Spetta alla danza il terzo dei quattro spettacoli in locandina proposti dalla prima edizione del San Carlo Opera Festival per le sere d’estate 2014, iniziativa non giocata in esterna ma, grazie al recente impianto di climatizzazione, direttamente varata sul palcoscenico del Lirico di Napoli. Dopo le ombre e le luci sul doppio appuntamento con la lirica firmata dalla regia con lancio sparso di petali e fiori “à la Bausch” di Pippo Delbono – tornato al Lirico napoletano per la già vista Cavalleria rusticana di Mascagni di cui stavolta si sono salvati giusto il bravo Jordi Bernàcer sul podio e il tenore di tempra nobilissima Rafael Davila, quindi un Delbono regista-attore fischiato per le sue inopportune intrusioni nella nuova Madama Butterfly di cui invece va premiata la pulizia dell’immagine, la musicalissima direzione di Nicola Luisotti e le voci veramente belle di Raffaella Angeletti (nel ruolo del titolo) e di Anna Pennisi (Suzuki) – si riprende a cinque anni dall’esordio partenopeo all’Arena Flegrea il balletto Zorba il greco di Lorca Massine, nei giorni 18, 27 luglio e primo agosto (ore 21) con le scene di Nicola Rubertelli e i costumi di Giusi Giustino. Nel luglio del 2009 lo danzarono, nei ruoli di punta, Hany Hassan, étoile ospite dell’Opera del Cairo, Giuseppe Picone, Alessandro Macario, Giovanna Spalice e Roberta de Intinis. Stavolta, nello spettacolo rimontato con tagli e ritocchi dallo stesso Massine, al cui fianco ha lavorato anche Irina Kolioumpakina Akrioti in qualità di maître de ballet, ci sono il cileno Rodrigo Guzmàn (Zorba) e il napoletano Alessandro Macario (John), più la Compagnia di Balletto attualmente senza vertice ma radicalmente rinnovata, l’Orchestra e il Coro del San Carlo diretti da Mikhail Agrest, bacchetta già impiegata lo scorso settembre per il Lago dei cigni.

Zorba il greco al Teatro San Carlo (foto di Luciano Romano)
Zorba il greco al Teatro San Carlo (foto di Luciano Romano)

Ferme restano, invece, l’essenza e la storia del fortunato lavoro coreutico nato nel 1988 traendo ispirazione dalla medesima storia scritta dal nietzschiano Nikos Kazantzakis e da cui già era nato, nel 1964, il celebre film di Michel Cacoyannis con Anthony Quinn e Irene Papas, musiche di Mikis Theodorakis e sirtaki in prima linea  che, nel balletto di Massine, diventano cardine della stessa creazione.

Lorca Massine al Teatro San Carlo (foto di Luciano Romano)
Lorca Massine al Teatro San Carlo (foto di Luciano Romano)

«Nella danza di Zorba – spiega infatti nell’occasione Lorca Massine – sono come sintetizzate le diverse angolazioni del libro di Kazantzakis: radici culturali arcaiche e identità folclorica, tradizione e innovazione, slancio verso la libertà, energia pura. Una danza – prosegue il coreografo figlio del mitico Lèonide – fisica e potente, che assegna al protagonista del titolo il ruolo di messaggero, filtro di Diòniso». Il fortunato lavoro del coreografo newyorkese, è noto, narra sullo sfondo di una Grecia senza tempo la vicenda di Zorba, uomo libero, portatore di una saggezza antica, e di John, l’americano che, giunto in Grecia, cerca di comprenderne il modo di vivere e di pensare. I due si legano da profonda amicizia. Amicizia in cui Zorba è, per John, come un maestro da cui apprendere il significato liberatorio della danza e la spensieratezza di una vita libera da costrizioni. Affronteranno situazioni complicate e dolorose, ma le risolveranno con forza, attraverso l’energia di una danza che è climax ed armonia corale.

Al centro, dunque, una sfida dionisiaca che non è troppo distante dalla stessa poetica d’arte di Lorca Massine: «Come mio padre, uomo difficile – racconta – non ho mai amato i riferimenti assoluti, ma l’apertura verso ogni forma d’arte e i tanti interessi come la lettura e il mondo che cambia, magari anche per tornare al caos. Lui è stato un neoclassico, attratto dall’azione più che dalla dottrina o dal concetto. Io ne ho appreso la flessibilità, senz’altro anche la disciplina, in lui rigorosissima. Da qui l’idea – prosegue il coreografo sposato quattro volte, con quattro figli e vari nipoti – di un teatro luogo della speranza, pronto sempre a voltar pagina e in grado di far sognare. In fondo la danza, così come ci raccontano Diòniso e Zorba, non è che movimento, volontà di potenza: vale a dire, energia della vita».

Paola De Simone

 

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