TORINO – Ancora la Fondazione Merz, nell’ambito del Festival delle Colline, ha aperto le porte alla danza e al teatro di ricerca. Mentre in Dimora del volto di Virglio Sieni il pubblico era costretto a scegliere cosa guardare e a cosa partecipare girovagando nella sala del museo, in All Around è invitato a sedersi in uno spazio sottostante. Ma non si tratta di comode poltrone di fronte ad un palco. Gli spettatori si ritrovano in circolo uno di fronte all’altro. Ad attenderli una batteria al centro.

La coreografa e danzatrice danese Mette Ingvartsen e il batterista australiano Will Guthrie hanno seguito l’una il lavoro dell’altro fino a dare vita ad una collaborazione a distanza. Con questo originale duetto si esibiscono per la prima volta insieme.

Luce, musica e materia diventano un tutt’uno

Due discipline apparentemente distanti si fondono in una nuova forma, che sembra riduttivo definire come concerto danzato. Il movimento è generato dalle percussioni; il movimento si fa percussioni.

C’è tuttavia un terzo protagonista in scena, la luce. Per tutta la durata della performance le mani della Ingvartsen mantengono un faro mobile, unica illuminazione presente. Ma anche qui chiamarla semplicemente illuminazione scenica pare riduttivo. Essa si fa attore, performer, danza e suono. A volte chiama in causa il musicista, altre volte il pubblico, altre volte ancora attira l’attenzione unicamente su di se.

Così luce, musica e materia diventano un tutt’uno.

Il ritmo che porta alla trance

Il batterista e la danzatrice dimostrano, ciascuno nella propria specializzazione, una tecnica eccezionale. I due dialogano senza parlare. Sembra che anni di formazione ed esperienza individuali fossero destinati a questo incontro e a questa collaborazione. La Ingvartsen si affida a Guthrie. Ricorrendo a un vocabolario minimale e ripetitivo, crea un complesso e preciso gioco di rotazioni e giravolte che non viene mai interrotto. Si da’ completamente allo strumento e al suono da esso generato. A volte le scappa un sorriso o una risata: è la felicità data dall’essere altro e trovarsi altrove. Il ritmo, infatti, la conduce a uno stato di intensità e coinvolgimento tali da poter parlare forse di trance. Con il pubblico «all around», tutto intorno a condividere e a nutrirsi di quella stessa potenza.

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