Chiara Alborino

NAPOLI – Chiara Alborino è danzatrice e coreografa napoletana. Diplomata in danza contemporanea presso Movimento Danza nel 2004, fonda due anni dopo insieme al danzatore e coreografo Fabrizio Varriale la Compagnia Danza Flux. La Compagnia viaggia in Italia e all’Estero con numerosi lavori coreografici, instaurando collaborazioni internazionali con Canada, Colombia, Cile, Francia e Repubblica Ceca.

Dal 2016 al 2018, Chiara Alborino danza in Vivianesque con la Compagnia Korper.
È coreografa per le prime due stagioni della serie L’amica geniale di Saverio Costanzo (Wildside, HBO, Fandango, Rai, Tim Vision).
È inoltre vicepresidente della Scuola Elementare del Teatro, Conservatorio Popolare per le Arti della Scena, progetto di arte e inclusione sociale di ricerca e formazione permanente ideata dal regista Davide Iodice.

Tra i lavori coreografici recenti di Chiara Alborino, anche l’assolo di cui è coreografa e interprete La geisha che danza per amore. Nel 2021, infine, consegue il diploma presso Nektan Art Butoh Correspondance Training by the Board of Education for Cultural Center Nektan Art (Serbia).

Attualmente, collabora per la realizzazione della serie Netflix La vita bugiarda degli adulti, tratta dall’omonimo libro di Elena Ferrante. La serie è prodotta da Fandango con la sceneggiatura di Francesco Piccoli e Laura Paolucci, nomi coinvolti già in L’amica geniale. La regia è invece di Edoardo De Angelis. 

La figurazione: una nuova esperienza

Chiara Alborino le andrebbe di raccontarci questa nuova collaborazione? Di cosa si tratta?

Volentieri, si tratta di una figurazione. 
L’occasione è nata proprio grazie all’Amica geniale: mi sono avvicinata al mondo del cinema attraverso questa serie e sono rimasta in contatto con diverse persone che lavorano nell’ambito.

Mi incuriosiva molto provare quest’altro tipo di esperienza, così ho chiesto di poter fare da comparsa e la produzione mi ha inserita nella scena di una puntata. Non ci sono scene di ballo e non ho un ruolo né come attrice né come coreografa.  

In cosa consiste, dunque, la figurazione?

L’obiettivo della figurazione è quello di dare realismo alla scena, creando uno sfondo verosimile davanti al quale si muovono gli attori.  Abbiamo girato al porto di Napoli, con un freddo incredibile. È stata un’esperienza durata più giorni ma è capitato spesso di girare la stessa scena più volte nell’arco di una giornata.

L’ho trovata un’avventura interessante: non essendo un’attrice e venendo dalla danza, è stata una novità. Ma ho scoperto subito la mia dimensione: essere presente, sul set come in scena. Inoltre, mi ha affascinato vedere il movimento della folla, come agisce la massa sul set rispetto al teatro. 

Essere presente sul set come in scena

In che modo quindi è differente il movimento della folla sul set rispetto al teatro?

È differente perché sul palco, in quanto coreografa, disegno un movimento corale ben definito. Mentre sul set faccio parte di una folla che si muove in modo quotidiano. Lo trovo estremamente affascinante.

Chiara Alborino pensa di voler ripetere l’esperienza in futuro?

Sì, la ripeterei volentieri nonostante molte persone lo trovino un lavoro pesante. Certo è faticoso: si gira per giorni interi, a volte la sera fino a tardi. Però a me piace e, in effetti, anche a teatro abbiamo ritmi di lavoro simili. 

A teatro capita che bisogna stare tanto tempo fermi e poi avviene il momento magico. La stessa cosa è sul set: bisogna aspettare tanto però poi c’è tutta la parte del trucco e del parrucco che è molto bella da vivere, un po’ da sogno. Chi non vorrebbe vivere questi momenti?

Cosa intende per momento magico sul set?

Il momento magico sul set è segnato dal ciak: senti di entrare in un’altra dimensione. È come la dimensione teatrale, solo che si svolge davanti alle telecamere. Però la magia c’è sempre, quindi sì è un’esperienza che ripeterei volentieri. 

È tanto diverso muoversi davanti alla telecamera, ripetere la stessa scena più volte, rispetto allo spettacolo dal vivo?

Sì, è sicuramente diverso. E di solito questa diversità è criticata, ma io non disprezzerei una forma o l’altra. Il teatro e il cinema sono due modalità differenti, l’importante è capirlo.

Sul set il processo è più frammentato rispetto al teatro, dando l’impressione che dal vivo sia tutto più autentico e vero. Ma in realtà anche sul set, nel momento in cui si gira, bisogna essere davvero presenti, autentici. 

