Venerdì 5 settembre pioveva a dirotto su Casertavecchia, in alcuni punti la strada per giungere in cima alla montagna, dove è situato il piccolo borgo, era interrotta per piccole frane, in altri non c’era illuminazione pubblica e in altri ancora la nebbia fitta consigliava di invertire la marcia e tornare a casa; eppure tanta gente , un po’ per tenacia un po’ perché il telefono del teatro era staccato, ha comunque deciso di arrivare a destinazione sincerandosi con i propri occhi dello svolgimento o meno dello spettacolo. Lo spettacolo si è fatto e le parole di una hostess sono state “Signori, Los Vivancos sono disposti ad andare in scena nonostante la pioggia, sta a voi decidere se rimanere o chiedere il rimborso”. E che altro avrebbero potuto fare Los Vivancos? Il palco era al coperto e a stare sotto la pioggia erano solo gli spettatori!

Le ragazze dell’accoglienza hanno allora provveduto ad asciugare una per una le sedia con rotoli di carta e per fortuna regnava una certa tolleranza per l’apertura degli ombrelli. Vento, pioggia e anche un po’ di problemi tecnici con le luci esposte all’intemperie, poche le sedie occupate, forse una cinquantina, ma per il resto, credo sia proprio il caso di dirlo Los Vivancos hanno dato fuoco al palcoscenico e in alcuni momenti, viste le reazioni delle ragazze presenti nel pubblico, sembrava di stare al Coyote Ugly.

7 ragazzi, 7 fratelli, 7 ballerini posseduti da Eros e con lo sguardo di Medusa seducevano a ritmo di flamenco e pietrificavano il pubblico con assoli di violini e percussioni. Il talento è indiscusso, la carica emotiva che li travolge durante l’esibizione pure, il lavoro che c’è dietro poi non lo si mette in dubbio, due sole obiezioni vorrei però muovere: il tema annunciato nel titolo e nella sinossi, e cioè la capacità dell’arte di donare eternità al finito,  non è stato a mio giudizio reso nelle coreografie che sembravano piuttosto trattare dell’eterna lotta tra bene e male; in secondo luogo le coreografie, se pure ricche e d’impatto, giungevano un po’ ripetitive e dilatate nei tempi a dismisura.

Belli i costumi, belle luci, scenografia scarna ma incisiva, presenza scenica e talento 10.

Manuela Barbato

 

 

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