Con Brave Paola Bianchi firma il ritorno di Valentina Bravetti

FORLÌ – Con Brave Paola Bianchi firma il ritorno di Valentina Bravetti. Il nuovo spettacolo che firma Paola Bianchi è uno di quelli che ti fanno mettere in discussione gli schemi e le traiettorie di quell’arte che di comune accordo chiamiamo danza. Uno spettacolo che allarga confini e aggiunge significati e declinazioni.

La cornice di IPERCORPO

Brave ha debuttato lo scorso 29 giugno a Inequilibrio Festival e ora approda alla XIX edizione di IPERCORPO a Forlì, tutta dedicata al valore della presenza e del presente, una cornice che inquadra con puntualità i suoi propositi sovversivi.

Due i corpi in scena, la stessa Paola Bianchi e Valentina Bravetti. Sedute su una lingua di tappeto rosso che segue l’ispirazione della Deposizione di Rosso Fiorentino, capolavoro che sostenta anche parte del lavoro coreografico nella gestualità e nelle traiettorie spaziali, le danzatrici attendono mentre il pubblico si accomoda. Lo spazio che le accoglie, l’EXATR, l’Arena Forlivese, è un vecchio capannone industriale riadattato a teatro che conserva ancora pareti scrostate e soffitti altissimi. In sottofondo, l’apparecchiatura acustica ronza forte.

La ricerca sugli archivi di posture

“C’è un essere umano con il braccio destro disteso e il sinistro piegato”. Un bisbiglio che riesco a captare perché il caso ha voluto che mi sedessi a terra, a pochi centimetri dalle performer. Da qualche anno a questa parte la coreografa lavora sulla trasmissione di archivi di posture, sul riempimento delle forme con il significato singolare dato dai corpi nella loro unicità, sulla negazione di ogni gerarchia per raggiungere un alto grado di presenza. Brave è una costola di questa ricerca, quel sussurro ne è la traccia. Il lavoro parte infatti dall’incarnazione di alcune posture d’archivio e deraglia attraverso gli stati generati dal corpo di Valentina, danzatrice affetta dal 2014 da una sindrome neurologica paraneoplastica che ne limita e ostacola il movimento e le percezioni quotidiane. Peccato che poi questo gioco d’archivio si perda un po’ a favore di un mimetismo che contagia e uniforma i due corpi in scena.

Uno spettacolo che procede per stravolgimenti

Lo spettacolo procede per stravolgimenti. Numero uno: tutto si svolge sul piano orizzontale. Ovunque la danza è leggerezza, salti, elevazione, rapidità. Ovunque ma non qui. Qui la gravità ha un peso esorbitante, si sente tutta mentre i corpi si rivoltano e si trascinano sul pavimento. Le braccia sono tentacoli che avvinghiano e tirano. Le mani guidano e afferrano, non sempre con delicatezza. Anzi, lo sforzo è evidente. Un gomito piegato è un gancio perfetto per aggrapparsi e cambiare posizione. Primo fermo immagine: un abbraccio aggrovigliato, un essere dalla nuova anatomia.

Valentina continua da sola a rotolare, senza grazia, in modo difforme ma con un piacere così estremo che di alcune mancanze ci si dimentica. Si allunga e si piega, libera il movimento che sembra venirle dalle viscere e gli arti con esso. Li lancia, li tira e li stira, li sbatte e li struscia. Li scioglie, li emancipa dalle costrizioni quotidiane, li riscatta dalla sedia a rotelle e sprigiona una vitalità impulsiva, azzardata, quasi precipitosa.

Non c’è un ordine, se parte prima il braccio, quasi con stupore il resto del corpo si adegua, cerca la strada per seguirlo, indugia nel percorso, se lo gode perché inedito e imprevisto finché, scompostamente, trova una nuova sistemazione. Numero due: l’anatomia è riscritta.

Altro che fluidità, gli arti sbattono a terra spezzati. Quindi, numero tre: disarticolazione totale e incontrollata, istinti inconsulti che dettano da che parte andare. E posture improbabili. Tutto è riletto ala luce di un nuovo regolamento che ammette la diversità e la singolarità di ogni fibra muscolare.

Una conclusione sospesa

Improbabile anche la fine che bruscamente sospende un crescendo: due corde collegate al soffitto rendono evidente il legame di reciprocità tra le due danzatrici, ora davvero l’una la marionetta dell’altra. Con le mani appese a due maniglie, i corpi vorticano mentre il movimento dell’una condiziona inevitabilmente quello dell’altra, evidenza di un legame che è stato sotteso durante tutto lo spettacolo.

Lo sviluppo drammaturgico non lascia troppo soddisfatti, ma la presenza dei gesti e la potenza delle relazioni imprimono la loro traccia nell’animo di tutti.

Credits

BRAVE

concept, coreografia e scene Paola Bianchi

musica originale Davide Fabbri, Giacomo Calli e Luca Giovagnoli

titolo musica Brave

interpreti Valentina Bravetti e Paola Bianchi

luci Paolo Pollo Rodighiero

costumi Paola Bianchi realizzati da Liana Gervasi

collaborazione artistica Roberta Nicolai

foto di scena Gianluca Camporesi

produzione Città di Ebla / Festival Ipercorpo, coproduzione PinDoc, residenza artistica Santarcangelo dei Teatri, si ringrazia Societas, Teatro Comandini

con il contributo di MiC, Regione Siciliana, Regione Emilia Romagna, Comune di Forlì

durata 45 minuti

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Laureata in Letterature comparate e postcoloniali all'Università di Bologna, combina la passione per la lingua e l'interesse per la danza scrivendo e conducendo ricerche nell'ambito della scena performativa contemporanea. Parallelamente all'impegno accademico e a quello giornalistico, porta avanti collaborazioni come dramaturg della danza e percorsi di ricerca personali come performer. Si occupa inoltre di organizzazione e promozione culturale collaborando con enti del terzo settore che si muovono tra danza e comunità.