Steve Paxton

Steve Paxton – Leone d’oro alla carriera alla Biennale Danza 2014

Quando nei primi anni ’80, per l’esattezza  nel 1982, Steve Paxton arrivò per la prima volta in Italia al Teatro Circo Spaziozero di Roma per la rassegna ” New York – Nuova Danza – New Dance ”   la post modern dance arrivò in Italia con lui. E con Simone Forti, Lisa Nelson, Meg Eginton, Pooh Kaye, Dana Reitz e tanti altri. Li vedemmo protagonisti di performance, installazioni, laboratori, incontri che coinvolsero anche altre città italiane come Napoli e che iniziarono ad ampliare il concetto di corpo e di danza avuto fino a quel momento. Chi ha vissuto  quel periodo della danza in Italia , non solo non può aver dimenticato, ma porta dentro di sé i “segni” di quella ricerca evoluta, vivace e profonda al tempo stesso. Vera. Sembrava anche a noi di essere alla  Judson Church protagonisti della Grand Union.

1980dancers PAXTONIl corpo fluido di un pensiero fluido

Il modo nuovo di concepire  il corpo ed il movimento che Paxton ci proponeva, era un mondo sconosciuto ai più in cui facevamo i primi passi guidati da un grande Maestro, che si poneva piuttosto come un compagno di viaggio, dinoccolato, con gli occhi sorridenti, calmo e pacato, con una fluidità ed energia ancora sconosciute . Ci parlava per ore alla ricerca delle ossa che muovono il corpo, del respiro che anima i muscoli, dell’energia positiva che fa comunicare i corpi. La sua ricerca , iniziata circa dieci anni prima, lo porta alla formulazione del ” contact improvisation ” un sistema di movimento, non una tecnica, uno stile o un codice, che attraverso lo scambio di peso tra due corpi è capace di motion ed emotion al tempo stesso. E poi l‘ improvvisazione come la possibilità e la capacità di vivere la danza in ogni momento. Irripetibile ed unica. Ora. 

 

PhotoCJordi-Bover_ STEVE PAXTONLa  “Nuova Danza ”

Come dimenticarlo in scena, ironico, con un pantalone e maglietta trasandati, calzini ed espadrillas ,un cappello a scodella in testa, occhiali da sole tondi e neri, barba ed una tracolla rettangolare con su scritto “Bonita Bananas” sulle note di “Funiculì funicolà”. La danza diventa quotidiana, democratica, ed è in ogni luogo. Tutti possono danzare, ed ogni movimento può essere danza. Siamo liberi. Di pensare, di creare, di rompere gli schemi, di destrutturare e strutturare di nuovo. Di sentirci attivi nel processo creativo che conduce l’arte alla sua definizione. Siamo coreografi, fotografi, videomekers, performer, attori, artisti visivi nello stesso tempo, e niente sembra impossibile. La post modern dance diventa la Nuova Danza italiana, o “all’italiana” come dice Silvana Natoli, in cui sovrapposizione e dispersione producono una dinamica instabile, su cui valeva la pena scommettere.

Motivazioni.

Non sorprende che il Leone d’ oro alla carriera a Steve Paxton arrivi sotto la direzione di Virgilio Sieni. Anzi. E’ il tributo a chi “ha contribuito in modo decisivo a mutare la scena della danza contemporanea”. Anche in Italia, così come ha fatto, con una influenza diretta  Carlyn Carlson – Leone d’oro alla carriera nel 2006.

Steve Paxton


Il Leone d’oro alla carriera è stato attribuito a Steve Paxton per aver aperto il luogo della danza allo studio capillare del movimento come fonte continua di origini proiettando la ricerca sulla gravità al sistema delle articolazioni e intuendo prima di tutti, una danza tra ascolto e trasfigurazione delle tecniche. Emerge una percezione dell’essere umano che eleva la danza a valore fondante della cultura e dei sistemi di relazione.
La continua frequentazione del gesto, ci ha indicato come l’uomo possa ampliare la sua visione sul mondo congiungendo la memoria alla consapevolezza di appartenere ad un corpo e aprendo “silenziosamente” strade innovative ad una ricerca sconfinata in tutte le arti.
Steve Paxton (Phoenix – Arizona, 1939)
Da Phoenix, dove è nato nel 1939, Paxton si trasferisce a New York nel 1958. Dopo gli studi al Connecticut College, danza nella Merce Cunningham Company dal 1961 al 1964 e ha un ruolo di primo piano nei mutamenti profondi che in quegli anni subisce la danza moderna. Nel 1962 è fra i fondatori del Judson Dance Theater, centro di irradiazione delpost modern americano; nel 1970 fonda il gruppo di ricerca Grand Union. Yvonne Rainer, compagna di viaggio al Judson come nel Grand Union, ama dire scherzando che lei ha inventato la corsa e Paxton la camminata, e davvero molti dei primi lavori di Paxton – da Proxy del 1961, Transit del 1962, English del 1963 a Satisfyin’ Lover del 1967 – resero fondamentale l’atto di camminare. Fra i suoi lavori più significativi si ricorda: Goldberg Variations e Part, su musiche e interventi vocali di Robert AshleyUnadelle sue ultime apparizioni in Europa è stata in duetto con Trisha Brown a Vienna nel 1996 e in coppia con Lisa Nelson per Excavations continued. Paxton è inoltre famoso come il fondatore di una tecnica di movimento conosciuta come contact improvisation. Ha ricevuto due volte il New York Bessie Award, ed è stato vincitore di borse di studio di importanti istituzioni – Change, Inc., Foundation for Performance Arts, John D. Rockefeller Fund, Guggenheim Fellowship. E’ fra gli editorialisti della rivista di studi “Contact Quarterly Dance Journal”. All’attività coreografica e di ricerca affianca lezioni universitarie e insegnamento che svolge prevalentemente negli Stati Uniti e in Europa.
In passato il riconoscimento alla carriera per la Danza era stato attribuito a Merce Cunningham (1995), Carolyn Carlson (2006), Pina Bausch (2007), Jirí Kylián (2008), William Forsythe (2010) e Sylvie Guillem (2012).

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