo diventa movimento sonoro, scrittura musicale.

Riflessioni filosofiche dette e lette dagli stessi danzatori decretano un discorso sulla primordialità dell’essere, sull’animalità e la purezza primigenia.

I due si presentano al pubblico nella loro nudità interiore e la danza è intima, interna. I microfoni posizionati ai margini del cerchio stanno in piedi grazie a dei libri che, posti sotto, permettono di creare la giusta posizione per tradurre corpo in suono.

L’invito corrisponde al non trattenere, al non toccare e bloccare la fluidità dell’essere, in un pensiero religioso, etico ed umano. Non trattenere diventa quasi un invito al desiderio del contrario, in una continua relazione e coincidenza degli opposti, in cui desiderio ed azione si scontrano, creano rotture tra i corpi e nei corpi. Il corpo di uomo e di donna, che diventano generatori di materia sonora cercano di comunicare e solo il distacco e la differenza permette l’intesa, la relazione, il conoscersi, ed ecco che, quindi, la poetica dei corpi in movimento, nello spazio ed in penombra, genera avvicinamenti energetici, esperimenti di individuazione nella differenza.

I contorni dei corpi vanno via via definendosi fino a che la ricerca di una relazione intima dei singoli danzatori decreta un’individualità che sfocia in un necessario incontro che va messo alla prova, un incontro in cui la leggerezza del peso sembra non dare assolutamente strada all’accoglienza, ma diventa puro scivolamento di un corpo sull’altro, tra sollevamenti e contatti, dove ogni movimento scivola in un altro senza mai arrivare ad una forma fissa. Questa parte ricorda i gruppi scultorei antichi, e riprende il rapporto Cristo- Maddalena, dove i due si annodano ma non si agganciano, l’aria resta gassosa e intangibile, non se ne percepisce la densità.

Non trattenersi significa affermare l’urgenza di compiere quello che l’arte ispira, quello che l’atto performativo suggerisce, quello che una vocazione interna decreta come qualcosa che deve essere compiuta: trasfigurazione, intimità, relazione, distacco, umano, divino sono i messaggi filosofici detti attraverso il corpo, un corpo che non dice con le parole, ma che sensibilizza la visione di dettagli di universalità umana.

I due utilizzano qualità di movimento differenti: il danzatore è una presenza forte e radicata che utilizza spesso il rapporto con la terra ed accenti forti e decisi nel ritmo delle sue figure, la danzatrice è più morbida ed aerea.

Il cerchio di sonorità, che a volte viene anche rotto, definisce un campo d’azione in cui “le cose” si mettono in gioco e la materia si plasma.

Il lavoro parte da un’idea molto interessante e soprattutto ben studiata, con un sostrato filosofico molto intenso. La ricerca sul movimento può sicuramente essere ampliata e nonostante le sue strade sono infinite, ci sarà modo di chiarire con maggiore nettezza quale sia quella propria di questo lavoro, in modo tale che la sua ambientazione venga rispettata, senza che ne diventi un limite.

Questo studio filosofico e riflessivo, l’esigenza del dibattito sono i due aspetti che hanno illuminato la struttura della rassegna Sovrapposizioni dove l’informazione, la formazione e l’indagine sulla performance hanno generato un trittico perfetto di cui poter godere da parte dei giovani e non del territorio italiano.

Iscriviti alla Newsletter