Collettivo Cinetico in una sfida contro le leggi della fisica umana
Foto di Piero Tauro

SANTARCANGELO – Enough not enough è giunto alla sesta giornata. Dopo essere tornata a Podere Acerboli per Sara Sguotti che ha danzato le densità della materia portandoci in Some Other Place, mi dirigo verso il cortile della scuola Pascucci per vedere Collettivo Cinetico in una sfida contro le leggi della fisica umana.

Manifesto Cannibale, un organismo di difficile comprensione

Sei corpi abbandonati al sonno, con l’udito ovattato da cuffie rosse e il biancore della pelle a fare pandan con il bianco della scena. L’autrice ci accoglie con grande verbosità e aria di famiglia e ci spiega tutto, pur dichiarando di non aver visto mai lo spettacolo per intero. Un bambino dalla platea tira un cordino e innesca il meccanismo.

Più che spettacolo mi viene da chiamarlo proprio meccanismo, o apparato: Manifesto Cannibale è un organismo impostato che vive delle sue regole, delle sue leggi ontologiche, delle sue basi epistemologiche che ne rendono estremamente difficile il resoconto e a volte la comprensione.

L’immobilità come chiave di lettura

L’immobilità è il filo rosso che lega tutte le parti e ci porta all’origine della ricerca: il lavoro si propone come indagine intorno al mondo vegetale come alterità di cui l’umano fatica a inglobare tutte le peculiarità. Cosa significa per una persona stare ferma? E per un’autrice non sapere niente dello spettacolo che firma? La biografia di Francesca Pennini e la quotidianità di tutti noi giocano un ruolo fondamentale per tracciare possibili traiettorie di interpretazione: basta risalire all’immobilità forzata di una società sconvolta dalla pandemia e alle costrizioni fisiche che la Pennini ha dovuto sopportare a causa di una malattia prima e di un incidente quasi mortale poi. Ecco allora che gran parte della ricerca fisica e filosofica dei performer prende a ruotare intorno alle specificità delle piante che della stasi sono archetipo e modello, ecco che Francesca in scena siede immobile coperta da un lenzuolo ed ecco che la fine dello spettacolo è indefinita perché in scena si fa a gara a chi rimane fermo più a lungo. Ecco Collettivo Cinetico in una sfida contro le leggi della fisica umana.

“Si chiama turgore Un certo stringersi Della pelle nel sangue Infittirsi del vuoto nella carne La risposta differita dei capezzoli Che bella figura Fanno lì fuori Le mie metà sinistre Con i capelli ammaestrati.”

Manuale di visione

Lo spettatore può avvalersi di un manuale che spiega in modo tutto da decifrare e interpretare la costruzione dell’evento. 12 Ghost Tracks accompagnano i lieder del Winterreise di Franz Schubert a volte suonati live da Davide Finotti – di una bravura glaciale – a volte fuoriusciti da tablet o telefoni: stacchetti che preparano gli occhi e l’immaginario allo spettacolo vero e proprio. Li dividono una pausa di 12 minuti, a detta dell’autrice “un’ulteriore scena o meglio un’esercizio, il Vomitorium” durante il quale il pubblico può anche decidere di abbandonare la platea, se non fosse per la curiosità di acchiappare almeno il finale di un’opera così sfuggente.

Ironia, rallentamento, sonno, eccitazione, equilibrio. La danza buffissima di chi sembra aver assimilato in malo modo tecnica e movenze. 1 2 3 stella. Una prova di resistenza. Tenerezze, repulsioni. L’autrice gode solo di fermi immagine: a intervalli irregolari ispeziona la scena minuziosamente fermando le danze, commenta, a volte cerca di modificare l’assetto o rendere più difficile l’esecuzione con tranelli, occhi bendati, gambe legate. Un videogioco a livelli.

“Il senso della danza è pericolare. Il senso dello sguardo è perioculare. Non ci resta che scegliere il punto di vista da cui lampeggiare.”

Manifesto Cannibale

Il motore dell’ultima scena è una playlist suggerita dal pubblico spinto a indicare “la musica perfetta per l’apocalisse”. Con indosso gonnelline nere, i performer sfoderano una danza audace e sfrenata. A me sembrano figurine d’altri tempi in una balera pomeridiana. Un altro fermo immagine, l’ultimo, e poi la gara a chi resiste di più immobile. Gocce di sudore, rossori, tremolii, formicolii, respiri affannati: la scomodità mette alla prova i fisici più allenati. Tra gli umani nessun vincitore. Le piante sono ancora lì che aspettano.

www.collettivocinetico.it

CREDITS

concept, regia Francesca Pennini
messa in scena Angelo Pedroni
azione e creazione Simone Arganini, Davide Finotti, Teodora Grano, Carmine Parise, Angelo Pedroni, Francesca Pennini, Emma Saba
musiche Franz Schubert
cura del suono e dispositivi tecnologici Simone Arganini
playlist Spettatrici e Spettatori
organizzazione e cura Matilde Buzzoni, Carmine Parise
co-produzione CollettivO CineticO, Fondazione Romaeuropa, Fondazione Teatro Comunale di Ferrara
con il supporto di Fondazione I Teatri, Centrale Fies | Art Work Space e ATER Fondazione / Teatro Comunale Laura Betti
con il sostegno di Regione Emilia Romagna, MIBAC

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Laureata in Letterature comparate e postcoloniali all'Università di Bologna, combina la passione per la lingua e l'interesse per la danza scrivendo e conducendo ricerche nell'ambito della scena performativa contemporanea. Parallelamente all'impegno accademico e a quello giornalistico, porta avanti collaborazioni come dramaturg della danza e percorsi di ricerca personali come performer. Si occupa inoltre di organizzazione e promozione culturale collaborando con enti del terzo settore che si muovono tra danza e comunità.