Francesco Nappa
Francesco Nappa

L’inventiva, la creatività, la ricerca continua di nuove possibilità di esprimersi, di comunicare emozioni, sono la spinta propulsiva dell’arte, sprigionano fascino e regalano sensazioni rigeneranti.

Quando tutto questo viene sublimato da grande competenza e qualità di lavoro, con un profondo senso dello spettacolo e della macchina scenica, il risultato non può che essere eccellente. Come nel caso di “Eduardo, artefice magico”, che ha debuttato ieri sera al Teatro San Ferdinando in una nuova produzione del Teatro San Carlo, in collaborazione con il Teatro Stabile di Napoli. Avvicinarsi ad Eduardo, mostro sacro del teatro – e non solo – non era impresa facile tanto più nell’anno della celebrazione dei trent’anni dalla sua scomparsa, nel 1984, in una città come Napoli che ogni giorno utilizza i suoi concetti filosofici, le sue frasi scolpite nell’immaginario collettivo, le battute delle sue commedie famose nel mondo. Che non lo ha dimenticato. Come raccontare allora, in un linguaggio contemporaneo, la vita di Eduardo, percorrendone le tappe più importanti e tracciandone un profilo degno del suo ricordo? La risposta di Francesco Nappa, napoletano ma partito a sedici anni alla conquista del mondo con un bagaglio tecnico già fuori dal comune, è stata assolutamente indovinata: tredici quadri  ripercorrono gli aspetti salienti dell’ immenso percorso artistico di Eduardo, sottolineandone i momenti più incisivi. Una bella prova per un giovane artista che ha curato contemporaneamente il progetto, la coreografia, le scene e i costumi dello spettacolo e che, quando Eduardo è morto, aveva solo dieci anni ma, grazie ai suoi genitori, coltivava già il mito dell’indimenticabile maestro.

Ad apertura di sipario, davanti ad un pubblico in febbrile attesa, un gran numero di corde che occupano tutto lo spazio scenico, creano un movimento continuo.

Si legano, si sciolgono, si intersecano, si incontrano di nuovo, si allontanano, si riavvicinano, sono tenute per mano da due uomini che poi indosseranno la maschera di Pulcinella (tante volte rappresentato da Eduardo ed emblema di Napoli). Fili di marionette, certo, ma anche fili del destino, corde che forse rappresentano l’intreccio dei ricordi, che andando e venendo, da vicino o da lontano, sono il filo conduttore della nostra vita, legano il passato al presente. E non è poco.

Via via che lo spettacolo prende corpo, la danza, in un linguaggio totalmente contemporaneo dal movimento sempre fluido, libero, ben costruito- perfettamente aderente alla musica, piena di ritmo, incalzante, coinvolgente, densa di atmosfera, che spazia da autori vari (Clint Mansell, Peter Broderick, Guerino et son Orchestre Musette, Piero Piccioni, A Broken Consort, Max Richter)- prende il sopravvento esaltata dalla bellezza delle immagini disegnate con sapiente ingegno e pura poesia da Gilles  Papain, francese, uno dei migliori video maker del mondo. A rappresentare le poesie di Eduardo una massa fluttuante e suggestiva di lettere dell’alfabeto, che viaggia dal fondale alle quinte laterali creando una scenografia mobile, continua e costante, mentre dieci ballerine compongono una sequenza senza soluzione di continuità. Assolutamente geniali la trovata del caffè, celebre monologo del balcone in Questi fantasmi, in cui un collare bianco a forma di tazzina è intorno al collo dei danzatori che, muovendosi, formano la bevanda tanto amata; e la scena del presepe, totalmente surreale, con tanto di Giuseppe, Maria, bue e asinello e naturalmente i tre re Magi, uniti dallo stesso abito rigorosamente dorato. Struggente e pieno di passione il passo a due tra Filumena Marturano, particolarmente intensa Roberta de Intinis – prima ballerina del Teatro San Carlo che ha sfoggiato tutta la sua esperienza accumulata in una lunga carriera- in coppia con Ertu Gjoni/Domenico Soriano, giovane danzatore della compagnia e promessa su cui puntare, per la forza tecnica e la presenza scenica incisiva. Accattivante la presenza di Alan Wurzburger, anche lui napoletano ‘scoperto’ da Francesco Nappa, guance scavate e profonda sensibilità di interprete, che ha cantato dal vivo, seduto a proscenio in un gioco di luci e ombre, L’Ammore che d’è (Senza amore, non c’è amore…) e A notte. Di forte impatto la scena di gruppo con le immagini di Napoli che scorrono intorno ai danzatori, prima che la voce di Eduardo- di per sé un momento di pura commozione nel teatro di una vita passata tra trionfi e silenzi , con le sue lunghe pause che ne hanno fatto un’icona irraggiungibile- concludesse con la domanda di rito: di che ti preoccupi?. è cos’ ‘e niente.

Tutta la compagnia del Teatro San Carlo, diretta da Alessandra Panzavolta, ha lavorato con il consueto impegno e professionalità, una compagnia giovane, bella , formata da ottimi elementi, e piena di speranze per un futuro migliore dove la danza possa essere sempre più protagonista.

Ha talento da vendere Francesco Nappa, che continua a portare Napoli nel cuore, in giro per il mondo.

Elisabetta Testa

mare copie

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