VENEZIA – Alla 59esima Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, curata da Cecilia Alemani e intitolata The Milk of Dreams, l’unica performance artistica nel Padiglione Centrale dei Giardini porta la firma di Alexandra Pirici, danzatrice e coreografa rumena classe ’82.

A nove anni di distanza da An Immaterial Retrospective of the Venice Biennale, performance proposta nel 2013 all’interno del Padiglione Romania (in collaborazione con il coreografo Manuel Pelmus) che le valse il riconoscimento a livello internazionale, Pirici torna alla Biennale Arte, sostenuta da Audemars Piguet, per presentare la sua nuova azione dal titolo Encyclopedia of Relations.

“Il latte dei sogni” il tema surrealista dell’Esposizione 2022

E se il surrealista tema dell’Esposizione scelto per il 2022 da Alemani (Il latte dei sogni) s’ispira al titolo di un libro per bambini di Leonora Carrington in cui la vita veniva costantemente mutata attraverso il prisma dell’immaginazione, l’artista rumena sceglie di interfacciarsi alla metamorfosi dell’umano attraverso la danza e mettendo al centro della sua indagine i nessi tra individui, ambiente e tecnologie.

Le relazioni collettive ed universali

Il concetto di enciclopedia, che rimanda alla sistematizzazione di un sapere complesso, viene declinato da Perici in una traiettoria relazionale: ciò che viene offerto per essere consultato dagli spettatori e dalle spettatrici è, infatti, l’insieme dei crocevia dell’universo, le variazioni caotiche che intrecciano ogni forma di vita. E in un mondo in cui ogni giorno, sotto le pressioni pandemiche, belliche o climatiche, i corpi mortali si (ri)scoprono fragili e transuenti, l’artista rumena sceglie di celebrare i legami collettivi mutuando la propria scrittura scenica dal mondo della biologia, della botanica e della natura.

Sei performer (di una più ampia compagnia che ad oggi comprende Liliana Ferri, Robert Schulz, Jennifer Tchiakpe, Emily Ranford, Danila Gambettola, Jared Marks, Leonardo Sinopoli, Daouda Keita) che con indosso abiti quotidiani e mascherine FFP2 (disegnate per l’occasione da Andrei Dinu) si aggregano e s’avvicendano sulla scena in un’azione ininterrotta, coinvolgendo in un continuum senza inizio né fine gli astanti della sala del Padiglione ospitante l’installazione fotografica a più strati di Louise Lawler intitolata No Exit.

Una simbiosi post umana tra reale e surreale

Un’enciclopedia mentale delle relazioni, dunque, che si svolge in maniera libera e auto-rigenerativa ricordando il gioco surrealista del “Cadavere squisito”. Un sistema elastico pronto ad incorporare ogni stimolo (dalle interazioni reciproche agli sguardi di visitatori e visitatrici) e, soprattutto, capace di inventare la realtà attraverso associazioni e rêverie improvvise.

La lirica e toccante coreografia di Pirici, attraverso i singoli o il gruppo, dà voce agli esseri viventi (e ai loro rapporti) senza distinzione alcuna: dai semi portati dal vento alle foglie che crescono passando per i sassi che giacciono, dagli uccelli che volano ai mari che fluttuano fino agli esseri (post)umani ancorati ai propri smartphone, ogni cosa si relaziona senza soluzione di continuità a partire dal suono, dal silenzio o dal gesto. I corpi in movimento che danzano, che cantano (memorabile il numero, a metà strada tra il musical e il balletto di Tik Tok, in cui i performer rivisitano “He Wasn’t Man Enough” di Toni Braxton stravolgendone il testo per riflettere sulla proprietà privata e sul collasso planetario) o che semplicemente “restano”, diventano allora luoghi in cui si sedimentano significati collettivi ed individuali e in cui Pirici, in un tempo ormai saturo di immagini e schermi, sceglie di onorare connessioni fisiche e simbiosi interspecifiche.

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Giornalista pubblicista, cantautore e compositore, laureato in Lettere Moderne all'Università degli Studi di Napoli Federico II, ha proseguito la sua formazione in Discipline della Musica e dello Spettacolo concentrando le sue ricerche sul Cinema e studi visuali.