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All’interno della Biennale danza 2014 di Venezia, storia, ricerca, performance e città sono le parole chiave. Il direttore artistico Virgilio Sieni, infatti, ha pensato, insieme alle performances che si svolgeranno in vari luoghi della città con giovani danzatori selezionati per il College Danza, di organizzare delle mostre che mettessero in relazione il corpo e la città.

Si inaugura martedì 3 giugno a Ca’Giustinian la mostra L’idea del corpo. Merce Cunningham, Steve Paxton, Julian Beck, Meredith Monk e Simone Forti dall’Archivio della Biennale ‘60/’76 (ingresso libero dalle 9 alle 21). I documenti in mostra (fotografie, video, manifesti) sono nati dall’individuazione di momenti della storia della danza significativi, molti dei quali precursori e fonte di ispirazione per le generazioni a venire. La mostra si ispira quindi ai lavori realizzati dai grandi della danza contemporanea nella città di Venezia, dove l’idea del corpo è l’individuazione e lo studio del corpo come un luogo fisico che si rapporta ad altri luoghi. Questo concetto sta molto a cuore al direttore della Biennale tanto che la scorsa edizione 2013 aveva come titolo “Abitare il corpo”. Dunque, l’appartenenza, l’origine ed il sentire fanno il corpo.

“Le differenti esperienze del corpo documentate nella mostra – ha dichiarato il Direttore del Settore Danza, Virgilio Sieni – sono metafore di altrettante aperture della città al corpo. Il materiale visivo ritrovato nell’Archivio della Biennale documenta esperienze fondamentali avvenute fuori dai teatri, e che portano l’attenzione di performer e spettatori sull’urbanistica e sulla geografia dei luoghi della città. Questi artisti non solo hanno scelto uno spazio alternativo a quelli abituali, ma soprattutto hanno fatto della natura del luogo l’asse portante della loro drammaturgia, in un percorso che è ben documentato nelle foto scelte e nei video selezionati. A partire soprattutto dal memorabile Event in Piazza San Marco che la compagnia di Merce Cunningham realizzò il 14 settembre 1972, ospite nei programmi di Biennale Musica, fra lo stupore degli astanti e la quasi generale incomprensione della critica. I materiali esposti documentano artisti la cui ricerca negli anni si è svolta a 360 gradi, chiedendo al pubblico un’attenzione e una lettura della propria arte inedita fino ad allora. Merce Cunningham introduce a una apertura del codice in cui la struttura, ossia la cornice, diventa come una esplosione di tanti elementi minimi, come fossero molecole libere: una costruzione coreografica che si basa sulla liberazione dalla struttura pur rimanendo dentro la struttura. Steve Paxton propone invece un lavoro rivolto all’interno del cosmo dell’uomo per riuscire a far ‘cadere’ una figura, in un continuo smarginamento dei sensi e del sentire. Simone Forti, nel video presente in mostra, incarna l’idea di una nomade che persegue un’idea di corpo anche nella sua immediata fisicità, e dunque anche l’idea che il pensiero possa apparire anche attraverso la carne. Così anche la forza politica e profetica dei corpi di Julian Beck e del Living Theatre, o la vocalità rituale di Meredith Monk, riportano alla nostra attenzione un nuovo concetto di spettacolo, che in quegli anni ha approfondito l’idea di happening e di performance, fino a una dura maturità del corpo che si è trasformata in un modo di vita”.

Quest’anno La Biennale di Venezia si perfezione sempre di più con storia della danza e danza nei luoghi: ricordare i grandi della danza contemporanea che hanno permesso, poi, il presente ed il futuro, fa in modo che la danza in Italia si costituisca attraverso una sua identità. L’utilizzo dell’Archivio storico e della memoria deve essere valorizzato come il rapporto danza-luogo.

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