Il coach di movimento dell’Amica geniale

Passando, invece, all’Amica geniale: che ruolo ha svolto Chiara Alborino nella produzione?

Per L’amica geniale ho lavorato in qualità di coach del movimento, una figura davvero rara in Italia. E Saverio Costanzo si è dimostrato, anche su questo, un regista molto intelligente e attento al dettaglio. 

Nel nostro paese, infatti, è nata di recente la figura del coach per gli attori, che cura la loro preparazione dal punto di vista della recitazione. Ancor meno diffusa è, quindi, la figura del coach di movimento.

Dunque Saverio Costanzo e il suo team hanno effettuato una ricerca per trovare una figura competente, in grado di preparare gli attori alle scene di movimento danzato. Alla fine hanno selezionato me, tra una rosa di candidati, per la mia provenienza dal teatro. 

Il training che Chiara Alborino ha effettuato con gli attori è volto a migliorarne la recitazione oppure riguarda solo scene in cui si balla?

Nelle prime due stagioni dell’Amica geniale ci sono alcune scene in cui i personaggi danzano i balli tipici degli anni Sessanta come il twist. 

Si tratta di balli che tutti conoscono ma il regista ha ritenuto opportuno chiamare una figura che padroneggiasse il linguaggio specifico di quelle danze. E questo ha alzato molto la qualità della serie. 

Come si è relazionata con i balli anni Sessanta, così noti eppure così lontani?

Andando in giro per le librerie di Napoli, ho trovato delle riviste dell’epoca in cui ho letto che questi balli erano considerati scandalosi. Infatti, il twist era considerato un ballo di ribellione, per abbattere tabù.

Durante la realizzazione della seconda serie, per esempio, c’è una scena di una festa a casa della professoressa Galiani in cui si balla un lento. In quell’occasione ci siamo chiesti: quale era la distanza tra l’uomo e la donna in questi balli di coppia? 

In effetti, questi balli hanno segnato un passaggio epocale nella società, un passo verso la disinibizione. 

Naturalezza e cura dei dettagli

Come si è svolto il training?

Saverio Costanzo non voleva una coreografia formale, desiderava rendere le scene di ballo più naturali possibili. Quindi ho lavorato sulla naturalezza dei movimenti danzati, sia con i protagonisti che con le comparse. La produzione ha dedicato molto tempo a questo allenamento, cosa che non accade spesso nel cinema. 

Anche in questo il lavoro sul set mi è sembrato simile al teatro: Saverio Costanzo dedica molto tempo alla cura del dettaglio, del singolo gesto, proprio come facciamo a teatro.

Chiara Alborino, è stato più facile realizzare il laboratorio con gli attori o con le comparse?

Le comparse, ovviamente, hanno una provenienza mista e anche età differenti. Per allenarli, sono partita dalla loro relazione con la musica e dall’improvvisazione. Questo sempre per rendere il movimento più naturale possibile, senza imporre dei passi ma lasciandoli liberi di muoversi. Pian piano, poi, ho introdotto elementi specifici di quei balli.

È stato molto divertente, ho scoperto che le comparse amano danzare. Come nella scena del matrimonio di Lila: inizialmente dovevano ballare solo alcune coppie, ma l’entusiasmo era tanto che alla fine ballavano tutti.

E con gli attori, gli interpreti principali?

Con gli attori ho svolto un lavoro più simile a quello dei danzatori professionali. Gli interpreti principali ci tenevano molto, infatti, a muoversi bene e io li ho assecondati, correggendoli qualora accentuassero troppo i movimenti.

In Italia è raro trovare degli attori che siano formati anche nel movimento danzato. All’estero, invece, gli attori sono preparati su tutto: sulla danza, sul canto, sulla recitazione. Quindi con alcuni attori ho dovuto lavorare un po’ più sull’elasticità del movimento, ma avendo del tempo a disposizione l’abbiamo potuto fare.

L’importanza di una formazione interdisciplinare

Secondo Chiara Alborino: quanto è importante la formazione in danza per gli attori italiani?

È importantissima per la percezione del proprio corpo. Purtroppo, però, non tutti studiano danza.
Il problema, in Italia, è a monte: le scuole di danza, quelle di teatro e quelle di cinema sono separate e non dialogano tra loro. Se tutte queste discipline fossero insegnate nella stessa scuola sarebbe perfetto. Avremmo il performer ideale. 

Lo stesso discorso vale anche per i danzatori: studiare recitazione migliorerebbe di sicuro la loro danza e consentirebbe loro anche di cimentarsi in altre attività. Aprirebbe loro più strade. Non si tratta solo di essere versatili, ma di essere pronti ad affrontare nuove esperienze e lavorare seriamente. Questa secondo me è la strada da intraprendere se vogliamo alzare il livello della danza in Italia e offrire maggiori opportunità ai giovani. 

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