17. Die Schlafenden, regia di Fabrizio Crisafulli, 2013 (foto Lidia Crisafulli)Anche quest’anno l’Accademia Nazionale di Danza di Roma ha organizzato la rassegna  Librindanza, una serie di incontri dedicati alla presentazione di libri che abbracciano diversi aspetti dell’arte coreutica. Protagonista del primo appuntamento,  Fabrizio Crisafulli, regista teatrale, artista visivo e docente all’Accademia di Belle Arti di Roma che ha presentato  un’istallazione di luce realizzata con gli studenti del II Biennio compositivo e coreografico dell’Accademia Nazionale di Danza e, a seguire, lil suo ultimol libro Il Teatro dei luoghi. Lo spettacolo generato dalla realtà.

Maestro Crisafulli nel testo presentato all’AND lei riporta l’attenzione sui luoghi e sulla loro importanza. Una convinzione che parte da lontano e che ha sempre caratterizzato la sua attività artistica.

Mi sono sempre occupato di questi aspetti, forse, anche perché sono architetto di formazione. Oggi è comunque molto importante cercare di ristabilire i contatti con il luogo, inteso non solo come luogo fisico, ma, in generale, come ambito di relazioni. Il peso che hanno ormai nei nostri rapporti la sfera mediatica, gli spostamenti veloci, i social network, porta nuove, notevoli opportunità, ma ci sta anche allontanando dai rapporti viso a viso, dalle relazioni dirette con le persone, gli oggetti, lo spazio. Dalla sensibilità rispetto a quanto abbiamo attorno. C’è, nella nostra vita attuale, una tendenziale perdita di luogo. Ed anche una tendenziale perdita di sguardo, alla quale contribuisce la massiccia presenza degli schermi. Non è una presa di posizione contro le nuove tecnologie, anzi. Le uso molto nel mio lavoro. Si tratta di trovare nuovi equilibri. Il teatro e la danza,  per l’importanza che vi hanno il corpo e il luogo, sono due settori del lavoro artistico dove questi nuovi equilibri possono essere sperimentati in maniera avanzata; in una maniera, ad esempio, che tenda a conferire al corpo e al luogo una forte capacità propositiva e di influenza nei confronti delle nuove tecnologie.

Teatro dei luoghi a Pomarance, regia di Fabrizio Crisafulli, 1998 (foto Davide Dainelli)Le tecnologie che lei usa nel suo lavoro visivo rispettano sempre molto il luogo. E questo la caratterizza rispetto ad altri. Quanto è difficile lavorare in questo modo?

Richiede ascolto. Bisogna un po’ abbandonare l’ego. Cercare di farsi tramite di quello che il luogo dice, per poterlo riproporre in modo nuovo. Per quanto mi riguarda, le visioni che vengono fuori dai luoghi negli spettacoli e nelle installazioni mi sembra funzionino quando se ne sente la necessità e il radicamento nel sito, nella sua identità, nella sua memoria, nelle relazioni che vi operano, nelle attività che vi si svolgono; e quando tutto questo non diventa sguardo all’indietro, nostalgia, ma stimolo fantastico, visione del possibile.

Alla presentazione del libro è abbinata anche una installazione dal titolo OUTSTANDING. Ce la spiega?

Con gli studenti dell’Accademia Nazionale di Danza, abbiamo cercato di trasformare quel luogo molto speciale che è il teatro dell’istituto, attraverso la luce e attraverso le azioni, sotto l’influenza del luogo stesso, di quello che è, e delle attività che vi si svolgono. Forse è stato un po’ come trasformare un importante luogo della danza in una visione sulla danza. Ma le implicazioni e le interpretazioni possono essere diverse. Il titolo Outstanding contiene l’idea di qualcosa il cui senso è sospeso: attende di rivelarsi nell’immaginazione di ogni singolo spettatore.

Com’è stata per lei questa esperienza con gli studenti dell’AND?

 Molto bella. Ho lavorato con un gruppo di studenti del Biennio specialistico, quindi maturi, motivati, consapevoli. Pur nel limitato tempo del laboratorio, peraltro in buona parte assorbito dalla tecnica, essendo stata la luce il primo elemento di trasformazione del luogo, di fronte alla nuova situazione creata, hanno reagito immediatamente, proponendo delle improvvisazioni incisive e coerenti con i principi discussi nel laboratorio.

Recentemente ha ricevuto in Danimarca la laurea honoris causa per la ricerca teatrale che porta avanti da anni. 

 Ho lavorato in diverse occasioni in Danimarca, prima di ricevere questo riconoscimento. Ma è stato una sorpresa. Non me l’aspettavo. Mi ha fatto un grande piacere riceverlo anche perché viene da un paese nel quale, nonostante recenti spinte politiche in senso opposto, si sente ancora una forte tensione al miglioramento. Da loro c’è molto il senso della cosa pubblica, degli interessi comuni. Nelle case le persone parlano dei problemi collettivi, non dei fatti propri. Manca totalmente il familismo, il portare acqua solo al proprio mulino. Le grandi installazioni urbane che ho creato a Roskilde, con la partecipazione degli studenti di Performance Design della Roskilde Universitet e della popolazione, hanno colpito molto. Roskilde è la vecchia capitale della Danimarca, una città molto importante dal punto di vista storico, sede della Domkirke, la grande cattedrale dove sono sepolti tutti i re del paese. È il luogo dei primi insediamenti umani nell’area, dove ora, sul fiordo, c’è il famoso museo delle navi vichinghe. È una città in fermento, che vorrebbe riacquisire un ruolo di primo piano, come quello che ha avuto in passato. Mi hanno chiamato sulla base di questa tensione al cambiamento e i miei lavori sono stati avvertiti non solo come un apporto innovativo sul piano artistico, ma anche come interventi propulsivi rispetto all’identità della città e ai nuovi assetti che essa si vuole dare sul piano culturale e urbanistico. Un po’ come si faceva nel periodo barocco, quando gli spettacoli urbani erano considerati capaci di influenzare le successive scelte architettoniche e di disegno della città, e di rafforzare l’identità dei luoghi.

 Il nostro sito è molto letto da giovani. Se dovesse dare un consiglio a un ragazzo che vuole diventare da grande “Crisafulli”, che cosa gli direbbe?

 Gli direi innanzitutto di stare sempre all’erta rispetto a quello che gli accade intorno. Di cercare di capire dove sono le opportunità per fare quello che le sue inclinazioni gli suggeriscono. E se, come è frequente ad una certa età, le inclinazioni sono ancora poco chiare, cercare occasioni per mettersi alla prova. Potrebbero essere quelle occasioni a rivelargli con maggiore chiarezza le sue inclinazioni. Gli suggerirei quindi la massima disponibilità alle relazioni e all’attività, cercando però di fare sempre centro su se stesso; di non farsi sviare da cose che emotivamente non gli corrispondono. Se, per ragioni concrete, deve farlo, è importante che non allenti mai il contatto con i propri interessi più autentici, il proprio istinto, i propri desideri.

Gabriella Mambrini

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