TORINO – Hikikomori è un termine giapponese che significa “stare in disparte”. Ed è in questo modo che la compagnia AlphaZTL intitola la sua performance: Vito Alfarano, regia e coreografia, prende spunto da chi decide di straniarsi dalla realtà circostante chiudendosi nella propria stanza e dedicandosi alle proprie ossessioni.

Ci troviamo nell’ambito del Torino Fringe, festival di teatro off e di arti performative arrivato alla nona edizione. Il plubbico viene fatto entrare nella piccola sala di S. Pietro in Vincoli Zona Teatro: la scena è buia e offuscata da fumo. Da subito si diffonde un’atmosfera di oppressione e inquietudine.

Luci, ombre e suoni: una performance sostenuta e trasmessa al meglio

Il tutto si sviluppa tramite l’utilizzo e la creazione di luci, ombre e suoni. Se inizialmente lo spettatore vede ben poco, i gesti sono quasi accennati e il ritmo lento, man mano la coreografia cresce in dinamicità raggiungendo un picco emotivo per poi sciogliersi in una sorta di lieto fine.

I corpi di Cassandra Bianco e Francesco Biasi si incastrano alla perfezione. Emanano complicità nonostante i loro sguardi non si incontrino mai. Ognuno concentrato su se stesso, sulle proprie manie, eppure in un continuo dialogo-scontro. Scambio tra due individui che condividono la loro solitudine oppure lotta contro se stessi o ancora contro la socialità e la società. Una performance fisicamente, e forse anche emotivamente, difficile sostenuta e trasmessa al meglio.

Una compagnia volta all’integrazione sociale

La AlphaZTL Compagnia d’Arte Dinamica, costituita a Brindisi nel 2015, opera a livello internazionale e si occupa di danza contemporanea, video arte/documentari, editoria e laboratori artistici nel sociale. La sua denominazione è esplicativa: Alpha = prefisso di origine greca che indica, rispetto al termine cui viene apposto, valore di negazione; Z.T.L. = zona a traffico limitata. L’intento primario della Compagnia è appunto quello di cercare di abbattere tutte quelle barriere che non permettono l’integrazione sociale dando voce a minoranze spesso oggetto di pregiudizi. L’obiettivo è innanzitutto fare conoscenza. Dove c’è conoscenza i pregiudizi svaniscono.

E così Hikikomori indaga una realtà diffusa e dalla maggior parte riconosciuta come esistente, ma forse quasi mai capita. Alfarano non giudica, non ci dice se quel modo di vivere sia giusto o sbagliato nè gli interessa farlo. Non guarda certi atteggiamenti con biasimo o tristezza. Li osserva e tenta di scoprirli e porta il pubblico ad approcciarsi allo stesso modo.

D’altronde quello stare in disparte, quell’emarginazione e quella solitudine consapevoli, quel rintanarsi nelle proprie manie rappresentano anche una zona che è propria di ciascuno di noi.

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