La danza spesso è stata avvicinata alla follia: Giselle muore impazzendo d’amore e danza fino alla fine, ma già nella mitologia le menadi danzanti sono il simbolo dell’esasperazione parossistica delle danze orgiastiche in onore di Dioniso. Tra ordine e regola ferrea di tipo apollineo e abbandono e trans di tipo dionisiaco, si dibatte da secoli il divenire della danza, sia classica che contemporanea. L’immagine del se’ che il danzatore ha nei modelli estetici del balletto classico e’ stata frammentata e scomposta dalla danza moderna e contemporanea, ma rappresenta comunque l’ossessione di cui è vittima il danzatore nell’allenamento quotidiano. Il fotografo Luigi Bilancio parte da questa quotidianità, dalla fatica fisica e morale, dal sacrificio, necessario perchè si formi e si esprima un danzatore, per presentare il suo lavoro racchiuso nel progetto Outre la Danse che verrà presentato sabato 28 marzo alle 10,30 nell’ex ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi.
Gli abbiamo chiesto come è nata l’idea del progetto fotografico
Seguo da anni la danza molto da vicino in quanto mia moglie, Gigia Esposito, è stata danzatrice ed ora insegnante e coreografa. In genere si fotografa la danza sul palcoscenico, raramente si riesce a trasmettere invece il sacrificio e la passione che richiede la disciplina del danzatore per arrivare ad esprimersi. Nelle foto estremizzo questo concetto arrivando a mostrare il punto di non ritorno, l’abbandono. Abbandono come quello presente nell’ ex istituto Bianchi, con le sue stanze fatiscenti, nude così come lo erano le persone che vi erano rinchiuse. Il mio è un invito a non abbandonare a loro stessi i danzatori, non bastano gli applausi dopo lo spettacolo bisognerebbe capire quanto dolore e sacrificio esso sottende. I sorrisi dei ballerini in scena nascondono la sofferenza e la stanchezza del fisico.
Il danzatore spesso si sente isolato, un po’ emarginato dalla società ma anche dalla cultura ufficiale e conformista e le parole della performer, la danzatrice Rosaria Iovine, protagonista delle foto, chiariscono i sentimenti provati nel danzare negli spazi dell’istituto Bianchi
“Sono in quello che un tempo fu un manicomio, ovvero un ospedale psichiatrico. Luogo adibito alla cura, al alla salvaguardia, alla custodia degli infermi e della societá , piu’ della societa’ che degli infermi…. Appeso a una ringhiera rugginosa, gambe incrociate sospese nel vuoto, il corpo immobile bestemmia il dolore di chi ha vissuto a lungo in quel posto, defraudato della propria vita, della propria storia per incarnare sintomi, pericolosita’, malattia e per avvalorare cure e modelli di salute…”
La mostra, accessibile per una settimana , verrà aperta sabato alle 10,30 e alla presenza dell’assessore alla Cultura del Comune di Napoli, Nino Daniele, del dott. Ernesto Esposito, direttore dell’Asl Na1centro, della dott. Anna Sicolo, dirigente del Polo Archivistico sanitario, e delle insegnanti e coreografe Mara Fusco e Susanna Sastro.
Roberta Albano