Jurgita Dronina

Ancora “Le Corsaire”, quello andato in scena al Teatro San Carlo tra tante critiche – alcune fuori luogo- e molta delusione per i protagonisti russi, non all’ altezza del loro ruolo. Ma il secondo cast si è rivelato tutta un’altra storia, e meno male perché  “Le Corsaire” aveva scatenato un’attesa febbrile (annunciati Ivan Vassiliev e Natalia Osipova poi sostituiti dalla coppia di primi ballerini del Bolscioi, molto deludente) per l’intero allestimento, per la prima volta sul palcoscenico del lirico napoletano.

Di Rolando Sarabia, cubano, pluripremiato in giro per il mondo, si sa già tutto o quasi. Tecnica strabiliante, grinta da vendere, giri da compasso e salti volanti, nel ruolo di Conrad ha scatenato un tifo da stadio, anche se in una sola serata ha perso la fascia che aveva in testa, ha saltato uno dei celeberrimi saut de basque nella sua variazione, e più di una volta ha appoggiato la mano per terra dopo il suo consueto exploit di virtuosismo in cui pare non fermarsi mai (ma le altre serate sono andate meglio). Insomma, ben venga lo sfoggio di tecnica ma quando va a danno della pulizia non convince mai fino in fondo. E si perché la danza è un’arte raffinata, non un’esercitazione ginnica in cui vince chi fa di più, bisogna tendere alla perfezione, alla purezza cristallina, alla misura. L’eccezionalità di un ballerino dovrebbe essere quella di unire l’abilità all’espressività del ruolo, alla caratterizzazione del personaggio. Poi, per carità, ognuno ha i propri gusti ma nella stessa serata, Rolando Sarabia ha avuto accanto a sé il nostro Alessandro Macario, primo ballerino ospite del Teatro San Carlo, a cui va un elogio sperticato per l’eleganza e la rifinitura di ogni piccolo particolare, senza mai esagerare, troppo o troppo poco, sempre giusto nell’esecuzione, e bravo, molto bravo. E questa volta si è notato moltissimo il contrasto tra chi va in scena con grande controllo, misurando ogni passo, e chi tira via, forte di un nome e di una fama che a volte, però, non salvano dagli scherzi del destino, sempre in agguato. Perché la danza, si sa, non è una scienza esatta e conviene non dare mai niente per scontato.

Al di là di ogni cosa, la protagonista assoluta della serata è stata lei: Jurgita Dronina, russa, diplomata in Lituania, specializzata alla Ballet Academy di Monaco, prima ballerina dell’Het Nationale Ballet e del Royal Swedish Ballet, che collabora con coreografi contemporanei, da Benjamin Millepied a Sidi Larbi Cherkaoui, Hans  van Manen e  Rudi van Dantzig, solo per citarne alcuni. Insomma, una che non si ferma, che spazia dai balletti di repertorio alla ricerca coreografica più disparata e che tra i numerosissimi riconoscimenti ha vinto il premio “Cigno”- il più prestigioso in Olanda- per il ruolo di Aurora ne La Bella Addormentata e a San Pietroburgo si è aggiudicata il primo premio come ‘danzatrice più espressiva’ in occasione dell’International Ballet Stars Gala “Dance Open”, come dire una sfida tra titani.

Delicata, musicalissima, strepitosa nella tecnica, semplicemente bella, interiore, la sua interpretazione di Medora ha lasciato a bocca aperta per la meraviglia di un’ esecuzione curata nel più piccolo dettaglio, dove in ogni passaggio emergeva una femminilità fascinosa ed affascinante, frutto di una grande personalità artistica che ha illuminato tutta la scena.

Jurgita Dronina, un nome da ricordare.

Elisabetta Testa

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