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Vietato ballare è uno spettacolo nato da un paradosso ed un’utopia che trascina dietro di sé altre utopie, emblemi di concetti universali che sembra debbano ancora trovare il giusto riscontro nella realtà.

Perché mai esiste un divieto del genere, si chiede la regista Alessia Siniscalchi? Eppure nel condominio della sede del suo collettivo italo-francese a Torino esiste un cartello con tale enunciazione, proprio in un luogo dove si fa arte a 360 gradi.

Fantasticando su ciò, sei anni fa, ad Alessia nacque l’idea di uno spettacolo.

Chiedo ad Alessia maggiori dettagli e mi risponde: «Creando questo spettacolo ho riflettuto, così, sul ruolo della danza per l’essere umano, ed ho scoperto che è un’esigenza la quale, se vietata, è come se venisse vietato di amare e provare ad essere liberi».

 

La regista, napoletana d’origine che vive a Parigi, ha fondato nel 2007 il collettivo Kulturscio’k  che è nato in Italia ed attualmente ha sede anche in Francia e di cui fanno parte attori di cinema e teatro, danzatori, fotografi, musicisti al fine di creare dei lavori corali bilingui che abbracciano vari campi artistici.

Questo spettacolo è, quindi, un voler scuotere gli animi riguardo al lato onirico, favolistico, paradossale ed utopico della vita, dove finzione e realtà si confondono e gli interpreti vengono trasportati insieme al pubblico in una condizione di perdita di controllo e di riferimenti, spaesamento e rimandi personali, connessioni alle proprie intime ed inspiegabili esperienze.

Lo spettacolo è, dunque, un “melting pot” di danza, recitazione e canto. I performers hanno iniziato nel foyer del Teatro Galleria Toledo integrando ogni singolo spettatore in una dimensione onirica e festaiola. La musica era un richiamo al risveglio dei sensi e delle relazioni sociali, che ogni performers interpretava in base alle proprie reazioni personali. Spaesamento e ricerca di identità dominavano i personaggi che andavano via via chiarificandosi.

Lo sfarzo e la cura nella scelta dei costumi ha arricchito ancora di più uno spettacolo che si prospetta giù molto denso e ricco.

Guidato poi il pubblico verso l’interno della sala, la platea ha iniziato a riempirsi, attendendo i personaggi disposti sul palcoscenico.

Ecco una donna essere imputata da una voce registrata (Vincenzo Siniscalchi, padre della regista magistrato e politico) di aver commesso un reato, ovvero il furto di un quadro di un bel principe.

La donna non riesce a capire perché la corte giudiziaria si rivolga proprio a lei: è confusa, non riconosce più l’amore dalla giustizia e non riesce ad affermare la propria dignità femminile.

La presenza del principe e dell’avvocato sono una moderna rivisitazione della fiaba Cenerentola che è le fil rouge  della messa in scena.

I momenti di maggiore tensione vengono sempre smorzati da una danza di gruppo che va avanti fino all’isterismo come se si assistesse alle feste dei Baccanali: la richiesta di giustizia e di amore si fa sempre più forte, ma una parola non detta fa sempre interrompere le scene che riguardano i sentimenti profondi.

La regista ha scelto, quindi, di rispondere al paradosso del divieto di ballare come risposta alle difficoltà della vita: la danza diventa, quindi, il tempo del non pensiero ma della riflessione attraverso il corpo.

I vari personaggi si alternano, ma sei sono i protagonisti. Le danze sono molto estrose ed è interessante vedere performers che sanno danzare, recitare e cantare, che sono, insomma, delle figure complete.

Spesso, infatti, anche il canto interviene a smorzare le parti di maggiore salita emotiva.

Il fiabesco e la continua danza calano lo spettacolo in una situazione di forte denuncia, sancita dalla scelta del caso inquisitorio: la pena da scontare.

Si danza, allora, affinché la donna si liberi dalle pesanti accuse che le riversa la società, riscopra il proprio sentimento amoroso nei confronti dell’uomo in maniera libera e gioiosa, si faccia portavoce dei legami umani.

Ma non è una critica amara e polemica, solo la ricerca di un’armonia spesso perduta rispetto al mondo delle favole.

Il confine tra finzione e realtà è proprio il terreno su cui si fonda il lavoro della regista e su cui lei ha cercato, attraverso questa creazione, di sciogliere il paradosso del divieto, quasi come fosse il divieto alla libertà.

Come è possibile che questo possa incombere nella realtà? Ecco che la fiaba diventa un canale di espiazione, ovvero di catarsi.

La scena finale, allora, in cui i due protagonisti, completamente nudi, riescono ad unire i loro corpi, è enfatizzata da atti di erotismo tra donne in cui vi è un forte omaggio al sesso femminile ed in cui la tensione inizia a sciogliersi e quella danza quasi isterica diventa la danza intima dei corpi innamorati.

L’originalità, infine, sta proprio, a mio avviso, nel aver scelto come filo conduttore la fiaba (quella di Cenerentola), riattualizzandola alle problematiche del mondo contemporaneo, dove anche i personaggi favolistici si confrontano con la realtà concreta ed appaiono inadeguati, troppo onirici, esseri indistinti, ma allo stesso tempo elementi fondanti per una trasformazione universale, dove giustizia, libertà, amore e femminilità dovrebbero risolversi in armonia cosmica.

Simona Perrella

 

 

 

 

Napoli Teatro Festival Italia

 

 

 

Vietato ballare/Interdit de danser

 

CREAZIONE CORALE KULTURSCIO’K

SCRITTURA ORIGINALE E REGIA ALESSIA SINISCALCHI

IDEAZIONI COREOGRAFICHE IVANA MESSINA

CON CHANDRA AYMERICH PAPPALARDO, RONAN BEAUPÉRIN, VIRGINIE CHASE, EVITA CIRI, DANIELA DE STASIO, ANDREA LANCIOTTI, IRENE MAIORINO, IVANA MESSINA, FRANCESCA RISOLI, JEAN BAPTISTE SAUNIER, MATTEO PROSPERI, MARIA LUISA USAI

E CON LA VOCE DI VINCENZO SINISCALCHI

MUSICHE FRANCESCO PORCELLANA, STEFANO PIRO, FRANCESCA RISOLI

LUCI ENTRACTE

SCENE JACOPO VALSANIA

COSTUMI MARINA NEKHAEVA, NINA LIZ

COPRODUZIONE FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL – NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA, KULTURSCIO’K ITALIA/FRANC

Prima assoluta

Paese Italia, Francia

Lingua Italiano, Francese

Durata 1h 15m

 

Napoli, Galleria Toledo, 20 giugno 2014

In scena 20 e 21 giugno 2014

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