Ultimo appuntamento con la rassegna Il Teatro Che Danza che – dopo aver portato sul palcoscenico del Teatro India nomi d’eccellenza della coreografia italiana, da Adriana Borriello al duo Abbondanza/Bertoni, da Enzo Cosimi a Julie Ann Anzilotti, fino alla giovane compagnia Fattoria Vittadini e Zaches Teatro – chiude la vetrina dedicata alla danza contemporanea con la nuova creazione di Virgilio Sieni, Le Sacre,in scena dall’8 al 10 gennaio al Teatro Argentina.Nella sua nuova opera Virgilio Sieni sceglie di affrontare il capolavoro di Igor Stravinskij e l’universo del rito con l’intento di iniziare un cammino nella frammentazione e nella composizione del corpo coreografico. Una coreografia primitiva per undici danzatori che vuole essere uno scavo archeologico del corpo; una coreografia che chiede agli interpreti di originare i movimenti dalle stratificazioni ritmiche della musica di Stravinskij affinché lo sguardo di chi osserva si abbandoni alla foresta dei gesti.

Danzare la Sagra diventa un’opportunità per rovesciare alcuni modelli colonialisti della coreografia occidentale, dove il rito appare esclusivamente come forma barbara. Qui la coreografia guarda al primitivo come forma leale di “scavo verso un’archeologia di ossa, allineamenti sottili, corrispondenze neurali, muscolari, tendinee, molecolari, fatti che ci danno al mondo”, così la danza diventa un avamposto sul territorio delle abitudini e il gesto accenna all’ignoto che scorre ai bordi della vita. Gli undici interpreti danno vita a una foresta di gesti legate ai molteplici livelli ritmici che scandiscono la partitura musicale. In questo luogo costruito da centinaia di traiettorie, “il sacrificio riunisce intorno a se una comunità di danzatori chiamata a creare il luogo del rito – annota Virgilio Sieni – depositando le fitte trame di danze soprammesse, cercando di superarsi nel cogliere, tra intuito e struttura, l’elemento della durata”.

A precedere La Sagra sarà un Preludio su musica originale per contrabbasso dell’autore Daniele Roccato. Preparazione al rito vero e proprio in cui un sestetto femminile cerca nelle pieghe del loro corpo l’essenza della natura. Sei donne in fila perpendicolare al proscenio che, come maceria e origine, muovono le braccia, si chinano, si spostano di pochi passi. Con questi segmenti di movimenti accumulati, ripetuti, ampliati danno vita lentamente a una partitura visiva di grande fascino e potenza.

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